La St. Agnes Church della König Galerie di Berlino è uno spazio brutalista, molto asciutto ma arioso, in occasione della realizzazione dell’installazione artistica temporanea “I Hope…”, Chiharu Shiota, ha deciso di contrapporle tutta la ricchezza estetica di un opera immersiva ispirata al lavoro che realizzò per la 56esima edizione della Biennale di Venezia.
Come in quell’occasione, l’artista originaria di Osaka (ma berlinese d’adozione), ha messo in campo la sua più organica tecnica di pittura tridimensionle. Con tanto di fili rossi intrecciati a mano tra loro a comporre una ricca e innestricabile rgnatela, barche a grandezza naturale, luci che si rifrangono, frammentano e riflettono sia l’impianto comporitivo che il vvido cromatismo.
Di diverso rispetto all’istallazione creata da Shiota per la Biennale ci sono gli elementi sospesi tra i fili. In passato erano state chiavi a rappresentare la dimensione intima dell’ambiente domestico famigliare e per estensione le singole persone. Adesso si tratta di letter. Migliaia di lettere. Oltre 10 mila, spedite all’artista da tutto il mondo, durante l’anno della pandema e poi inglobate nel corpo vibrante che occupa la navata della St. Agnes.
Paradossalmente, le lettere, di per se più intime e personali, finiscono per trasceendere questa dimensione, diventando opera di un collettivo trans-culturale aperto.
Anche le barche, però, non più ancorate a terra e non più veri gozzi di mare ma tratteggi metallici, in “I Hope…”, invece di abbandonarsi alle suggestioni del passato spiccano il volo verso un futuro incerto. In uno spazio onirico ancora torbido di ricordi foschi.