L’artista di origine milanese, Edoardo Tresoldi, ha recentemente inaugurato l’installazione permanente “Monumento” in una location d’eccezione: uno dei palazzi che compongono le Procuratie Vecchie di Piazza San Marco a Venezia.
La location è stata oggetto di un importante intervento di restauro (eseguito dallo studio David Chipperfield Architects di Milano). In occasione della sua riapertura alla città e ai tanti turisti che affollano la laguna, le Procuratie Vecchie, hanno svelato anche l’opera di Tresoldi. Lamiera metallica, come al solito, ma anche altri materiali, sempre a servizio di una solidità abbozzata, quasi sognata, che si contende la scena con la trasparenza.
Il soggetto della scultura è una colonna. Un elemento dell’architettura classica che viene reinventato e da celebrativo si fa incerto persino bifronte. Tresoldi ama giocare con l’architettura del passato remoto, che a prima vista appare quasi come un’età dell’oro degli edifici, per poi svelare la sua vera natura. All’artista, infatti, interessano la solidità di quest’ultima (che può contrapporre alla leggerezza della sua scultora) e il simbolismo.
"La storia dei popoli- ha detto- è quella di un flusso ereditario di figure retoriche che si ripetono continuamente in cicli; ridefiniscono i propri significati e stabiliscono simbolismi che non solo abbiamo imparato a leggere ma che, generazione dopo generazione, abbiamo assorbito come una sorta di linguaggio latente dell'inconscio collettivo. Quando, quindi, un monumento viene spogliato del proprio simbolismo, ciò che resta è un canto lirico virtuoso e malinconico".
Insomma, Tresoldi prende l’architettura del passato la spoglia della sua arroganza pomposa e la restituisce alla sguardo attualizzata. Incerta ma anche sensibile. Al passo con i tempi. Non a caso “Monumento” (dove il titolo svela il fine dell’artista) ripensa ai concetti di forza e fragilità.
"Con Monumento- aggiunge- ho usato il linguaggio retorico delle colonne monumentali come riflessione sui nostri tempi e sulla retorica sottesa ai valori a cui aspira la nostra società; una società che conferma la necessità di ridefinire il concetto di forza, di riconsiderare il ruolo della fragilità e che pone l'ascolto e il dialogo al centro delle relazioni interculturali".