Tra tradizione e contemporaneità le coloratissime spose nigeriane dei ritratti di Lakin Ogunbanwo

All photographs by Lakin Ogunbanwo. Courtesy of Niki Cryan Gallery

All photographs by Lakin Ogunbanwo. Courtesy of Niki Cryan Gallery

Sospesa tra tradizione e contemporaneità, documentazione e artificio, Africa e Occidente, la serie “e wá wo mi “ del giovane fotografo Lakin Ogunbanwo, racconta, a suo modo, la complessità della società nigeriana di oggi. Lo fa ritraendo spose agghindate con strutturata cura per il giorno delle nozze. Coloratissime spose.

I ritratti di giovani donne velate di Lakin Ogunbanwo, sono apertamente ispirati alla pittura rinascimentale e vedono convivere elementi tradizionalmente legati alle nozze delle tribù Yoruba, Igbo e Hausa-Fulani (un velo rigido chiamato gele, decorazioni sulla pelle in hennè, bracciali in avorio, collane di corallo ecc.), con perline e tessuti sintetici di foggia occidentale. In questo modo, l’artista prende atto dell’identità resa ibrida dalle migrazioni e dalla globalizzazione del popolo nigeriano, ma elogia anche la capacità delle persone di reinterpretare il passato. D’altra parte i colori vivi, festosi, contrastanti, tanto da essere quasi psichedelici, degli abiti comunicano ottimismo e sono fatti per essere ammirati. Tanto più che le spose di Ogunbanwo sono ritratte in studio su uno sfondo di drappi colorati a loro volta.

Il velo (che aggiunge mistero ma smorza la personalità e la carica individuale) insieme alla pesante complessità dell’abbigliamento, vuole contribuire a indagare il concetto di femminilità in Nigeria, ma anche sottolineare il peso a cui le donne vengono sottoposte dal giorno delle nozze in avanti.

"(...) Non credo che le donne africane contemporanee siano adeguatamente rappresentate- ha detto il fotografo in un'intervista a Vogue- L'Africa è un continente enorme, con così tante culture diverse e modi di essere una donna - già ci sono così tanti modi di essere donne nigeriane come ho cercato di mostrate in questa serie."

Nato a Lagos nell’87, Lakin Ogunbanwo, si è laureato in legge (prima in Nigeria poi in Inghilterra). Si dedica alla fotografia dal 2012. La notorietà gliel' ha portata la serie “Are we good enough” in cui mostrava i copricapi indossati dagli uomini delle innumerevoli tribù in cui è divisa la Nigeria.

e wá wo mi “ sarà in mostra dal 14 ottobre al 3 novembre 2019 alla Niki Cryan Gallery di Lagos. Lakin Ogunbanwo condivide spesso le sue spettacolari immagini sul suo account instagram. (via Colossal)

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Chiharu Shiota appende numeri a una nuvola di fili intrecciati sopra piccoli banchi di scuola. Al Museo della Slesia di Katowice

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“Counting Memories” è la nuova installazione realizzata da Chiharu Shiota al Museo della Slesia di Katowice in Polonia (Muzeum Śląskie). Un’opera interattiva in modo vintage. Dove dei fogli di carta e un questionario attendono le memorie legate ai numeri dei visitatori.

Chiharu Shiota ha utilizzato, come fa spesso, degli oggetti dall’aria archetipica (un po’ vecchio stampo, per intenderci) che fanno da base per l’installazione e da incipit della narrazione. In questo caso si tratta di banchi scolatici (ma in passato ha usato sedie, strumenti musicali, barche ecc.) per la consequenzialità del concetto di numero a quello di aritmetica e quindi a quello di istruzione primaria e di infanzia. Insomma. i banchi sono dei simboli da cui il pensiero si dipana come il filo intrecciato a mano dall’artista in intricate ragnatele individuali ( partono da ogni banco) ma che via via si fondono in una fitta trama collettiva. I numeri sono sorretti dall’intreccio dei fili e sembrano galleggiare.

“Counting Memories” è pittura tridimensionale come tutte le opere della Shiota . Poetica e volta a cercare di travalicare le divisioni tra le persone, l’installazione, si differenzia dalle altre per le pile di fogli poste sui banchi che il visitatore è invitato a usare per scrivere la sua esperienza personale in fatto di numeri. L’artista lo aiuta e orienta il suo pensiero con delle domande: “Quale numero ha significato per te e perché?”, “I numeri dicono la verità?”, “Quanti ricordi hai?”

Ogni numero ci definisce individualmente-scrive l’artista a proposito dell’opera- ma ci collega anche universalmente. I numeri ci confortano, condividiamo le date che sono importanti per noi e ci aiutano a capire noi stessi. La nostra storia è raccolta attraverso numeri. In questo modo, il filo intrecciato riflette la nostra storia, mentre i numeri, che sono sparsi sporadicamente come le stelle sopra Katowice, rappresentano le date più significative che conosciamo.

Originaria di Osaka in Giappone, Chiharu Shiota vive a Berlino. “Counting Memories” rimarrà esposta al Muzeum Śląskie fino al 26 aprile 2020. Prosegue nel frattempo la personale "The Soul Trembles" del Mori Art Museum di Tokyo, che si sposterà per l'Asia fino al 2012.

All photos are via Colossal

All photos are via Colossal

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Toshihiko Shibuya punteggia la foresta "Ikor no mori" di Tomakomai con 1500 coloratissime puntine da disegno

Toshihiko Shibuya, Microworld of Land Art; Generation 6 origin-birth. All photos courtesy of the artist

Toshihiko Shibuya, Microworld of Land Art; Generation 6 origin-birth. All photos courtesy of the artist

L’artista giapponese Toshihiko Shibuya ha recentemente realizzato l’installazione “Microworld of Land Art” (della serie Generation 6 origin-birth) nella foresta “Ikor no mori” di Tomakomai. Un’opera che somiglia a uno schizzo veloce, a un leggero tratteggio di matite colorate, sulla densa tessitura cromatica del sottobosco di Ikor (che nella lingua degli Ainu significa tesoro). Solo che lui per farla ha usato 1500 puntine da disegno.

“Microworld of Land Art” è stata visibile per una settimana soltanto (dal 21 al 29 settembre), nel corso della manifestazione incentrata sul tema della simbiosi con l’ambiente, Forest Garden Ikor Meets Art 2019 (o come dicono i giapponesi Ikor-no-mori Meets Art). Un periodo sufficiente per sottolineare tutta la bellezza e la biodiversità della natura minuscola che si nasconde sotto i piedi dell’escursionista, senza lasciare per troppo tempo l’installazione esposta agli elementi. Infatti, malgrado il clima di Tommakomai sia meno rigido che nel resto dell’isola, in tutta Hokkaido le stagioni temperate sono brevi

L’opera, come tutte quelle della serie Generation, evoca l’inarrestabilità del ciclo della vita. Le puntine da disegno a testa tonda, nei loro colori sgargianti, ma tutto sommato affatto artificiali, sembrano funghi, uova, insetti o muffe e si mimetizzano con un ambiente apparentemente selvaggio (il Forest Garden Ikor in realtà è una grande area verde nata nel 1904 intorno a un nucleo originario di boschi ma che comprende anche giardini, roseti e appezzamenti piantumati).

“Con questa installazione- ha detto Toshihiko Shibuya- mi sono interrogato sul ruolo che può avere l'arte ambientale (sia essa composta da forme di vita, parti di paesaggio o semplicemente da opere d'arte contemporanea) nel riscaldamento globale, nelle urgenze del presente, così come nelle allerte ambientali.”

Il tempo nelle opere di Toshihiko Shibuya è una componente invisibile ma fondamentale. Nel caso di quest’installazione, come di tutte le altre composte da puntine da disegno, è lo stesso gesto paziente e ripetitivo di inserire prima e togliere poi i minuscoli oggetti nel muschio piuttosto che nei tronchi di alberi abbattuti, a sottolinearne lo scorrere lento ma inesorabile.

La legge dei cicli naturali ha cominciato a perdersi a poco a poco- continua l’artista di Sapporo- Mi chiedo ancora come le mie opere possano essere utili a ritrovare l'ambiente che mi circonda e la mia vita, piuttosto che mettere le opere contro la natura.”.

Anche la location delle installazioni non è mai casuale o suggerita semplicemente da quanto uno scorcio possa essere pittoresco. Nel caso di “Microworld of Land Art”, Shibuya, punta l’attenzione sugli alberi caduti

“In questa zona il suolo è di cenere vulcanica eruttata dal Tarumae-san- spiega - Solo un sottile strato di terreno si è depositato sul suolo di cenere vulcanica. Quando gli alberi crescono grandi, cadono a causa del loro stesso peso. Il motivo è che non possono sviluppare profondamente le loro radici.

In questa regione, la circolazione naturale avviene a un ciclo più veloce rispetto alle foreste normali.”

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alberi caduti a causa del loro stesso peso nella foresta di Ikor

alberi caduti a causa del loro stesso peso nella foresta di Ikor

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alberi caduti a causa del loro stesso peso nella foresta di Ikor