Surreali e placidamente irrequieti, sono i cavalli che compongono l’ultima opera d’arte pubblica di Mimmo Paladino e ci parlano di vita, morte, memoria, forza, dinamismo, celebrazione del potere ma anche dei momenti d’incontro tra culture ed epoche diverse. L’installazione momumentale (“Senza Titolo”), realizzata dall’artista per la piazza principale di Piacenza (l’iniziativa si chiama appunto PaladinoPiacenza), è composta da 18 sculture equestri in vetroresina e dal basamento (acciaio e legno) che ne è parte integrante. Sarà inaugurata domani (10 settembre 2020).
Fatti di curve dolci e linee talvolta inaspettate, i cavalli di Paladino, dialogano con le due sculture equestri di Edoardo Mochi (Montevarchi 1580- Roma 1654) che incorniciano la piazza della città. Tuttavia le opere barocche che ritraggono Alessandro e Ranuccio I Farnese mentre incedono forti e trionfanti, sono profondamente diverse nello spirito dall’installazione contemporanea. Li divide il dubbio. Tanto per cominciare, le forme che emergono, solo apparentemente in modo scomposto, da un sorta di piscina o recinto non solo veri e propri cavalli ma idee di cavallo che si alzano dal brodo primoridiale per scomparire, ritrovare la luce nuovamente, uscire. Dichiarando la loro esistenza al mondo che non sempre le ricompenserà con la memoria.
L’artista, ha detto in un’intervista rilasciata al quotidiano locale Libertà, che quando ha ideato l’opera aveva in testa i cavalli dipinti da Giorgio De Chrico, ma tutto sommato l’installazione, che non smette per un momento di guardare alla pittura, è anche saldamente legata alla Storia dell’Arte italiana primo-novecentesca, compresi i capitoli che si occupano di scultura.
Il cavallo però, che è un elemento ricorrente nel lavoro di Paladino, prende forma da suggestioni molto precedenti. L’artista, infatti, anni fa l’ha ridisegnato a partire da un modello funerario di origine etrusca.
Il progetto PaladinoPiacenza è curato da Flavio Arensi e Eugenio Gazzola che spiega così l’installazione:
“L’opera richiama in causa il modello del monumento equestre e la sua adozione simbolica e urbanistica come luogo d’incontro tra culture moderne; tra iconografia occidentale e orientale; tra celebrazione della gloria terrena e ripensamento del rapporto con il passato, i morti, la Storia.”
Da ricordare, infine, che le sculture si torcono in pose (im)possibili), giocando con la prospettiva e il punto d’osservazione, per dirigere lo sguardo dei visitatori verso angoli degli edifici vicini, che appaiono come silenziosi testimoni dello scorrere della Storia, sospesi tra l’agitazione dei cavalli neri di Paladino e il blu impassibile del cielo.
PaladinoPiacenza fa parte del programma di Piacenza 2020/21, promosso da un comitato composto dal Comune di Piacenza, dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, dalla Diocesi Piacenza-Bobbio e dalla Camera di Commercio di Piacenza.