La 'Strada di Mattoni Gialli' di Serge Attukwei Clottey che da Accra porta a Milano

all images courtesy the artist and lorenzelli arte

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L’artista africano Serge Attukwei Clottey crea dei complessi tessuti unendo centinaia di tessere di vecchia plastica gialla con il filo di rame. Li espone un po’ in tutto il mondo (attualmente è in mostra nella galleria Lorenzelli Arte di Milano). Nel suo quartiere (Labadi) ad Accra in Ghana però si è spinto oltre e li stà usando per tappezzare le case e le strade della città. Che dall’alto sembrano lastricate d’oro.

Il mastodontico progetto l’ha chiamato 'Yellow Brick Road'. La strada di mattoni gialli del Mago di Oz. Cioè la sua strada verso casa. L’installazione permanente, oltre a portare un racconto personale, simboleggia le migrazioni del popolo africano e il loro desiderio di fare ritorno. Ma non è ne la prima ne l’unica opera d’arte pubblica in cui si è impegnato Serge Attukwei Clottey.

Tutto nasce dalle taniche di plastica che vennero usate per portare l'olio da cucina in Africa. Questi contenitori blu, bianchi ma più spesso gialli, diventarono strumenti preziosi in Ghana durante un periodo di grave siccità. Ogni famiglia se ne procurava più che poteva per portare l’acqua a casa. Tanto da meritarsi il soprannome di “galloni Kufuor” (presidente del Ghana in quegli anni). Al ritorno della normalità quelle stesse brocche colorate e malconce sono state abbandonate dappertutto: nelle discariche improvvisate sulle spiagge, nelle strade delle città. Ovunque. Fino a intasare le fogne e far crescere l’inquinamento della zona in maniera intollerabile.

Serge Attukwei Clottey oltre 18 anni fa ha deciso di contribuire a risolvere il problema facendone delle opere d’arte. Li taglia in piccole tessere, li modella su una fiamma e poi li accosta e li cuce con del filo di rame.. Il risultato sono dei tessuti coloratissimi che richiamano le stoffe tradizionali africane. Per l’artista sono un modo per fondere la rappresentazione di storia ed economia del suo paese, all’emergenza ambientale.

Il Ghana è uno dei paesi più aridi- ha detto tempo fa- e deve affrontare alcune delle conseguenze più dannose per i cambiamenti climatici e la carenza idrica. Eppure il governo non fa nulla, quindi mi sono preso la responsabilità di educare attraverso l'arte

Ha persino fondato un movimento che si chiama appunto “Afrogallonism”. Viene da se che il supporto della comunità, cui i progetti d’arte pubblica contribuiscono, sia parte fondamentale dell’opera di Clottery. L’artista a questo scopo fa anche delle performance.

Abbiamo un modo molto interessante di lavorare-spiega- specialmente quando andiamo alla discarica, ci vestiamo come donne e questo è il motivo per cui tante donne raccolgono i galloni per me"

La “Yellow Brick Road” di Accra è un progetto in divenire cui l’artista aggiunge dei pezzi di mese in mese, di anno in anno. Che si può seguire sull’account instagram di Clottey. Per vedere dal vivo i tessuti di Serge Attukwei Clottey, invece, la scelta migliore è visitare la mostra “Sometime in your life” da Lorenzelli Arte a Milano, dove una serie di grandi opere realizzate per l’occasione danno l’idea d quanto il ghanese sia abile a comporre un mosaico vibrante di colori e segni con dei semplici rifiuti di plastica (fino al 31 dicembre 2019)

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258 Likes, 1 Comments - Dr. Attukwei Clottey 🇬🇭 (@afrogallonism) on Instagram: "#sergeattukweiclottey #labadi #afrogallonismteam"

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Vanessa Barragão reinventa il mondo (senza l'Italia) in un arazzo lungo 20 metri e fatto interamente di lana riciclata

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La giovane designer portoghese Vanessa Barragão realizza tappeti e arazzi artigianali con tessuti riciclati. Mixa varie tecniche (maglia, macramè, uncinetto ecc.) per ottenere diversi volumi e tessiture. II suo soggetto prediletto sono i fondali marini e le barriere coralline.

Ultimamente si è però cimentata nella realizzazione di un’enorme carta geografica. L’opera, commissionatale a Vanessa Barragão in occasione di una partnership tra l'aeroporto Londra Heathrow e il Royal Botanic Gardens di Kew, rappresenta il mondo con riferimenti alla flora dei vari continenti. E’ stupefacente per la grandezza e la ricchezza dei particolari, anche se la comprensibile approssimazione topografica appare a volte eccessiva. Nella mappa, ad esempio non sembra esserci traccia dell’Italia. Probabilmente troppo piccola per non essere nascosta da uno dei fiori applicati all’arazzo.

In compenso ci sono riferimenti alla profondità dei fondali marini, alle correnti e alla presenza di barriere coralline. Ma anche alla quantità di precipitazioni in un determinato territorio e al conseguente sviluppo della vegetazione. Per arricchire il suo arazzo di questi particolari Barragão ha usato i colori dei filati ma anche tecniche artigianali diverse. Così le zone secche corrispondono a punti in cui il tappeto ha pelo raso, mentre dove le piante abbondano si fa lungo e lavorato.

Ha anche inserito piante autoctone dei luoghi tratteggiati. Come il Gingko biloba cinese, il Cypripedium calceolus europeo ( orchidea selvatica Scarpetta di Venere ) e il Caffè africano

L’arazzo, lungo 20 metri, è stato posizionato nella zona destinata alle partenze dell’aeroporto Londra Heathrow. Per completarlo a Vanessa Barragão sono servite 520 ore di lavoro. (via Colossal)

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Ian Berry ha dipinto la luce accecante di 'Hotel California 'con scampoli di Denim sovrapposti

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Ispirata all’album degli Eagles del ‘77 e alle piscine di David Hockney, la serie di opere ‘Hotel California’ dell’artista inglese Ian Berry, mette in scena la luce intensa , l’estate permanente e il mito, dello Stato affacciato sull’Oceano Pacifico. Dipingendo con scampoli di denim. Una versione del sogno americano declinata in migliaia di sfumature di bluejeans, che Ian Berry ha completato dopo aver visitato gli Stati Uniti per lavoro.

La tecnica di Ian Berry, pur collocandosi in una terra di confine tra collage, bassorilievo e scultura, è saldamente ancorata nell’ambito della pittura. Anche viste dal vivo le tele dell’artista londinese sembrano frutto di pennellate monocromatiche. Viene da se quindi che i punti di riferimento finiscano per essere i classici generi pittorici giocati in chiave contemporanea (come il ritratto o il paesaggio) e le citazioni alla Storia dell’Arte si sprechino. Guardando ‘Hotel California’, ad esempio, non si può non pensare (oltre al già nominato Hockney) ad Edward Hopper e persino all’Impressionismo di Monet. Meno scontata è la ricerca sulla luce che si diffonde viva o si rifrange sugli oggetti. Rapresentati però, usando un materiale ruvido, opaco e dal colore freddo.

"Ho adorato il corpo di lavoro di Behind Closed Doors (una precedente serie di Berry ndr)- spiega l'artista- sia dal punto di vista concettuale che tecnico, è stato uno spettacolo che ha funzionato davvero, rappresentava anche la mia mentalità all'epoca. Mi ha davvero commosso il modo in cui è collegato a così tante persone. Era piuttosto buio comunque, e volevo fare il prossimo spettacolo con del denim brillante. Qualcosa che non penso che la gente sappia del mio lavoro a parte il fatto che sia fatto di jeans è la sfida che mi pongo nell’osservare come la luce colpisce le cose. Come le mattonelle del pavimento del corridoio, le file metalliche di lavatrici in una lavanderia a gettoni o un piano lucido."

Dal 30 giugno Ian Berry presenterà la serie ‘Hotel California” alla Catto Gallery di Londra (fino al 28 luglio). Affiancando le opere a parete all’installazione Secret Garden.

Per seguire il lavoro di Berry virtualmente c’è il suo sito internet oltre all’account instagram in cui l’artista condivide anche piccoli video che mostrano come fa a “dipingere” con gli scampoli di jeans.

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