"Allure of Matter": 26 Artisti Cinesi Contemporanei & il Fascino Discreto dei Materiali più Improbabili

Xu Bing, “1st Class” (2011), 500.000 sigarette di marca “1st Class”, adesivo spray e moquette.Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Xu Bing, “1st Class” (2011), 500.000 sigarette di marca “1st Class”, adesivo spray e moquette.Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Alcuni di loro hanno usato polvere da sparo, altri sigarette, Coca-Cola o capelli. Non c’è un materiale, anche il più improbabile, che non abbia trovato un artista cinese contemporaneo capace di padroneggiarlo fino al più alto livello di maestria.

La mostra The Allure of Matter: Material Art from China si sofferma proprio su questa caratteristica dell’arte cinese contemporanea, spingendo ad ipotizzare che sia l’importanza attribuita ai materiali utilizzati (anche i più umili) sia la capacità di farne opere monumentali, abbiano impresso una curvatura a tutto il panorama artistico internazionale.

Le opere introducono un quadro più ampio- dice il co-curatore Wu Hung- per comprendere l'arte contemporanea globale, che io chiamo 'Material Art' o caizhi yishu, in cui il materiale - piuttosto che l'immagine o lo stile - sia il veicolo fondamentale dell'espressione estetica, politica ed emotiva"

“The Allure of Matter” porta ad esempio 48 opere di 26 artisti cinesi diversi. Da Ai Weiwei (altro su di lui) a Cai Guo-Qiang (altro su di lui), da Peng Yu (altro su di lei) a Liu Wei (altro su di lui). I materiali che usano, spesso rubati alla quotidianità, stupiscono per come riescono a trasformarsi in qualcosa di diverso. E’ il caso delle 500mila sigarette di Xu Bing che si trasformano, come per magia, in un tappeto a forma di pelle di tigre. Dei capelli umani di Gu Wenda che si fanno edificio. O della carta Xuan di Zhu Jinshi che prende la forma di una maestosa e monumentale onda.

Gli artisti continuano a esplorare- spiega il sito della mostra- e sviluppare questa modalità creativa, con alcuni che hanno dedicato decenni della loro pratica a sperimentare un singolo materiale.”

La mostra si tiene allo Smart Museum e al Wrightwood 659 di Chicago (fino al 3 maggio). Poi si sposterà in altri musei degli Stati Uniti.

Zhu Jinshi, “Wave of Materials” (2007), carta Xuan, filo di cotone, bambù e pietre. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Zhu Jinshi, “Wave of Materials” (2007), carta Xuan, filo di cotone, bambù e pietre. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Xu Bing, “1st Class” (2011), 500.000 sigarette di marca “1st Class”, adesivo spray e moquette. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Xu Bing, “1st Class” (2011), 500.000 sigarette di marca “1st Class”, adesivo spray e moquette. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Ai Weiwei, “Tables at Right Angles” (1998), tavoli della dinastia Qing (1644–1911). Stockamp Tsai Collection, New York

Ai Weiwei, “Tables at Right Angles” (1998), tavoli della dinastia Qing (1644–1911). Stockamp Tsai Collection, New York

Ma Qiusha, “Wonderland: Black Square” (2016), cemento, calze di nylon, compensato, resina, ferro

Ma Qiusha, “Wonderland: Black Square” (2016), cemento, calze di nylon, compensato, resina, ferro

Liang Shaoji, “Chains: The Unbearable Lightness of Being” of Nature Series No.79 (2002–7), poliuretano, resina di pino, polvere di ferro, seta e bozzoli. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Liang Shaoji, “Chains: The Unbearable Lightness of Being” of Nature Series No.79 (2002–7), poliuretano, resina di pino, polvere di ferro, seta e bozzoli. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Liu Jianhua, “Black Flame” (2017), 8.000 pezzi in porcellana nera a forma di fiamma. Collection of the artist, courtesy of Pace Gallery. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Liu Jianhua, “Black Flame” (2017), 8.000 pezzi in porcellana nera a forma di fiamma. Collection of the artist, courtesy of Pace Gallery. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Gu Dexin, “Untitled” (1989), plastica fusa e accostata. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Gu Dexin, “Untitled” (1989), plastica fusa e accostata. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Shi Hui, “Float” (2000/2007/2013), rete metallica e pasta di carta xuan. Installation view at China Academy of Art, Hangzhou

Shi Hui, “Float” (2000/2007/2013), rete metallica e pasta di carta xuan. Installation view at China Academy of Art, Hangzhou

Gu Wenda, “United Nations: American Code” (2019), capelli umani e sintetici. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

Gu Wenda, “United Nations: American Code” (2019), capelli umani e sintetici. Installation view at the Los Angeles County Museum of Art, image © Museum Associates/LACMA

La 'Strada di Mattoni Gialli' di Serge Attukwei Clottey che da Accra porta a Milano

all images courtesy the artist and lorenzelli arte

all images courtesy the artist and lorenzelli arte

L’artista africano Serge Attukwei Clottey crea dei complessi tessuti unendo centinaia di tessere di vecchia plastica gialla con il filo di rame. Li espone un po’ in tutto il mondo (attualmente è in mostra nella galleria Lorenzelli Arte di Milano). Nel suo quartiere (Labadi) ad Accra in Ghana però si è spinto oltre e li stà usando per tappezzare le case e le strade della città. Che dall’alto sembrano lastricate d’oro.

Il mastodontico progetto l’ha chiamato 'Yellow Brick Road'. La strada di mattoni gialli del Mago di Oz. Cioè la sua strada verso casa. L’installazione permanente, oltre a portare un racconto personale, simboleggia le migrazioni del popolo africano e il loro desiderio di fare ritorno. Ma non è ne la prima ne l’unica opera d’arte pubblica in cui si è impegnato Serge Attukwei Clottey.

Tutto nasce dalle taniche di plastica che vennero usate per portare l'olio da cucina in Africa. Questi contenitori blu, bianchi ma più spesso gialli, diventarono strumenti preziosi in Ghana durante un periodo di grave siccità. Ogni famiglia se ne procurava più che poteva per portare l’acqua a casa. Tanto da meritarsi il soprannome di “galloni Kufuor” (presidente del Ghana in quegli anni). Al ritorno della normalità quelle stesse brocche colorate e malconce sono state abbandonate dappertutto: nelle discariche improvvisate sulle spiagge, nelle strade delle città. Ovunque. Fino a intasare le fogne e far crescere l’inquinamento della zona in maniera intollerabile.

Serge Attukwei Clottey oltre 18 anni fa ha deciso di contribuire a risolvere il problema facendone delle opere d’arte. Li taglia in piccole tessere, li modella su una fiamma e poi li accosta e li cuce con del filo di rame.. Il risultato sono dei tessuti coloratissimi che richiamano le stoffe tradizionali africane. Per l’artista sono un modo per fondere la rappresentazione di storia ed economia del suo paese, all’emergenza ambientale.

Il Ghana è uno dei paesi più aridi- ha detto tempo fa- e deve affrontare alcune delle conseguenze più dannose per i cambiamenti climatici e la carenza idrica. Eppure il governo non fa nulla, quindi mi sono preso la responsabilità di educare attraverso l'arte

Ha persino fondato un movimento che si chiama appunto “Afrogallonism”. Viene da se che il supporto della comunità, cui i progetti d’arte pubblica contribuiscono, sia parte fondamentale dell’opera di Clottery. L’artista a questo scopo fa anche delle performance.

Abbiamo un modo molto interessante di lavorare-spiega- specialmente quando andiamo alla discarica, ci vestiamo come donne e questo è il motivo per cui tante donne raccolgono i galloni per me"

La “Yellow Brick Road” di Accra è un progetto in divenire cui l’artista aggiunge dei pezzi di mese in mese, di anno in anno. Che si può seguire sull’account instagram di Clottey. Per vedere dal vivo i tessuti di Serge Attukwei Clottey, invece, la scelta migliore è visitare la mostra “Sometime in your life” da Lorenzelli Arte a Milano, dove una serie di grandi opere realizzate per l’occasione danno l’idea d quanto il ghanese sia abile a comporre un mosaico vibrante di colori e segni con dei semplici rifiuti di plastica (fino al 31 dicembre 2019)

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258 Likes, 1 Comments - Dr. Attukwei Clottey 🇬🇭 (@afrogallonism) on Instagram: "#sergeattukweiclottey #labadi #afrogallonismteam"

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Nella serie fotografica 'Not Longer Life' le nature morte degli antichi maestri rappresentano frutta imballata in plastica

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Nella serie fotografica ‘Not Longer Life’, lo studio di architettura e design spagnolo Quatre Caps, ha reinterpretato un classico della rappresentazione pittorica: la natura morta. Gli autori hanno parzialmente ricalcato le composizioni di frutta di alcuni antichi maestri. Solo che nella versione contemporanea tutto ha spessi imballaggi in plastica.

Nelle immagini, angurie, fichi, uva ma anche pane, conserva di pomodoro, bottiglie di bibite e acqua minerale (al posto delle brocche del passato), emergono da chiaroscuri drammatici. Quatre Caps ha tratto ispirazione da Claude Monet, Michelangelo Merisi da Caravaggio e Juan Sánchez Cotán, ma pur mantenendo vivo l’assetto compositivo e non discostandosi più di tanto dal set dei dipinti, ha scelto di presentare ogni singolo alimento riprodotto nel suo packaging originale. Direttamente dal supermercato alla rappresentazione.

‘Not Longer Life’ è una riflessione sulla quantità di plastica che le aziende usano, per imballare, rendere appetibile ma anche facilitare il consumo di frutta e verdura. E’ il caso del succo di limone contenuto in una bottiglietta che riproduce l’agrume o delle arance già sbucciate e inscatolate. E’ poi sottolineata la varietà di packaging non biodegradabili e la loro sostanziale inutilità (le reti che proteggono angurie dalla buccia solida).

Questo progetto fotografico si basa sulla rilettura del genere pittorico della natura morta, ma richiama un po’ alla mente il lavoro della fotografa Suzanne Jongmans (che ha, invece, preso a soggetto il ritratto). (via Colossal)

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