Impossibile non rimanere stupiti e ammirati di fronte a "Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce (Andrea Emo)", l’ultimo capolavoro dell’artista tedesco Anselm Kiefer. La grande e complessa installazione pittorica che in questi mesi riempie completamente le pareti della Sala dello Scrutinio di Palazzo Ducale (dopo aver lasciato un’importante traccia di se anche nella Sala della Quarantia Civil Nova), rappresenta, forse, la più importante tra le decine di mostre organizzate in giro per Venezia in occasione della 59esima Biennale d’Arte.
La mostra che avrebbe dovuto concludersi a fine mese è stata prorogata visto il successo.
Già la sede prepara il visitatore alla magnificienza di ciò che vedrà: "Capolavoro dell’arte gotica, il Palazzo Ducale di Venezia-spiega il sito ufficiale- si struttura in una grandiosa stratificazione di elementi costruttivi e ornamentali: dalle antiche fondazioni all’assetto tre-quattrocentesco dell’insieme, ai cospicui inserti rinascimentali, ai fastosi segni manieristici". E per arrivare alle opere di Kiefer il visitatore deve seguire il percorso, sala dopo sala, tra preziose armature, affreschi e dipinti. Fino appunto, alla Sala dello Scrutinio, che affaccia su Piazza San Marco ed è quella in cui si eleggeva il Doge.
Viene da se che sia la più ricca di decorazioni. Uno spazio magico ma difficile per un artista. Kiefer lo ha affrontato in modo diretto ma con diplomaiza. Facendo in modo che la sua opera dialogasse con gli elementi pittorici (ben 33 tele sul soffitto) e decorativi preesistenti (l’oro degli intarsi in legno e i colori degli affreschi, ad esempio, si ritrovano ai margini dei grandi dipinti contemporanei), senza perdere però, mai, la sua personalità.
Entrando, infatti, si scopre che le altissime e vaste pareti della sala sono state sostituite dalle tele dell’artista tedesco. Interamente (dal pavimento sl soffitto), senza dimenticare nemmeno un lembo di parete, compresi gli spazi sopra le finestre. L’installazione è talmente vasta da far apparire lo spettatore piccolo-piccolo. Anche se lo avvolge.
La pittura è quella di Kiefer: strati di colore tridimensionali, materici, oggetti prelevati tali e quali ed inseriti nella composizione. Pennellate vigorose. Mentre il soggetto, che a un primo sguardo rasenta l’astrazione, si scopre ricchissimo di particolari, talvolta minuti. I dipinti, intessuti di riferimenti storici, filosofici e letterari, sono resi unformi da una tavolozza sapientemente modulata.
Per creare quest’opera monumentale l’artista orginario di Donaueschingen (nel circondario della Foresta-Nera Baar) è partito dagli scritti del filosofo veneto Andrea Emo (da cui prende il titolo la mostra) e al testo dell'opera tragica di Goethe, Faust: Seconda parte. Ma le fonti di ispirazione sono molte di più.
Come scrive in una lettera indirizzata alla direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, Gabriella Belli, lo stesso Kiefer :“Vedrai il nuovo spazio da me creato è una sovrapposizione di tutte le possibili idee, filosofie provenienti dal Nord, dal Sud, dall’Oriente e dall’Occidente”
L’ opera, infatti, composta da diverse enormi tele, è stata commissionata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE) per celebrare i 1600 anni della città lagunare. E prima di tutto è una riflessione su Venezia, la sua storia e la sua dimensione simbolica, atemporale.
"Non riprodurrò la storia di Venezia- dice ancora Kiefer- i costanti alti e bassi, cronologicamente, bensì come simultaneità, la simultaneità di un qualcosa e del nulla".
Gli elementi che suggeriscono la Storia della Serenissima sono però al centro di ogni dipinto: " C’è il quadro con i continenti- spiega— questa è l’era geologica, vedi la teoria delladeriva dei continenti di Alfred Wegener. E poi c’è il quadro con le uniformi: l’era storica, la potenza della Serenissima sulla terraferma, e anche il quadro con i sommergibili: la potenza di Venezia sul mare. Con cui affermo che i veneziani già avevano i sommergibili. Il quadro con la bara, contenente il corpo di san Marco, si riferisce all’era umana. Nella bara c’è un sacchettino con le reliquie. E allora ci vengono in mente le reliquie più significative, ad esempio i chiodi della croce a cui fu inchiodato Gesù Cristo".
"Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce (Andrea Emo)" è stata pensata per la Sala dello Scrutinio. Quest’ultima insieme a quella del Maggior Consiglio venne colpita da un incendio nel 1577 in cui andarono distrutti dipinti di Giovanni Bellini, Vivarini, Carpaccio, Tiziano, Tintoretto e Pordenone. Oggi ci sono le opere di Tintoretto, Vicentino e Palma il Giovane.
Con questi maestri e con quelli che li hanno preceduti si è confrontato l’artista tedesco