"Ruomors of war" a Time Square. Kehinde Wiley svela la sua prima scultura monumentale

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Ka-Man Tse per Times Square Arts.

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Ka-Man Tse per Times Square Arts.

L’artista statunitense Kehinde Wiley (di cui ho parlato spesso ad esempio qui e qui) conosciuto per aver dipinto il ritratto di Barack Obama per la National Portrait Gallery dello Smithsonian, ha realizzato la sua prima scultura monumentale. L’opera, alta oltre 8 metri, si intitola “Rumors of war” e rappresenta un giovane afroamericano in sella a un cavallo dal passo fiero.

La scultura in bronzo è stata collocata al centro di Times Square (Broadway Plaza tra la 46a e la 47a strada) a New York. Ma solo temporaneamente. Dal prossimo inverno, infatti, “Rumors of war” troverà stabilmente casa al Virginia Museum of Fine Arts che ne ha commissionato la realizzazione..

Ma fino ad allora il monumento rimarrà nel cuore pulsante della grande mela creando un contrasto tra i colori intensi delle insegne pubblicitarie digitali e il tono scuro del bronzo, tra il curvilineo guizzare delle forme della scultura e la linearità maestosa dei grattacieli. Tra presente e passato, insomma. Infatti, “Rumors of war”, ispirata alla statua equestre del generale JEB Stuart, cita esplicitamente (e polemicamente) i monumenti confederati. Solo che nella posa innaturale e celebrativa dell’ufficiale sudista a Time Square c’è un giovane afroamericano in jeans, felpa e scarpe da ginnastica.

Con questa scultura Kehinde Wiley da’ tridimensionalità al lavoro che da anni svolge come pittore, reinterpretando dipinti classici i cui protagonisti diventano uomini e donne di colore in abiti contemporanei.

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Ka-Man Tse per Times Square Arts.

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Ka-Man Tse per Times Square Arts.

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Ian Douglas per Times Square Arts.

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Ian Douglas per Times Square Arts.

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Walter Wlodarczyk per Times Square Arts.

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Walter Wlodarczyk per Times Square Arts.

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Ka-Man Tse per Times Square Arts.

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Ka-Man Tse per Times Square Arts.

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Ka-Man Tse per Times Square Arts.

Kehinde Wiley, Rumors of War, 2019. © 2019 Kehinde Wiley. Presentato da Times Square Arts in collaborazione con il Virginia Museum of Fine Art e Sean Kelly, New York. Fotografo: Ka-Man Tse per Times Square Arts.

Biennale di Venezia 2019| Con 'Microworld', Liu Wei crea una composizione scultorea di enormi molecole e giganteschi protoni per May you Live in Interesting Times

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

L’artista cinese Liu Wei per la Biennale di Venezia 2019, May you Live In Interesting Times, curata da Ralph Rugoff, ha creato una monumentale composizione scultorea che rievoca il Modernismo. Riproduce molecole, elementi, protoni e altre entità microscopiche, su larga scala. Tanto da far sentire l’osservatore un lillipuziano.

“Microworld” è stata realizzata partendo da semplici lastre di alluminio lucido (va ricordato che Liu Wei ha a libro paga un vasto numero di assistenti a cui delega il lavoro manuale) e isolata da lastre di vetro. In questo modo chi guarda l’opera è costretto a rimanere a distanza. L’illuminazione, forte e geometrica , poi, gioca un ruolo importante nel rispetto che il complesso scultoreo incute. Questo mondo micro, solitamente invisibile a occhio nudo, diventato macro, luccica, congelato e misterioso, come uno spicchio di cosmo, d’un tratto vicinissimo ma comunque irraggiungibile.

“Questo mondo solitamente invisibile a occhio nudo- spiega la guida di May you Live in Interesting Times- stimola la curiosità e l’immaginazione. Il ritratto soggettivo e romanzato che Liu Wei fa della sfera microscopica risulta seducente e drammatico, e le sue dimensioni fanno rimpicciolire lo spettatore, ricordandoci che l’invisibile fa parte dell’ordine di un universo dalla portata sconfinata.”

‘Microworld’ è stata esposta all’Arsenale. Ai Giardini, invece, è stata posizionata Devourment, un’installazione molto diversa, composta di objets trouvés, materiali naturali e creati dall’uomo (tra gli altri: un divano, un armadio, una scultura, libri). Per vedere entrambe queste opere di Liu Wei alla Biennale di Venezia 2109, c’è tempo fino 24 novembre.

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Liu Wei, Microworld, 2018; Aluminium plates.Photo by: Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia

Le incredibili sculture metalliche di Junko Mori forgiate a mano una spina dopo l’altra

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Talvolta grandi, altre minuscole e preziose, le sculture dell’artista giapponese Junko Mori sono fatte di metallo secondo un procedimento tanto semplice quanto incredibile visti i risultati che la Mori riesce a raggiungere. L’artista, infatti, lavora a mano ogni piccola parte di quella che diventerà la sua opera (spina a spina, foglia foglia, petalo a petalo) per poi ricomporre i pezzi come si trattasse di un puzzle tridimensionale.

Usa semplicemente attrezzi manuali come un martellino e una piccola fiamma ossidrica.

I soggetti di Junko Mori sono un inno all’hanami (l’arte giapponese di osservare i fiori e la natura in genere): bacelli di semi, fiori, piante grasse, persino composizioni ma anche coralli e anemoni marini. Riprodotti in maniera realistica ma al tempo stesso sublimati in un disegno che porta in luce la bellezza profonda di ogni cosa.

Nessuna delle mie opere è pianificata individualmente- spiega Junko Mori- ma diventa completamente formata all'interno del processo di creazione e riflessione. Ripetendo piccoli incidenti, come la mutazione delle cellule, l'accumulo finale di unità emerge nel processo di evoluzione. La bellezza incontrollabile [della natura] è il cuore del mio lavoro. "

L’artista usa diversi metalli per realizzare le sue sculture ma quelli che ricorrono più spesso sono acciaio e argento. Prima di affrontare la realizzazione vera e propria di un’opera ha l’abitudine di raccogliere e seccare fiori e foglie per poterli osservare più a lungo.

Originaria di Yokoama Junko Mori è rappresentata dalla galleria Adrian Sasson di Londra. Le sue opere sono conservate in diversi musei tra cui il British Museum, l’ Honolulu Museum of Art, e il Victoria and Albert Museum,

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