Nel 1839 a Parigi nasce ufficialmente la Fotografia. Da quel momento in avanti la sua diffusione sarà rapida in tutto il vecchio e nuovo continente. E a contribuire in modo determiante a questo processo inarrestabile saranno i fotografi itineranti che con le loro pesanti macchine fotografiche si fermeranno anche nei più remoti villaggi, in pianura come in montagna, per scattare ritratti. Era il tempo dei dagherrotipi, sviluppati su lastra di rame, unici, e non riproducibili, da guardare da una determinata angolazione per cogliere l’immagine nella sua pienezza ma anche dotati di una nitidezza d’immagine e di una resa della realtà quasi tridimensionale.
E’ da quel periodo che prende le mosse la mostra “ Dal Vero Fotografia svizzera del XIX secolo” (curata da Martin Gasser e Sylvie Henguely), in corso al Museo d’arte della Svizzera italiana (MASI) di Lugano. L’esposizione, che raccoglie 400 fotografie provenienti da 60 collezioni pubbliche e private, è, infatti, un’indagine approfondita sulla fotografia nel paese d’oltralpe dalla sua comparsa fino all’ultimo decennio dell’800. Una cinquantina d’anni, imprevedibilmente ricchi di trasformazioni che le immagini documentano.
Considerati un’alternativa economica al ritratto pittorico, gli scatti fotografici, in poco tempo supporteranno l’industria turistica in espansione, contribuiranno a sviluppare un senso d’identià nella popolazione, congeleranno le scoperte scientifiche, la nascita di nuove infrastrutture e gli eventi storici.
“All’epoca, la gente non riusciva a capacitarsi che queste immagini erano vere e proprie riproduzioni della realtà e che l’artista non avesse modo di lustrarle o abbellirle a piacimento.” scriveva già nel 1865 la rivista di Berna “Illustrirter Volks-Novellist”. In poche parole le persone rimanevano spiazzate e spesso contrariate dall’impossibilità di alterare in qualche modo l’apparenza con la fotografia come si sarebbe fatto dipingendo. Ed è per questo che gli scambi tra foto e pittura nell’800 furono innumerevoli. Si coloravano e ornavano le stampe, si creavano degli sfondi (anche drettamente sul negativo) ma non solo: alcuni artisti producevano modelli fotografici per le proprie opere come promemoria o per evitare di dover realizzare schizzi dal vivo (è il caso per esempio del pittore e incisore svizzero Karl Stauffer-Bern).