La zona di Esclusione di Chernobyl nelle foto proibite di Darmon Richter

Una volpe addomesticata seduta davanti al cartello che indica la strada per Pripyat dalla centrale nucleare di Chernobyl. Tutte le immagini © Darmon Richter / FUEL Publishing

Una volpe addomesticata seduta davanti al cartello che indica la strada per Pripyat dalla centrale nucleare di Chernobyl. Tutte le immagini © Darmon Richter / FUEL Publishing

La Zona di Esclusione (o di Alienazione) di Chernobyl, quella ciambella di terreno nelle immediate vicinanze della centrale nucleare dove si è consumata una delle più grandi tragedie della seconda metà del XX secolo, un tempo parte dell’Unione Sovietica oggi compresa tra Russia, Ucraina e Bielorussia, ce la immaginiamo come un luogo inacessibile. Ed è vero che entrare liberamente è impossibile ma dopo accordi con le autorità si possono percorrere degli itinerari in questa zona desolata.

Ed è proprio quello che ha fatto il fotografo e scrittore britannico Darmon Richter. Spingendosi sempre più lontano e a volte trasgredendo la rotta prestabilita. Ci ha messo sette anni e venti tour nella Zona di Esclusione di Chernobyl, ma alla fine l’ha esplorata tutta. Tanto da pubblicare un libro che la racconta con fotografie scattate in aree inedite e testimonianze di persone che rievocano quel successe nell’aprile del 1986.

Il libro si intitola Chernobyl: A Stalkers 'Guide e racconta in modo approfondito come la Storia non sia mai trascorsa in mezzo a quei boschi, tra villaggi rasi al suolo e depositi di mezzi contaminati. Richter si sofferma soprattutto sui murali propagandistici e su particolari che evocano una quotidianità spezzata. Tuttavia, le immagini non sono tristi, ironiche, inquietanti ma anche soffuse di una sorta di stoica allegria, come se la vita anche là finisse per vincere comunque.

Chernobyl: A Stalkers 'Guide di Darmon Richter è edito dalla casa editrice FUEL (sul cui sito i libri sono anche in vendita). Per vedere altre immagini della Zona di Esclusionne di Chernobyl, ma anche di case infestate, architettura brutalista e luoghi sparsi per tutto il mondo, si può consultare l’account instagram del fotografo o il suo blog. (via Hyperallergic, Colossal)

Control Room 4, la stanza in cui ha avuto origine il disastro del 1986. Ora rimoossi molti dei suoi accessori e pulita, è stato dichiarata sicura per i visitato. Dall'autunno 2019, le autorità della centrale l'hanno inclusa nei tour ufficiali.

Control Room 4, la stanza in cui ha avuto origine il disastro del 1986. Ora rimoossi molti dei suoi accessori e pulita, è stato dichiarata sicura per i visitato. Dall'autunno 2019, le autorità della centrale l'hanno inclusa nei tour ufficiali.

Sala di controllo 3. Questa sala e il relativo Reactor 3 sono rimasti in uso fino al 1995 quando sono stati messi fuori servizio a seguito di un accordo con l'UE. Ora, insieme ai reattori 1 e 2, sta subendo un processo di disattivazione.

Sala di controllo 3. Questa sala e il relativo Reactor 3 sono rimasti in uso fino al 1995 quando sono stati messi fuori servizio a seguito di un accordo con l'UE. Ora, insieme ai reattori 1 e 2, sta subendo un processo di disattivazione.

Ufficio postale, Pripyat. Il murale illustra. elogiando il Paese, l'evoluzione della comunicazione, dalle tavolette di pietra e dai rotoli, ai treni postali per culminare con l'esplorazione sovietica dello Spazio.

Ufficio postale, Pripyat. Il murale illustra. elogiando il Paese, l'evoluzione della comunicazione, dalle tavolette di pietra e dai rotoli, ai treni postali per culminare con l'esplorazione sovietica dello Spazio.

Murale su un edificio residenziale, Heroes of Stalingrad Street, Pripyat. Questo murale realista socialista raffigura cittadini virtuosi (un contadino, un vigile del fuoco, un ufficiale di polizia e un giovane pioniere) sotto un radioso stemma sovie…

Murale su un edificio residenziale, Heroes of Stalingrad Street, Pripyat. Questo murale realista socialista raffigura cittadini virtuosi (un contadino, un vigile del fuoco, un ufficiale di polizia e un giovane pioniere) sotto un radioso stemma sovietico.

Asilo N ° 7 "Zolotoy Klyuchik" ("Chiave d'oro"), Pripyat. I manufatti scartati vengono organizzati in improbabili diorami dai visitatori.

Asilo N ° 7 "Zolotoy Klyuchik" ("Chiave d'oro"), Pripyat. I manufatti scartati vengono organizzati in improbabili diorami dai visitatori.

Filobus abbandonato, Kopachi, zona di esclusione di Chernobyl. Questo villaggio altamente contaminato è stato demolito dopo il disastro. Nell'aprile 2020 questo veicolo è stato gravemente danneggiato da incendi boschivi.

Filobus abbandonato, Kopachi, zona di esclusione di Chernobyl. Questo villaggio altamente contaminato è stato demolito dopo il disastro. Nell'aprile 2020 questo veicolo è stato gravemente danneggiato da incendi boschivi.

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"Custodians for COVID": Joanna Vestey congela la bellezza desolata dei teatri di Londra chiusi per il COVID

Brian Wren, Building Manager, Hackney Empire. London, June 2020 © Joanna Vestey

Brian Wren, Building Manager, Hackney Empire. London, June 2020 © Joanna Vestey

A un primo sguardo sembrano spazi vuoti, poi ci si accorge che in un angolo dell’immagine si nasconde una persona. “Custodians for Covid” dell’artista britannica Joanna Vestey è una serie di fotografie dedicata ai lavoratori dello spettacolo e ai teatri londinesi. Che sembrano sospesi in attesa che qualcuno dica di nuovo “Su il sipario!”

Joanna Vestey abita ad Oxford e iil suo legame con l’architettura intesa come testimonianza storica in continuo divenire, immutabile eppure mutevole, l’aveva già dimostrato con la serie “Custodians”, esposta a Palazzo Mora in occasione della Biennale d’Arte di Venezia 2017. Anche in questo caso comparivano antichi edifici vuoti, non fosse per un singolo impiegato della struttura, capace di volta in volta di traghettare gli spazi verso una nuova micro-era.

E questo contrasto tra l’immortalità dei palazzi e la transitorietà delle persone che vi lavorano, tra sacralità dell’architettura e apparente vacuità delle attività umane, ritorna in “Custodians for Covid”. Dove però ogni concessione al ritratto cessa, insieme alle sfumature di languore nell’attesa e di autocompiacimento. Le persone si fanno piccole piccole, l’architettura invade la scena e nonostante la decorazioni a tratti appare cupa. La macchina fotografica cattura il soggetto con fermezza. E l’atmosfera di sospensione del tempo si fa opprimente.

Le arti dello spettacolo devono essere salvate adesso- ha scritto Joanna Vestay citando il regista Sam Mendes- Non la prossima settimana o il prossimo mese. Se muoiono un ecosistema così commplicato ed evoluto non potrà essere ricostruito da zero”.

La serie di fotografie che compone “Custodians for Covid” è in vendita sul sito di Joanna Vestay. Il ricavato sarà interamente devoluto ai teatri londinesi.

Charlie Jones, Building Services Manager, Royal Albert Hall. London, June 2020 © Joanna Vestey

Charlie Jones, Building Services Manager, Royal Albert Hall. London, June 2020 © Joanna Vestey

Ruairi McNulty, Technical Manager, Richmond Theatre. London, June 2020 © Joanna Vestey

Ruairi McNulty, Technical Manager, Richmond Theatre. London, June 2020 © Joanna Vestey

Graeme Bright, Building and Facilities Manager, Theatre Royal Stratford East. London, June 2020 © Joanna Vestey

Graeme Bright, Building and Facilities Manager, Theatre Royal Stratford East. London, June 2020 © Joanna Vestey

Robert Smael, Bar & Kitchen Manager, (Caretaker of the Building), The Royal Court Theatre. London, June 2020 © Joanna Vestey

Robert Smael, Bar & Kitchen Manager, (Caretaker of the Building), The Royal Court Theatre. London, June 2020 © Joanna Vestey

Deborah McGhee, Head of Building Operations, The Globe. London, June 2020 © Joanna Vestey

Deborah McGhee, Head of Building Operations, The Globe. London, June 2020 © Joanna Vestey

Gerhard Maritz, Keyholder, Bush Theatre. London, June 2020 © Joanna Vestey

Gerhard Maritz, Keyholder, Bush Theatre. London, June 2020 © Joanna Vestey

La "Stragedia" di Ustica nelle splendide immagini di Nino Migliori. A Bologna nella ex-chiesa di San Mattia

All images: Nino Migliori, Stragedia, 2007-2020 © Fondazione Nino Migliori

All images: Nino Migliori, Stragedia, 2007-2020 © Fondazione Nino Migliori

In mostra a Bologna ( “Nino Migliori: Stragedia”) la serie di immagini che Nino Migliori ha realizzato fotografando uno per uno i frammenti dell’aereo Douglas DC-9 della compagnia Itavia, precipitato in mare il 27 giugno 1980 all’altezza di Ustica, durante il volo di linea IH 870 da Bologna a Palermo. Le immagini sono state scattate di notte, a lume di candela. E adesso l’artista le ha rielaborate in un’opera audio-video inedita.

La mostra “Nino Migliori: Stragedia” a dispetto del nome vagamente leggero, poetico certo, ma quasi venato d’ironia (che però è un neologismo coniato dallo stesso migliori che mette insieme le parole tragedia e strage), è tutt’altro che un esposizione disinvolta. Organizzata alla Ex-Chiesa di San Mattia di Bologna (promossa da Comune di Bologna, Istituzione Bologna Musei | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Museo per la Memoria di Ustica, Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica, in collaborazione con Fondazione Nino Migliori, MiBACT – Direzione Regionale Musei Emilia Romagna, Cronopios e con il sostegno di Fondazione MAST), per il quarantesimo anniversatio della strage di Ustica, sembra, in realtà, carica di misticismo e attraversata da una certa dignitosa commozione.

Ideato da Nino Migliori (con Aurelio Zarrelli, Elide Blind, Simone Tacconelli) e curato da Lorenzo Balbi, il progetto vuole innanzitutto suscitare emozione per il contrasto tra la fastose decorazione dell’edificio cinquecentesco e le immagini quasi astratte e rigorosamente in bianco nero che passano sui monitor. Ben 7, di grandi dimensioni, posizionati ad altezze e angolazioni diverse, in modo da avvolgere lo spettatore. Sugli schermi “viene proiettata una narrazione audio-visiva che rielabora 81 immagini, tante quante sono state le vite scomparse”.

Ma la base sono le splendide fotografie che Migliori ha realizzato, nel 2007, quando i resti del DC-9 erano in un deposito di Bologna in attesa di essere ricomposti ed entrare a far parte della collezione del Museo per la Memoria di Ustica. Migliori li ha fotografati per quattro notti di seguito. orientando la luce della candela (che era l’unica forma di illuminazione usata dall’artista) in modo diverso a seconda del soggetto.

Quando nel 2007 seppi che si stava allestendo un Museo per la Memoria di Ustica- ha detto- sentii la necessità di fare un omaggio alle 81 vittime di quella stragedia. Poiché fin dall’antichità la luce e la fiamma che la produce, oltre che illuminare, hanno anche un significato di protezione, decisi di realizzare a lume di candela 81 fotografie di frammenti dell’aereo come fossero ceri votivi vibranti contro le tenebre in senso lato”.

I resti del DC-9 ne vengono fuori come forme astratte che a momenti svelano la loro identità e altri si rifugiano in un chiaroscuro che li sublima e li nasconde. Luminosi come gielli, informi e cupi come il mistero della tragedia, sembrano galleggiare nel vuoto e mostrano con compostezza frammenti del trauma, del dolore e dell’infinita tristezza, di cui sono muti testimoni.

Amico di Vedova, Veronesi, Tancredi e Munari, Nino Migliori, ha frequentato il salotto di Peggy Guggenheim a Venezia. Grande sperimentatore. Le sue fotografie sono conservate in molti importanti musei tra cui MoMa di New York, The Metropolitan Museum of Art di New York, Maison Européenne de la Photographie di Parigi.

La mostra “Nino Migliori: Stragedia” si è inaugurata sabato scorso in occasione dell’anniversario della strage di Ustica (27 giugno 2020) e rimarrà alla Ex-Chiesa di San Mattia di Bologna (via Sant’Isaia 14/a) fino al 7 febbraio 2021. Per vedere altre serie di fotografie realizzate da Nino Migliori nella sua lunga carriera consultare il sito della Fondazione Nino Migliori.

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Nino Migliori

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