Il frigorifero a contatori geiger e le sculture da indossare in ferro. Che sembrano strumenti di tortura medioevali. by Maria Assunta Karini

All images courtesy Maria Assunta Karini

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La serie “Stem of the Black Grass” (Filo d'Erba Nera) dell’artista e filmmaker indipendente italiana Maria Assunta Karini è un po’ un viaggio onirico e un po’ un esperienza concreta. C’è di tutto: fotografia, installazione, scultura una spruzzata di performance; e tutto è capace di dare un calcio nello stomaco dello spettatore.
D’altra parte, il terreno di gioco è quello della tragedia di Černobyl. L’ironia è in panchina.

C’è un frigorifero scuro che da chiuso sembra guardare il visitatore con un ghigno e da aperto rivela contatori geiger vintage, strane piante nere e cigni in resina. Poi ci sono fotografie e sculture. Decine di opere in ferro. Alcune si possono addirittura indossare (come le scarpe, simili alle tradizionali geta giapponesi) e assomigliano prepotentemente a degli strumenti di tortura medioevali.

Per “Stem of the Black Grass” Maria Assunta Karini si è ispirata al libro “Preghiera per Černobyl” della giornalista e scrittrice bielorussa Svetlana Aleksievic (premio Nobel per la letteratura nel 2015) che, fuori dalle pagine di cronaca, descrive l’esperienza umana del dolore e dell’impotenza di fronte a una catastrofe. Ma lo fa a modo suo: deformando le immagini evocate dalla Aleksievic e facendone dei simboli in bilico tra fantasia e realtà. Degli oggetti strani, vagamente inquietanti e dotati di un’inattesa allure cinematografica.

"La percezione delle catastrofi del mondo che è vicina agli stereotipi barocchi, incarnati nell'immaginazione, quasi legati alla letteratura, dove un disastro diventa un simbolo - spiega, in modo un tantino criptico, la curatrice russa Ilmira Bolotyan-  Così Chernobyl è un simbolo di come l'uomo è impotente davanti alla natura, al crash della scienza e della tecnologia.”

La realizzazione di “Stem of the Black Grass” ha richiesto due anni di lavoro e Maria Assunta Karini ha fatto più o meno tutto da sola (se si esclude la costante collaborazione del figlio Luka Monkaleano, artista a sua volta). Ha scovato gli oggetti di scena e stabilito le locations. Per scattare alcune foto ha persino dovuto traslocare i mobili trasformando il salotto del suo appartamento in un set (!)

“Recuperare i contatori geiger non è stato facile- commenta laconica Maria Assunta Karini- ma a conti fatti per completare questo lavoro ho dovuto risolvere problemi ben più complessi.”

Adesso “Stem of the Black Grass” è diventata una mostra alla galleria Fabrikacci di Mosca (nella “Arthouse” hall, da oggi fino al 26 maggio), curata da Ilmira Bolotyan e sponsorizzata dall’Istituto Italiano di Cultura di Mosca e dal Gruppo Banco Desio.
Ma se non avete in programma un viaggio nella ex-Unione Sovietica potete sempre seguire Maria Assunta Karini su Facebook.

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