“Number 360”, la nuova installazione dell’artista statunitense Leonardo Drew per la Cappella dello Yorkshire Sculpture Park, fatta di frammenti di compensato bruciato a momenti ricoperto di vernice, somiglia ad un’esplosione devastante congelata nel tempo ma anche a un albero rigoglioso. Ed in effetti, i concetti che ricorrono nell’opera di Drew, si adattano bene a tutt’e due.
Nato a Tallahassee (Florida) nel 1961 ma cresciuto in un quartiere degradato di Bridgeport in Connecticut, Leonardo Drew, dal suo appartamento vedeva una discarica. Ogni finestra, qualsiasi punto di vista verso l’esterno, dell’appartamento del giovane Drew, era occupato dai rifiuti. Così lui cominciò la sua carriera artistica utilizzando degli oggetti buttati. Gli piaceva l’idea di restituirgli una nuova vita ma anche il fatto che evocassero un ciclo di vita e morte ineludibile. Aveva scoperto il fascino dei materiali e fatto emergere il “memento mori” nascosto nell’immondizia.
Da allora gli oggetti trovati non li usa più, ma ama monipolare i materiali per conferirgli un’aria vissuta. Ossida o brucia quello che gli capita sotto mano, dai pezzi di metallo alle assi di compensato, per passare poi alla composizione e realizzazione della scultura vera e propria. Dice che non vuole che i materiali abbiano una storia pregressa. Anche se spesso ne ha usati di simbolicamente carichi, come corda, cotone, stracci e ruggine.
Drew è afroamericano e i riferimenti alla schiavitù in alcune sue opere sembrano espliciti, così come al passato industriale degli Stati Uniti, o al degrado brutale dei sobborghi americani (spesso abitati da persone di colore). In realtà, l’artista definisce le sue opere solamente astratte, per lo stesso motivo per cui usa dei numeri per intitolare ogni lavoro: vuole lasciare allo spettatore lo spazio per partecipare attivamente all’opera, proiettando la sua sensibilità e la sua esperienza personale su di essa. In questo modo, crea degli ambienti in cui memorie e aspirazioni diverse si fondono e modificano continuamente le installazioni.
Naturalemente le sculture di Drew dialogano anche con l’ambiente in cui sono poste. “Number 360”, ad esempio, si estende in verticale per occupare gli oltre 5 metri d’altezza della cappella settecentesca. E rompe il silenzio dell’architettura aggraziata, con un’esplorisone formale e cromatica. Il nero vissuto dei frammenti che compongono l’opera, infatti, che ogni tanto si illumina di un colore opaco in cui convivono vernice e sabbia, si scontra con il bianco delle pareti, sfida il verde della vegetazione dietro le finestre.
La forma e il colore dell’opera, a prima vista, non possono che far pensare al fragore di un’esplosione, ma volendo ben vedere, il volteggiare, tutto sommato, disinvolto dei frammenti, evoca una melodia. Non a caso Drew è un’appassionato di musica, che ascolta sempre mentre lavoro. Così come di cinema (nel suo studio ha diversi schermi che proiettano film continuamente). In un’intervista, ha dichiarato di avere una vasta collezione, che va da Kurosawa a Bresson, da Tarkovsky a Kubrick, e di amare persino John Ford per i suoi panorami e paesaggi. "(...)Guardando il mio corpus di lavori, vedrai composizioni di jazz, musica classica e cinema".
Drew ha l’abitudine di riutilizzare il materiale che aveva composto installazioni precendeti. Anche il compensato di “Number 360” non è alla sua prima esperienza (proviene da "Number 341", presentata all'edizione 2022 della fiera svizzera Art Basel). Secondo l’artista, è un modo per permettergli di evolversi.