L'acqua si fa aria e ghiaccio nell'alchemica fusione della fotografia di Maria Assunta Karini con la musica di Francesco Paolo Paladino

Ice Report

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Il progetto ‘Elementi Alchemici’ del duo di artisti Maria Assunta Karini (ho già parlato di lei qui) e Francesco Paolo Paladino è una combinazione di immagini e musica che, nati per essere complementari, si influenzano a vicenda fino a fondersi. Una riflessione sui mutamenti epocali che ci destabilizzano, raccontati coi toni di un fantasy. Genere in cui luce e ombra, fiaba e realtà, lottano incessantemente per prevalere.

Lei lavora soprattutto con fotografia e scultura, lui con riprese e musica. Ed è dalla differenza di specializzazioni che nasce questo progetto che non si limita ad affiancare una colonna sonora alle immagini o viceversa, ma vive e pulsa nella simbiosi dei due linguaggi espressivi. Impalpabile e pervaso di un’emotività controllata il suono, fortemente visionarie e quiete le immagini. Nati per stare insieme in esposizioni che si tramutano in installazioni immersive.

Il progetto è diviso in capitoli visivi e sonori che non procedono linearmente ma si muovono come le scene di un sogno. Karini, questi periodi del racconto li ha chiamati come gli elementi. O meglio un elemento, l’acqua, che muta la sua struttura fisica in maniera circolare, di capitolo in capitolo. Le serie fotografiche che compongono l’alchimia dell’artista piacentina si chiamano, infatti: Ariae (aria), Siren (acqua) e Icereport (ghiaccio).

Parlano di ecologia ma anche di stereotipi ridisegnati fino a trasformarsi in qualcosa di diverso e di emozioni. In una frase: della nostra faticosa e quotidiana ricerca della libertà. In queste immagini Maria Assunta Karini non si è limitata a ideare e scattate le fotografie ma è anche modella, scenografa e costumista.

Gli argomenti sono li stessi anche per Paladino che, però, anzichè concentrarli li dilata, lasciandoli vagare fino a fondersi e separarsi repentinamente. I brani di Paladino sono il risultato di un paziente lavoro di ricerca, modifica e collage di suoni, rumori e coriandoli di melodie. Come fossero mosaici o immagini costruite mettendo insieme i pezzi di tanti puzzle diversi.

“Io sono un architetto musicale- dice- Costruisco le mie musiche con texture, elementi e sonorità mie e che mi vengono fornite dai più importanti musicisti italiani ed internazionali”.

Il progetto “Elementi Alchemici” di Maria Assunta Karini e Francesco Paolo Paladino è stato pensato come mostra itinerante. La prima tappa di questo tour si è consumata la scorsa primavera alla galleria Biffi Arte di Piacenza.

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Ariae

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Ariae

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Siren

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Last Supper in Pompeii: l'ultima cena dei pompeiani all'Ashmoleum Museum di Oxford tra ghiri arrosto, cucine sporche e incredibili opere d'arte

Monochrome mosaic panel of a skeleton holding two wine jugs, AD 1–50. Pompeii, House of the Vestals (91 x 70 cm). Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Monochrome mosaic panel of a skeleton holding two wine jugs, AD 1–50. Pompeii, House of the Vestals (91 x 70 cm). Museo Archeologico Nazionale di Napoli

“Lo scheletro coppiere” è un mosaico, che rappresenta, appunto, uno scheletro con la testa tonda, un’espressione ingenua e divertita, che regge due anfore da vino. Assomiglia molto a Jack Skellington (il protagonista di "Nightmare Before Christmas" di Tim Burton) ma richiama anche altre figure ugualmente poco in carne dei cartoni animati. Lui però nasce molto prima di tutte questi personaggi. Datato tra l’1 e il 50 dopo Cristo, vene dalla Casa delle Vestali di Pompei e nonostante l’età avanzata mantiene la sua, come dire, vivacità e ultimamente è persino volato ad Oxford. Per spiegare agli inglesi cosa mangiavano gli antichi romani.

E non è l’unico, ci sono cibi in ceramica e colini da cucina, sculture e affreschi a tema gastronomico. Sono oltre 300 i tesori che hanno lasciato la canicola della calda estate italiana per animare la grande mostra “Last Supper in Pompeii” (L’ultima cena a Pompei) allestita all’ Ashmolean Museum of Art and Archaeology di Oxford (fino al 12 gennaio 2020). Alcuni tra questi preziosi reperti non avevano mai varcato le Alpi.

"È un enorme privilegio poter mostrare questi straordinari tesori, molti per la prima volta nel Regno Unito- ha detto il Direttore dell'Ashmolean Dr Xa Sturgis- La generosità dei finanziatori lo ha reso possibile, in particolare il Parco Archeologico di Pompei, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Parco Archeologico di Paestum che ci hanno prestato oggetti notevoli e preziosi. "Last Supper in Pompei"i permette uno sguardo delizioso sul mondo di Pompei e della Gran Bretagna romana, dalle cucine sporche, negozi e bar, ai banchetti del triclinio. Nella cultura odierna così ossessionata dal cibo, non credo esista un argomento migliore per aiutarci a stabilire una connessione con le persone del mondo antico. "

Tutta incentrata sul cibo, la mostra spazia dalle ricette agli ingredienti che i pompeiani usavano per prepararle (da che paesi provenivano e dove li esportavano), fino alle cucine e agli attrezzi che venivano usati. E poi i magazzini, i bar e le trattorie dell’epoca. Il quadro che ne esce è ricco di particolari curiosi per la sensibilità moderna. Le cucine, ad esempio, per quanto fosse spaziosa l’abitazione in cui erano collocate, all’epoca erano sempre stanze buie, piccole e sporche. All’interno c’era persino una latrina. Gli utensili, invece, nel tempo non sono cambiati un granché: vaporiere, scolapasta, stampi a forma di animali, teglie da forno, mortai e pestelli. Senza dimenticare i forni portatili.

Ma cosa mangiavano i pompeiani? Oltre ai classici della dieta mediterranea arrivati fino ai giorni nostri (olive, noci, legumi e verdura, frutta e pesce) pare che non disdegnassero il ghiro e alcune specie di uccelli canori.

La mostra “Last Supper in Pompeii” all’Ashmolean Museum è sostenuta da Intesa Sanpaolo. "La collaborazione, che perdura da diversi anni- ha spiegato il dirigente della banca, Stefano Lucchini- con la Oxford University, un'istituzione riconosciuta tra le migliori al mondo nel campo della ricerca e della formazione, rappresenta per Intesa Sanpaolo una delle partnership più qualificanti.. Grazie ad essa, Intesa Sanpaolo e i suoi manager - così come giovani studenti meritevoli - hanno la possibilità di accrescere le proprie competenze in un luogo storicamente consacrato alla conoscenza e all'approfondimento.. Un legame che oggi si arricchisce di un nuovo significato con il nostro sostegno a una mostra che racconta la vita quotidiana degli antichi Romani e offre un notevole contributo scientifico alla diffusione della storia e della cultura italiana, a partire da scoperte archeologiche anche recenti."

Terracotta votive food: pomegranates (open and closed); grapes; figs; almonds; cheeses; focaccia; honeycomb; mold; long bread, 360 BC. Tomb 11, Contrada Vecchia, Agropoli. Parco Archeologico Di Paestum

Terracotta votive food: pomegranates (open and closed); grapes; figs; almonds; cheeses; focaccia; honeycomb; mold; long bread, 360 BC. Tomb 11, Contrada Vecchia, Agropoli. Parco Archeologico Di Paestum

Polychrome mosaic emblema (panel) showing fish and sea creatures, 100–1 BC. Pompeii, House of the Geometric Mosaics (103 x 103 cm). Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Polychrome mosaic emblema (panel) showing fish and sea creatures, 100–1 BC. Pompeii, House of the Geometric Mosaics (103 x 103 cm). Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Bronze strainer, 500–300 BC (25.5 cm long, diameter 12.5 cm) Findspot unknown. Ashmolean Museum, University of Oxford,

Bronze strainer, 500–300 BC (25.5 cm long, diameter 12.5 cm) Findspot unknown. Ashmolean Museum, University of Oxford,

Still life wall panel fresco showing a cockerel pecking at figs, pears and pomegranates, AD 45–79. Pompeii, House of the Chaste Lovers (55 x 52 cm). Parco Archeologico di Pompeii

Still life wall panel fresco showing a cockerel pecking at figs, pears and pomegranates, AD 45–79. Pompeii, House of the Chaste Lovers (55 x 52 cm). Parco Archeologico di Pompeii

Gilded silver cups decorated with repoussé olive, vine and myrtle sprays (left to right), 50 BC–AD 150. Ashmolean Museum, University of Oxford

Gilded silver cups decorated with repoussé olive, vine and myrtle sprays (left to right), 50 BC–AD 150. Ashmolean Museum, University of Oxford

Fresco wall panel showing the distribution of bread, AD 40–79. Pompeii, House of the Baker (69 x 60 cm). Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Fresco wall panel showing the distribution of bread, AD 40–79. Pompeii, House of the Baker (69 x 60 cm). Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Rhyton (drinking or pouring vessel) in the form of a cockerel, AD 1–79. Pompeii, House of the Venus in a bikini (31.5 x 34.5 cm). Parco Archeologico di Pompeii

Rhyton (drinking or pouring vessel) in the form of a cockerel, AD 1–79. Pompeii, House of the Venus in a bikini (31.5 x 34.5 cm). Parco Archeologico di Pompeii

Still life wall panel fresco showing a rabbit nibbling at figs, AD 40–79. Pompeii (35 x 42 cm). Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Still life wall panel fresco showing a rabbit nibbling at figs, AD 40–79. Pompeii (35 x 42 cm). Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Marble fountain figure of a seated cupid wearing an animal skin filled with fruit, with traces of polychromy surviving, 50 BC–AD 50. Pompeii (26 x 21 cm). Parco Archeologico di Pompeii

Marble fountain figure of a seated cupid wearing an animal skin filled with fruit, with traces of polychromy surviving, 50 BC–AD 50. Pompeii (26 x 21 cm). Parco Archeologico di Pompeii

Blue glass cup with white speckles, 50 BC–AD 50. Pompeii (6.2 x 9.4 cm diameter). Parco Archeologico di Pompeii

Blue glass cup with white speckles, 50 BC–AD 50. Pompeii (6.2 x 9.4 cm diameter). Parco Archeologico di Pompeii

Marble statue of Bacchus with a panther, AD 50–150. From the ruins of a temple in Piacenza, Emilia-Romagna (180 x 64 x 38 cm). Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Marble statue of Bacchus with a panther, AD 50–150. From the ruins of a temple in Piacenza, Emilia-Romagna (180 x 64 x 38 cm). Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Daniel Steegmann Mangrané porta la foresta pluviale brasiliana all' Hangar Bicocca

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17; Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Veduta dell’installazione: Fundação de Serralves, Porto, 2017. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Ber…

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17; Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Veduta dell’installazione: Fundação de Serralves, Porto, 2017. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlin. Foto: Andrea Rossetti

Nato a Barcellona, Daniel Steegmann Mangrané vive in Brasile dal 2004. L’insetto stecco è il suo motivo ricorrente. E la foresta pluviale è il suo strumento di lavoro, il suo studio, il suo fornitore di materiale, la sua musa ispiratrice e la sua ossessione. Al centro dell’opera dell’artista spagnolo per la concentrazione di biodiversità e per l’impressionante ridimensionamento a cui è stata costretta (ad oggi resta solo il 7% dell’originale!).

Steegmann Mangrané la rievoca in tutte le mostre, sia portando piante tropicali autoctone negli spazi espositivi, sia ricreandola con la realtà virtuale o attraverso degli ologrammi.

Le barriere delle nuove tecnologie a cui l’arte guarda con attrazione e repulsione da parecchi anni a questa parte, ultimamente infatti, sembrano essesi rotte. Così visori, schermi, insieme a proiezioni pixelate di vario genere si sono riversate alla Biennale di Venezia 2019 e nei musei.

Dal 12 settembre tocca al Pirelli HangarBicocca di Milano, con "A Leaf-Shaped Animal Draws The Hand" (a cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli) prima personale, appunto, di Daniel Steegmann Mangrané in Italia.

La mostra, definita dallo stesso artista come il “il mio più grande spettacolo fino ad oggi", si preannuncia ad alto tasso tecnologico. Basti pensare che per l’occasione Steegmann Mangrané ha realizzato un’installazione site-specific per sottolineare il passaggio da esperienze materiali (ad esempio, "A Transparent Leaf Instead Of The Mouth", che poi è un terrario con tanto di piante e insetti stecco) a situazioni immateriali (tra le altre: a ricostruzione della giungla in realtà virtuale di "Phantom (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name)".

Guardando le opere dell’artista non bisogna, tuttavia, fare l’errore di pensare alle sue installazioni simulate come a una forma d’intrattenimento. Per Steegmann Mangrané, infatti, realtà vituale e ologrammi sono un mezzo per conciliare la sua passione per le geometrie rigorose con il caotico disordine della natura, ma soprattutto il sistema per farci mettere in discussione il modo in cui percepiamo il mondo e il nostro rapporto con lo spazio ( nella già citata “Phantom”, ad esempio, il visitatore si sente immerso nella foresta ma non può vedere le sue mani , i suoi piedi, se stesso che cerca di muoversi e interagire con l’ambiente).

"A Leaf-Shaped Animal Draws The Hand" di Daniel Steegmann Mangrané permetterà di visitare angoli di vera foresta pluviale e interi scorci della sua versione virtuale senza uscire dal Pirelli HangarBicocca fino al 12 gennaio 2020.

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17 (dettaglio). Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17 (dettaglio). Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané, Orange Oranges 2 (Medium Lemon/ Summer Blue), 2004; Struttura modulare in acciaio, filtro fotografico, tessuto di seta indiana, sgabelli, tavolo, coltelli, spremiagrumi, bicchieri, arance fresche. Veduta dell’ installazion…

Daniel Steegmann Mangrané, Orange Oranges 2 (Medium Lemon/ Summer Blue), 2004; Struttura modulare in acciaio, filtro fotografico, tessuto di seta indiana, sgabelli, tavolo, coltelli, spremiagrumi, bicchieri, arance fresche. Veduta dell’ installazione: CRAC Alsace Centre Rhénan d'Art Contemporain, Altkirch, 2014. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Andrea Rossetti

Daniel Steegmann Mangrané, Phantom (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name), 2015. Ambiente di realtà virtuale, visore HTC Vive. sviluppato da ScanLAB Projects, Londra. Veduta dell’ installazione: Nottingham Contemporary, 2019. Cou…

Daniel Steegmann Mangrané, Phantom (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name), 2015. Ambiente di realtà virtuale, visore HTC Vive. sviluppato da ScanLAB Projects, Londra. Veduta dell’ installazione: Nottingham Contemporary, 2019. Courtesy dell’artista. Foto: Stuart Whipps

Daniel Steegmann Mangrané, Phantom (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name), 2015. Ambiente di realtà virtuale, visore HTC Vive, sviluppato da ScanLAB Projects, Londra. Courtesy dell’artista. Photo: ScanLab projects, Londra

Daniel Steegmann Mangrané, Phantom (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name), 2015. Ambiente di realtà virtuale, visore HTC Vive, sviluppato da ScanLAB Projects, Londra. Courtesy dell’artista. Photo: ScanLab projects, Londra

Daniel Steegmann Mangrané, Spiral Forest (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name) 2013-15. Film 16mm, colore, silenzioso; 11 min 4 sec. Veduta dell’installazione: CCS Bard Hessel Museum, 2018. Courtesy dell’artista. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané, Spiral Forest (Kingdom of all the animals and all the beasts in my name) 2013-15. Film 16mm, colore, silenzioso; 11 min 4 sec. Veduta dell’installazione: CCS Bard Hessel Museum, 2018. Courtesy dell’artista. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané, Elegancia y renuncia, 2011; Foglia essiccata (ficus elastica japonicum), supporto in metallo, proiezione di diapositive. Veduta dell’installazione: CRAC Alsace Centre Rhénan d'Art Contemporain, Altkirch, 2014. Courtesy del…

Daniel Steegmann Mangrané, Elegancia y renuncia, 2011; Foglia essiccata (ficus elastica japonicum), supporto in metallo, proiezione di diapositive. Veduta dell’installazione: CRAC Alsace Centre Rhénan d'Art Contemporain, Altkirch, 2014. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Andrea Rossetti

Daniel Steegmann Mangrané, Mano con hojas, 2013; Ologramma. Courtesy dell’artista, KADIST collection

Daniel Steegmann Mangrané, Mano con hojas, 2013; Ologramma. Courtesy dell’artista, KADIST collection

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17 (dettaglio). Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané, A Transparent Leaf Instead Of The Mouth,, 2016-17 (dettaglio). Vetro, metallo, ecosistema con insetti stecco e insetti foglia. Courtesy dell’artista e Esther Schipper, Berlino. Foto: Matt Grub

Daniel Steegmann Mangrané Ritratto. Courtesy Esther Schipper, Berlino. Foto: Andrea Rossetti

Daniel Steegmann Mangrané Ritratto. Courtesy Esther Schipper, Berlino. Foto: Andrea Rossetti