Biennale di Venezia| Il piccolo ma entusiasmante Padiglione Senegal di Alioune Diagne

Pavilion of SENEGAL "Bokk - Bounds" 60th International Art Exhibition - La Biennale di Venezia Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Per la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia il Senegal si è accontentato di un piccolo padiglione. La grande stanza all’Arsenale è in condivisione, certo, ma la posizione è eccellente (appena dopo la mostra principale “Stranieri Ovunque- Foreigners Everywhere”). E poi il trentottenne, Alioune Diagne, (insieme al curatore Massamba Mbaye) è stato capace di ritagliato un angolo intimo capace di beneficiare della luce naturale che, a momenti, lambisce la barca capovolta e male in arnese che l’artista ha ricoperto di tessuti tradizionali decorati da lui stesso.

Su Instagram riguardo a questa piccola imbarcazione in legno ha scritto: “Le piroghe sono un simbolo importante e sono diffuse in tutto il mio Paese. È un tipo di imbarcazione utilizzata sia dai pescatori che dai migranti che cercano un futuro migliore in Europa. Anche il nome Senegal, deriva dalle parole wolof « Sunu » (nostro) e « gal » (piroga): la nostra piroga. Il Senegal è come una nave che condividiamo. Qui è rotto perché le nostre opportunità di viaggiare sono ostacolate. Le traversate verso l’Europa per la migrazione sono mortali e nascono dalla paura del futuro avvertita dai giovani del mio Paese. La piroga spezzata rappresenta anche i legami recisi tra le persone a causa del razzismo, dell'egoismo, dell'avidità... Attraverso il tessuto ricoperto di segni che avvolge la piroga, cerco simbolicamente di decifrare e riannodare i legami. I segni appartengono ad un linguaggio che sarebbe universale e permetterebbe a tutti di capirsi implicitamente”.

Dietro la barca spezzata però c’è il pezzo forte del Padiglione Senegal per la 60esima Esposizione internazionale d’Arte La Biennale di Venezia 2024: un monumentale dipinto figurativo di quattro metri per dodici, composto da tele di diverse dimensioni, accostate l’una all’altra come tessere di un puzzle. Diagne, nelle opere ha privilegiato scene di disastri contemporanei che coinvolgono la sua gente e contrastano con il titolo del padiglione, “Bokk – Bounds” (in lingua wolof, Bokk significa ‘ciò che è condiviso’, ‘tenuto in comune’, così come i legami familiari), che sembrerebbe invece evocare riunioni gioiose o momenti d’intimità compartecipata. Ma soprattutto ha usato il suo stile in bilico tra libertà e tenacia.

Nato e cresciuto in Senegal, Alioune Diagne, da qualche anno vive tra la Francia e la sua patria. Ed è proprio nel Paese di Molière che Diagne ha elaborato un modo di dipingere peculiare. Prima di tutto sceglie una scena (di cronaca o fotografata da lui stesso durante la vita quotidiana) e poi, dopo aver fatto degli schizzi ed aver abbozzato sulla tela il disegno, applica migliaia di minuscoli “segni inconsci”. Cioè simboli grafici di fantasia quasi sempre diversi tra loro, che da lontano diventano masse di colore omogenee con tanto di sfumature e chiaro-scuri. Per qualche ragione il risultato ricorda il Divisionismo manipolato geneticamente con le fantasie dei tessuti africani. E poi, nei dipinti di Diagne, gli spazi lasciati bianchi sulla tela tendono a liberarsi tutti insieme, quando l’osservatore raggiunge una certa distanza dall’immagine. L’effetto ottico è simile a quello di un velo candido o di una vernice in aggetto rispetto alle zone colorate, o ancora di una nebbia che sta prendendo possesso della scena proprio in quel momento, colta mentre è in procinto di erodere i confini delle immagini. I colori, infine, cambiano da un lavoro all’altro e a Venezia richiamano i toni vivi del Rinascimento e dell’antica pittura italiana, mentre le masse di corpi in movimento non possono non far volgere per un momento il pensiero a Delacroix. Il resto è talento e contemporaneità in cui l’artista spera di imprimere un segno.

In un’intervista rilasciata in Francia, a proposito della sua partecipazione alla Biennale ha detto: “Provo orgoglio. Vivevo in un villaggio molto remoto del Senegal. Non avevo mai messo piede in una galleria, né in un museo, prima dei 25 anni, né avevo incontrato nessuno che si definisse pittore o designer. Nel mio angolo, fin da piccolo, disegnavo. Ho combattuto da solo senza sapere cosa stavo facendo. Oggi rappresenterò il Senegal alla Biennale di Venezia. Questo è un viaggio per me! Faccio fatica a trovare le parole... È immenso, un grande onore, un motivo di orgoglio. E poi rappresento il Senegal, che partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia. Per me è anche un modo per aprire le porte ai giovani artisti senegalesi affinché anche loro possano avere la possibilità di partecipare a questi grandi eventi. Lo Stato senegalese deve inserire questo evento nella sua agenda culturale”.

Bokk – Bounds”, il Padiglione Senegal di Alioune Diagne per la Biennale di Venezia 2024, è piccolo ma trasmette una sensazione di entusiasmo e merita di sicuro una visita. I tempi sono gli stessi della mostra principale e delle altre partecipazioni nazionali: fino al 24 novembre 2024.

Pavilion of SENEGAL "Bokk - Bounds" 60th International Art Exhibition - La Biennale di Venezia Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

un particolare dell’enorme dipinto fatto di “segni inconsci” di Alioune Diagne Photo: © artbooms.com

Pavilion of SENEGAL "Bokk - Bounds" 60th International Art Exhibition - La Biennale di Venezia Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of SENEGAL "Bokk - Bounds" 60th International Art Exhibition - La Biennale di Venezia Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of SENEGAL "Bokk - Bounds" 60th International Art Exhibition - La Biennale di Venezia Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of SENEGAL "Bokk - Bounds" 60th International Art Exhibition - La Biennale di Venezia Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

L'allegra malinconia dei mosaici di galloni gialli di Serge Attukwei Clottey sospesi sulla laguna di Venezia per la Biennale d'Architettura

Serge Attukwei Clottey, Time and Chance 18. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia, The laboratory of the Future Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Inserito nella sezione "Dangerous liaisons" della Biennale d'Architettura di Venezia 2023, l'artista di Accra Serge Attukwei Clottey, ha presentato uno dei suoi mosaici di taniche di plastica gialla (i galloni Kufuor). L’opera si intitola "Time and Chance" ed è stata sospesa alle Gaggiandre (Arsenale), direttamente sull’acqua della laguna. consentendole di riflettersi nelle onde. La scultura allude ai problemi di approviggionamento idrico dei popoli africani ma anche alla circolarità della Storia ed alla coesione delle comunità ghanesi.

Viste da lontano le opere di Serge Attukwei Clottey sembrano sontuose, ricordano ad un tempo i mosaici bizantini, gli strascichi di antiche regine o gli abiti di arcani cavalieri. Possono dare persino l’impressione di incorporare pagine scritte in uno stratificarsi di segni ricco di storia. Ma si tratta di un’illusione. Serge Attukwei Clottey, infatti, ultilizza soltanto vecchie taniche di plastica gialla, tagliate, forate e legate insieme con fili di rame e altri elementi di recupero. Anche se questo non impedisce, comunque, al materiale di raccontare vicende umane e narrare la sua ormai pluridecennale storia.

Chiamati galloni Kufuor (dal nome di un ex-presidente ghanese, sotto il cui mandato il paese africano conobbe una severa crisi idrica), o più semplicemente galloni (di qui, Attukwei Clottey. ha ricavato il nome di “Afrogallonism” per descrivere la sua pratica artistica), questi contenitori, di litri ne raccolgono ben 10 e sono diffusissimi nel Ghana ma anche in altre parti dell’Africa. Usati originariamente per trasportare olio, sono giunti lì da Occidente. La gente da allora li usa per recuperarare acqua qua e là, quando i rubinetti smettono di funzionare (pare che accada spessissiamo), e poi li abbandona in giro, certa che di lì a pochi giorni ritorneranno nuovamente utili. Ma a volte, tanti e talmente malmessi sono, finiscono nei fiumi e poi negli oceani, contribuendo all’inquinamento.

Serge Attukwei Clottey, sulla loro storia, ha costruito una serie di sculture, dalle dimensoni monumentali e dai risvolti epici. Non sempre, certo, ma nel tempo ne ha create di grandissime, le ha appese ad un’alta formazione rocciosa nel deserto dell’Arabia Saudita, gli ha dato forme architettoniche nella valle di Coachella in California, oltre ad averle usate per lastricare le strade di un’ampia zona di Accra. Spesso ha pagato per i galloni, coinvolgendo intere comunità nella sua opera, mettendone in luce la resilienza ma anche l’allegra malinconia. Le dinamiche che regolano la società africana, infatti, sono uno degli argomenti al centro della sua pratica.

Non più, naturalmente, dei problemi nell’approvvigionamento idrico, dell’ecologia, del rapporto tra Africa e Occidente e dell’urbanistica di città come Accra.

Curata dall’architetto ghanese-scozzese, Lesley Lokko, la 18esima Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, ha un focus particolare sull’Africa.  Con 89 partecipanti (di cui oltre la metà provenienti dall’Africa o dalla diaspora africana), "The Laboratory of the Future", si divide in sei parti. Una delle quali è appunto "Dangerous liaisons", in cui sono raccolti i progetti speciali della curatrice.

Serge Attukwei Clottey, con il suo stile semplice ma dall’estetica ricercata, capace di parlare allo stesso tempo di una serie di argomenti importanti per definire l’Africa contemporanea, in questo capitolo della Biennale stà benissimo. E oltre alla grande installazione a pelo d’acqua delle Gaggiandre, ha anche collocato uno dei suoi mosaici all’interno dell’Arsenale. Le opere si potranno visitare per tutta la durata della Biennale d’Architettura (fino a domenica 26 novembre 2023).

Serge Attukwei Clottey, Time and Chance 18. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia, The laboratory of the Future Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Serge Attukwei Clottey, Time and Chance 18. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia, The laboratory of the Future Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Serge Attukwei Clottey, Time and Chance 18. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia, The laboratory of the Future Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Serge Attukwei Clottey, Time and Chance 18. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia, The laboratory of the Future Photo by: Andrea Avezzù Courtesy: La Biennale di Venezia

Le straordinarie installazioni di Dineo Seshee Bopape al Pirelli Hangar Bicocca che parla con l'acqua e intesse la terra

Dineo Seshee Bopape “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

L’artista sudafricana, Dineo Seshee Bopape, parla d’Africa, colonialismo, memoria, identità e spiritualità ma lo fa con un vocabolario talmente semplice ed evocativo da risultare spiazzante. Come quando costruisce una sorta di memoriale alle vittime del del movimento Panafricano ("Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting)") semplicemente stringendo nella mano chiusa a pugno delle manciate di fango (mischiato di volta in volta con cenere, piante, carbone). E poi mette in fila i calchi. O quando per alludere ai concetti di comunità, femminilità e cura, costruisce delle capanne ( per esempio “Mothabeng”). A volte arriva persino a raccontare pensieri decisamente complessi, come quelli connessi alla nazionalità o al senso di appartenenza, esponendo delle sezioni di terreno, che lavora fino a renderle simili ad arazzi o dipinti astratti (ad esempio “Mabu,mubu,mmu, sa_ _ke lerole, (sa lerole ke_ _)").

Dineo Seshee Bopape è atttualmente in mostra al Pirelli Hangar Bicocca di Milano. L’antologica, la prima italiana dell’artista nata a Polokwane e residente a Johannesburg, si intitola “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]” (è stata inaugurata la settimana scorsa).

Il titolo sottolinea la poesia dei suoi interventi. Ma scopre anche le carte di fronte al visitatore. Seshee Bopape, infatti, ha deciso di sfruttare la luce naturale per condurre chi osserva attraverso le opere posizionate nell’ex complesso industriale milanese. Si comincia con l’oscurità e poi si raggiungono le vetrate che cancellano l’atmosfera avvolgente e permettono di percepire gli interventi diversamente. In questo modo l’artista lega ancor più strettamente il suo lavoro alla Natura e lo rende malleabile allo scorrere del tempo ed alle condizioni metereologiche.

D’altra parte la frase “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]” vuole anche evocare un senso di rinascita o transizione. Perchè "Bopape incoraggia a ripensare il concetto stesso di opera d’arte-spiegano gli organizzatori della mostra- non più intesa in senso monumentale e museale, ma come tramite tra mondi materiali e immateriali, esperienze e tempi differenti."

L’artista coinvolge tutti i sensi. E passa dell’uso degli elementi più semplici (come terra e luce solare) a riprese video ma anche a canto e disegni a parete. L’aria è impregnata dall’odore del suolo e delle piante. A tratti luccicano cristalli o foglia d’oro nella semioscurità. L’insieme richiama alla mente panorami e luoghi. Come si trattasse di paesaggi (reali o dell’anima, nell’opera di Bopape, infatti, collettivo e personale, concreto e spirituale si fondono) meticolosamente decotruiti. Ma non per questo meno belli e capaci di trasmettere emozioni.

Tra le opere, un video a tre canali, “Lerato laka le a phela le a phela le a phela / my love is alive, is alive, is alive” (2022), girato dall’artista alle Isole Salomone, in Giamaica, e presso le rotte della tratta degli schiavi. Già presentano all’ Ocean Space a Venezia è stato coprodotto dal Pirelli Hangar Bicocca. Sugli schermi riprese marittime, fiori e frutti che si inabissano sembrano offerte votive, mentre le mani dell’artista si muovono nell’acqua. La voce di Bopape si fonde al rumore delle onde.

L’artista ha detto che l’acqua in quell’occasione continuava a “trasmetterle messaggi”. Ma non solo i luoghi anche i sogni le davano delle indicazioni. Finchè una notte non si svegliò piangendo. Durante il sogno aveva sentito una canzone, che ora fa parte della colonna sonora dell'opera. Il titolo " my love is alive, is alive, is alive" altro non è che una frase del testo.

All’interno di “Mothabeng” c’è una scultura sonora realizzata per il Pirelli Hangar Bicocca. E’ stata creata dalle registrazioni effettuate in una cava di marmo sugli Appennini toscani. “Grazie all’ambiente raccolto, i suoni prodotti dagli elementi naturali della montagna echeggiano e accompagnano in un metaforico viaggio nelle profondità della terra, e inducono a concepire modalità di connessione e comunicazione inedite con organismi ed entità non umane.”

La mostra “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]” di Dineo Seshee Bopape, è curata da Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli. E rimarrà al Pirelli Hangar Bicocca di Milano fino al 29 gennaio 2023. Per tutta la durata dell’esposizione si potrà visitare, semplicemente continuando il percorso fino allo spazio delle Navate, anche l’importante retrospettiva dedicata a Bruce Nauman.

Dineo Seshee Bopape lerato laka le a phela le a phela le a phela / My love is alive, is alive, is alive, 2022 (still) Installazione video a tre canali, suono, colore 17’ Courtesy l’artista Commissionato da TBA21–Academy e coprodotto da Pirelli HangarBicocca

Dineo Seshee Bopape Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting), 2018 (particolare) Terra, argilla, pigmenti, carbone, cenere, salvia, oro, suono Dimensioni varibili Courtesy l’artista e Sfeir-Semler Gallery, Beirut/Amburgo

Dineo Seshee Bopape “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape Mabu,mubu,mmu, sa_ _ke lerole, (sa lerole ke_ _), 2022 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting), 2017 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista, Sfeir-Semler Gallery, Beirut/Amburgo e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting), 2017 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista, Sfeir-Semler Gallery, Beirut/Amburgo e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape Mothabeng, 2022 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Commissionato e prodotto da Pirelli HangarBicocca Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape Mothabeng, 2022 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Commissionato e prodotto da Pirelli HangarBicocca Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape lerato laka le a phela le a phela le a phela / My love is alive, is alive, isalive, 2022 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Commissionato da TBA21–Academy e co-prodotto da Pirelli HangarBicocca Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape lerato laka le a phela le a phela le a phela / My love is alive, is alive, is alive, 2022 (still) Installazione video a tre canali, suono, colore 17’ Courtesy l’artista Commissionato da TBA21–Academy e coprodotto da Pirelli HangarBicocca

Dineo Seshee Bopape lerato laka le a phela le a phela le a phela / My love is alive, is alive, is alive, 2022 (still) Installazione video a tre canali, suono, colore 17’ Courtesy l’artista Commissionato da TBA21–Academy e coprodotto da Pirelli HangarBicocca

Dineo Seshee Bopape lerato laka le a phela le a phela le a phela / My love is alive, is alive, is alive, 2022 (still) Installazione video a tre canali, suono, colore 17’ Courtesy l’artista Commissionato da TBA21–Academy e coprodotto da Pirelli HangarBicocca

Dineo Seshee Bopape Ritratto Foto Dineo Seshee Bopape