Ha aperto 'TeamLab Borderless' di Shanghai il Digital Art Museum più grande di sempre

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Il 5 novembre ha inaugurato a Shanghai il secondo museo dedicato interamente alla digital art del collettivo nipponico Teamlab. Si chiama TeamLab Borderless e misura quasi 22mila e 700 metri quadri. L’enorme spazio espositivo arriva dopo il TeamLab Borderless di Tokyo e prima di quello di Macao (gennaio 2020).

Le opere di TeamLab sono tra le più riprodotte. In grado d diventare virali non solo attraverso internet ma anche di attirare l’attenzione dei media tradizionali in tutte le loro possibili declinazioni. In Italia però, hanno lasciato un ricordo indelebile nel pubblico soprattutto per il visitatissimo Padiglione Giappone di Expo Milano 2015.

Non stupisce quindi che TeamLab Borderless di Shanghai sia un successo annunciato dopo il record raggiunto dal fratello maggiore del quartiere Odaiba di Tokyo. Che lo scorso anno con 2,3 milioni di spettatori è stato il museo di un singolo artista più visitato al mondo..

TeamLab Borderless di Shanghai racoglie 50 opere del gruppo multidisciplinare giapponese. Ci sono le grandi installazioni interattive come Forest of Resonating Lamps in cui diverse decine di lampade in vetro di murano sono sospese in una stanza con pareti a specchio. Ma anche nuovi lavori come Microcosmoses (una scultura di luci mobili interattive). Oltre alla sala da tè En Tea House, in cui si può sorseggiare una particolare varietà di tè verde coltivata nel sud del Giappone, vedendo nella propria tazza lo sbocciare di un fiore digitale,

Il TeamLab Borderless di Shanghai cerca di "esplorare una nuova relazione tra uomo e natura" attraverso la tecnologia digitale che non conosce confini. Non a caso le opere sono state ideate per muoversi anche al di fuori delle stanze in cui sono esposte, e interagire tra loro e con lo spettatore. Un installazione poi andrà oltre mostrando simultaneamente creazioni a Tokyo e a Shanghai.

Il TeamLab Borderless di Shanghai si trova nel distretto Huangpu. Il sito internet di Temlab. sempre aggiornato, permette comunque di seguire la digital art del collettivo nipponico anche online.

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I ritratti iperrealisti del pittore Leng Jun, tanto dettagliati da sembrare fotografie

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La precisione è tale che i dipinti iperrealisti dell’artista cinese Leng Jun sembrano fotografie. Non solo lo sguardo e la struttura dei volti ma anche i capelli, la grana della pelle, persino le fibre dei tessuti sono perfetti. E pensare che Leng Jun dipinge ad olio su tela, senza disegni preparatori, senza scorciatoie. A mano libera, con i modelli (anzi le modelle, visto che più spesso ritrae delle donne) immobili davanti a se.

Leng Jun è nato nel ‘63 e ha raggiunto la maggiore età quando il maoismo era ormai cosa del passato. Così Jun ha potuto studiare i maestri occidentali del passato, che cita in ogni dipinto realizzi. Le pose delle modelle ma anche l’espressione dei volti rimandano, infatti, a famose opere riportate dai libri di Storia dell’Arte. Solo che il pittore cinese ritrae delle ragazze orientali vestite con indumenti contemporanei. Anche se gli abiti sono indossati in maniera da alludere alle linee di quelli d’epoca.

La semplicità, quasi povertà, del vestiario, insieme alla maniacale riproduzione fotorealistica dei tessuti marcano la linea di confine tra le epoche e i continenti.

Le opere di Leng Jun sembrano, infine, influenzate anche dalle fotografie (di moda, dei magazine) che a loro volta hanno assorbito le memorie pittoriche, in un cerchio di citazioni più o meno consapevoli.

Per vedere il talentuoso artista cinese al lavoro ho inserito due video in cui dipinge davanti alla telecamera. Il primo è molto breve, per il secondo occorre più tempo e pazienza ma, almeno l’inizio, è utile per capire come affronta la tela bianca.

Leng Jun dipinge anche nature morte e paesaggi che vorrebbero riprendere il lavoro degli impressionisti. I ritratti, tuttavia sono le opere in cui da il meglio di se. Per vederne altri si può ricorrere al suo account Facebook.

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I cianotipi di Zhang Dalì, un erbario di poetiche testimonianze blù di Prussia del presente senza futuro

Zhang Dali, Rosa Invernale (50X50cm) Cyanotype on Canvas

Zhang Dali, Rosa Invernale (50X50cm) Cyanotype on Canvas

Malinconiche e sfuggenti, immensamente poetiche, le erbe di campo e i rami di bambù che sono al centro dell’ultima serie di cianotipi che l’artista cinese Zhang Dali (ne ho parlato qui) ha recentemente presentato alla galleria Fondantico di Bologna (fino all’11 febbraio 2019), sembrano sul punto di svanire. Come apparizioni.

E, in effetti, è proprio così. Umili simboli di un passato recente che la crescita forsennata della Cina ha cancellato e che l’urbanizzazione delle aree intorno alle città rischia di collocare nel libro dei ricordi.

A ovest del mio studio di Heiqiao- dice Zhang Dali- ci sono ancora campi abbandonati, dove crescono erbe dai nomi a me sconosciuti. (...) So che questo spazio è del tutto temporaneo, presto i bulldozer arriveranno a spianarlo, il nome di Heiqiao forse scomparirà dalla mappa e nessuno ricorderà la sua storia, così anche i ricordi legati a questo luogo se ne andranno per sempre.“

Dopo essersi imposto sulla scena internazionale come l’artista che ha portato la street-art in Cina, Zhang Dali, ha esplorato un ampio ventaglio di medium espressivi. Dalla fotografia alla pittura, dalla scultura all’uso di frasi. Fino alla cianotipia, appunto, che realizza secondo un metodo semplice e antico: due prodotti chimici vengono miscelati per produrre un'emulsione sensibile alla luce che viene applicata con un pennello su un panno di cotone. Poi appoggia sulla tela degli oggetti .

Continuerò a esplorare questa tecnica non-digitale-prosegue l’artista- come un mezzo per interagire e documentare l’ambiente temporaneo che mi circonda qui a Pechino.

Secondo Zhang Dali viviamo in un epoca caratterizzata da una proliferazione delle immagini. Vediamo più cose di quante la nostra mente ne possa elaborare e il nostro sguardo registrare. Tuttavia le immagini sono spesso imprecise, scelte con malizia per essere smaccatamente parziali e, quel che è peggio, manipolate fino a diventare altro dalla realtà. La cianotipia, invece, è una tecnica antica e come tale ingenua e sincera. Capace di consegnarci una memoria, magari meno dettagliata, ma che ricalca la verità. Per questo la usa spesso.

Ed è proprio nella cianotipia che Zhang Dali rende evidente la natura nostalgica, profondamente poetica e quasi circolare del suo lavoro. Dove contestazione socio-politica e presente si fondono nel rimpianto per il passato e nello smarrimento angosciato per la transitorietà della vita umana.

Alla galleria Fondantico di Bologna sono esposte in tutto una trentina di opere di Zhang Dali. Otre alla nuova serie di cianotipi anche sculture e tele della serie AK-47.

Zhang Dali, Erbe Selvatiche (70X50cm) Cyanotype on Canvas 2018

Zhang Dali, Erbe Selvatiche (70X50cm) Cyanotype on Canvas 2018

Zhang Dali, Bambù (50X50cm) Cyanotype on Cotton 2018

Zhang Dali, Bambù (50X50cm) Cyanotype on Cotton 2018

Zhang Dali, Bambù (70X50cm) Cyanotype on Canvas 2018

Zhang Dali, Bambù (70X50cm) Cyanotype on Canvas 2018

Zhang Dali, Erbe Selvatiche (50X40cm) Cyanotype on Cotton 2018

Zhang Dali, Erbe Selvatiche (50X40cm) Cyanotype on Cotton 2018

Zhang Dali, Bambù (56X45cm) Cyanotype on Cotton 2018

Zhang Dali, Bambù (56X45cm) Cyanotype on Cotton 2018

Zhang Dali, Bambù (80X40cm) Cyanotype on Canvas 2018

Zhang Dali, Bambù (80X40cm) Cyanotype on Canvas 2018

Zhang Dali, olio su tela, serie AK-47

Zhang Dali, olio su tela, serie AK-47

Zhang Dali, scultura, serie 100 Chinese

Zhang Dali, scultura, serie 100 Chinese

Zhang Dali nel suo studio di Pechino

Zhang Dali nel suo studio di Pechino