I fiori e le zucche inquietanti e giocosi di Yayoi Kusama (più una nuova "Infinity Mirror Room") sono in mostra a New York

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery. All photos © David Zwirner Gallery

Nata in Giappone nel ‘29, a 93 anni, Yayoi Kusama, non si ferma un attimo. E mentre i negozi di Louis Vuitton di tutto il mondo, continuano a celebrare la seconda collaborazione della casa di moda con la famosa artista, Kusama, è già impegnata in un’estesa mostra alla David Zwirner Gallery di New York. Si intitola: "I Spend Each Day Embracing Flowers" ed è la più grande esposizione mai realizzata da Kusama in una galleria commerciale (occupa tutti e tre i numeri civici in cui si divide l’ampia palazzina di Zwirner ed è completamente composta da opere nuove). Tuttavia non è il suo primo show di questi mesi, e precede di nemmeno 30 giorni l’importante retrospettiva "Yayoi Kusama: 1945 to Now", che, dal 6 giugno, le dedicherà il Guggenheim di Bilbao in Spagna.

Ad ogni modo, "I Spend Each Day Embracing Flowers", non sembra risentire della fitta agenda di Kusama, e mette in fila due gruppi di sculture monumentali, decine di dipinti e una nuova “Infinity Mirror Room” (a queste stanze immersive, tempo fa, aveva dedicato una mostra lo Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, che poi era stata portata in giro per tutti gli Stati Uniti tanto era l’interesse). L’artista, che dal ‘57 al ‘72 visse nella Grande Mela, ha anche condiviso con il pubblico della mostra di New York un messaggio: "I’ve Sung the Mind of Kusama Day by Day, a Song from the Heart./ O Youth of Today, Let Us Sing Together a Song from the Heart of the Universe!" (che in italiano si traaduce più o meno così: "Ho Cantato la Mente di Kusama Giorno per Giorno, una Canzone dal Cuore. / O Giovani di Oggi, Cantiamo Insieme una Canzone dal Cuore dell'Universo!”). In cui sembra far riferimento, parlando della sua mente come di altro da se, alle allucinazioni di cui soffre fin da bambina (dal suo ritorno in Giappone negli anni ‘70 risiede in una struttura per la salute mentale, da cui esce ogni o giorno per andare nel suo studio a lavorare) .

Molti dei motivi iconici di Kusama, infatti, sono nati da visioni, oltre che da frammenti di ricordi infantili. La ripetizione ossessiva dei pois, ad esempio (che come fa giustamente notare la galleria unisce suggestioni “microscopiche e macroscospiche”), ha origine nella paura dell’artista di essere cancellata, insieme a tutto intorno a lei, da una massiccia schiera di puntini. E, sempre per lo stesso motivo, non si può prescindere dal Surrealismo quando si elencano i movimenti (come Pop Art e Minimalismo) che hanno influenzato l’opere di Kusama, senza tuttavia definirlma completamente.

La mostra di New York si apre con tre monumentali sculture che rappresentano dei coloratissimi fiori. Si chiamano "I Spend Each Day Embracing Flowers" (2023) e hanno dato il titolo all’esposizione. Ispirate all’amore dell’artista per la natura, sono composte da forme curvilinee che serpeggiano qua e là, imprimendo curiose torsioni ai fiorelloni multicolori, riccamente decorati. Questi ultimi, da parte loro, non sembrano del tutto amichevoli: giganti, sovrastano lo spettatore e ne catturano il riflesso tra i toni innaturali e fin troppo giocosi dei petali e delle foglie. E poi, i loro pistilli, assomigliano vagamente a delle grandi zanne. Non a caso, Kusama, con queste opere vuole sottolieare il paradossale ruolo celebrativo che la società umana assegna ai fiori, usati allo stesso modo per eventi felici e tragedie.

E poi ci sono le zucche. Grandi, tentacolari, psichedeliche, che qui assumono contemporaneamente le forme di un muro, un labirinto ed avvolgenti spire. Un luogo in cui perdersi certo ma anche di smarrimento. Del soggetto Kusama ha detto: “Le zucche mi sono state di grande conforto sin dall’infanzia; mi parlano della gioia di vivere. Sono umili e divertenti allo stesso tempo, e le celebrerò e celebrerò sempre nella mia arte”.

La nuova “Infinity Mirror Room”, invece, si intitola "Dreaming of Earth’s Sphericity, I Would Offer My Love" (2023) ed ha la particolarità di unire luce naturale e artificiale per far provare allo spettatore una sensazione di straniamento e meraviglia. Si tratta, come sempre, di un’installazione immersiva, che però possedendo delle seppur ingannevoli finestre, può essere circumnavigata prima di varcare la sua soglia. All’interno, colori vivissimi e tanti specchi (colorati e non, di forme diverse), fanno perdere allo spettatore il senso dello spazio e del proprio corpo spingendolo a forza in un universo alternativo.

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers" rimarrà alla David Zwirner Gallery di New York fino al 21 luglio, mentre "Yayoi Kusama: 1945 to Now" al Guggenheim di Bilbao andrà in scena dal 6 giugno all’8 ottobre 2023 . Ma dal 17 novembre 2023 al 14 gennaio 2024 l'artista originaria di Matsumoto sarà anche in Italia, al Palazzo della Ragione di Bergamo, con la mostra "Yayoi Kusama. Infinito Presente"

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

Biennale di Venezia 2022| Correction il Padiglione Spagna patriottico di Ignasi Aballí

SPANISH PAVILION- Corrección, Ignasi Aballí, 2022. Photo Claudio Franzini. Cortesía de AECID

Il Padiglione Spagna quest’anno festeggia il suo centenario. Per celebrare quest’importante ricorrenza presenta la mostra Correction (Corrección in lingua orginale o Correzione in italiano) di Ignasi Aballí alla 59esima Esposizione Internazionale d’Arte- La Biennale di Venezia. E l’artista di Barcellona ripaga la fiducia del suo paese natale con un intervento patriottico. Che restituisce letteralmente alla Spagna il posto che le compete.

Correction, infatti, come dice il nome è una correzione del progetto sulla cui base è stato edificato il Padiglione spagnolo. Frutto probabilmente di una soluzione di compromesso, ha dato vita a una struttura dall’ingreso leggermente arretrato rispetto a quello dei paesi confinanti (Belgio e Olanda). Arrivando ai Giardini si può persino avere la falsa impressione che si tratti di un padiglione cieco. Aballí, con la sua indole meticolosa e poco incline all’impulsività creativa, si è studiato con attenzione le planimetrie e ha scoperto che ruotando l’asse dell’edificio di 10 gradi le cose sarebbero andate a posto. E così ha fatto.

Ovviamente non ha buttato giù lo stabile preesistente ma ha perseguito ugualmente il suo obbiettivo con gli strumenti concreti dell’edilizia. Il risultato, non meno impegnativo dal punto di vista del lavoro necessario per ultimarlo di un nuovo padiglione, mostra la versione corretta insieme a quella abituale.

Da fuori ridà alla Spagna il posto che avrebbe dovuto avere fin dall’inizio, mentre all’interno (tra corridoi che si interrompono all’improvviso, porte che si aprono su spazi angusti quanto dei ripostigli) somiglia a un labirinto.

La strada però la si trova. Il problema casomai può essere che il visitatore, talvolta frettoloso e sempre subbissato di informazioni, avendo la semplice impressione di trovarsi di fronte a un padigione vuoto, giri sui tacchi e se ne vada. D’altra parte, Ignasi Aballí, classe 1958 è un artista concettuale affermato, con una carriera costellata di successi alle spalle, e non è tipo da concedere al piacere dello sguardo più di questo. Che con un attimo di tempo in più si scoprirebbe essere molto: tra architetture possibili e impossibili, riflessi, luci e ombre.

Naturalmente, l’opera da il suo meglio quando la si considera dal punto di vista degli spunti di riflessione che regala. Sono infinite le domande che pone a cominciare da: quanto è importante un simbolo? E a ruota: se il Padiglione ai tempi fosse stato costruito con questa rotazione la considerazione data alla Spagna sarebbe cambiata?

"Anche la correlazione-spiegano gli organizzatori della mostra- dell’idea di correzione con altre attinenze non è banale. Raddrizzare,allineare... oltrepassa il significato di quanto qui proposto. Perché correggere un padiglione che è stato ritenuto valido? Perché paragonarsi al prossimo? Perché questo sforzo per perdere spazio? Perché sprecare spazio del padiglione? Agli occhi di Ignasi Aballí ha a che fare conm qualcuno che alza un sopracciglio davanti a un vasetto di vernice senza sapere davvero cosa farne. Nelle sue mani, l’errore e la correzione sono materiali di lavoro”.

Correction di Ignasi Aballí e il suo Padiglione Spagna riveduto e corretto (a cura di Bea Espejo) rimarrà ai Giardini per tutta la durata della Biennale di Venezia 2022 (fino al 27 novembre). Sarà ovviamente un’occasione irripetibile, perchè questa come tutte le opere basate sulla stuttura degli edifici, pur comportando molto lavoro, sono effimere.

SPANISH PAVILION- Corrección, Ignasi Aballí, 2022. Photo Claudio Franzini. Cortesía de AECID

SPANISH PAVILION- Corrección, Ignasi Aballí, 2022. Photo Claudio Franzini. Cortesía de AECID

SPANISH PAVILION- Corrección, Ignasi Aballí, 2022. Photo Claudio Franzini. Cortesía de AECID

SPANISH PAVILION- Corrección, Ignasi Aballí, 2022. Photo Claudio Franzini. Cortesía de AECID

SPANISH PAVILION- Corrección, Ignasi Aballí, 2022. Photo Claudio Franzini. Cortesía de AECID

SPANISH PAVILION- Corrección, Ignasi Aballí, 2022. Photo Claudio Franzini. Cortesía de AECID

L'universo scultoreo ingannevole e minimal di Alicja Kwade, che da il meglio nel paesaggio

Alicja Kwade: Big Be-Hide 2019 ©Maija Toivanen/HAM/Helsinki Biennial 2021

Il lavoro dell’artista di origini polacche ma tedesca d’adozione, Alicja Kwade, esplora la nostra percezione dello spazio e del tempo. Riflettendo sull’argomento sia in termini scientifici che filosofici. In altre parole, Kwade, si pone domande vecchie come il mondo con un indole insospettabilmente dissidete. Partendo da assiomi scientifici assodati, lei manipola, distorce, e lo fa con leggererezza. Solo un pochino. Con un vocabolario di forme semplici e pulite (sfere che alludono al cosmo, finestre di metallo che aprono a punti di vista diversi). Elegante e minimale, quasi austero. Ma surreale e capace di dare il suo meglio una volta a contatto con il paesaggio.

Sono affascinata dai confini tra scienza e sospetto- da detto in un'intervista tempo fa- Tutti i punti nel messo. Il signor Houdini è uno dei miei più grandi eroi

In effetti Kwade è un’illusionista della scultura. E la cosa strana è che riesce a manipolare lo spazio con poco. Magari delle finestre di metallo e, tutt’al più, una o due superfici specchianti. E chi guarda si ritrova a perdere i punti di riferimento. O sfere di marmo che sembrano pianeti. E ovviamente i pianeti non dovrebbero starsene placidamente distesi accanto al mare o nel giadino di un museo.

Sto cercando di intuire quale potrebbe essere la struttura della realtà- ha spiegato nella stessa intervista- Voglio dire, viviamo su una palla che vola in giro. È pazzesco . Immaginando questo, tutto è possibile. Perché comunque non possiamo capirlo. Siamo solo animali, il nostro cervello è troppo piccolo."

Sarà anche per questa oggettiva impossibilità di dare una risposta alle domande poste dalle opere, che il suo lavoro è piuttosto ermetico. Alicja Kwade, spesso, a un primo sguardo ti lascia a contemplarlo con un punto interrogativo in entrambi gli occhi. E’ una volta scoperta la chiave d’ingresso che cominci a divertirti. Perchè il suo universo è sempre pervaso dal brio del pensiero critico e da un filo d’ironia. Magari ben nascosta, ma sempre presente. E poi, Kwade, non è certo avida di mondi da scoprire. Anzi, spesso, raddoppia le forme, per ricordarci la teoria secondo la quale esisterebbero diverse dimensioni temporali sovrapposte (e quindi altrettante concatenazioni di eventi diversi).

Irresistibilmente attratta dallo scorrere del tempo (sia come fenomeno fisico, che come umana convenzione), ha nel suo studio di Berlino, orologi con tutti i fusi orari del mondo. Invece a Central Park, nel 2015, ha installato un grande orologio con le lancette che giravano al contrario (Against the Run). A volte però, l’artista, si pone anche domande meno profondamente coinvolgenti. Come: chi e cosa determina il valore delle cose? (ha persino fatto tagliare delle pietre da un gioielliere come fossero diamanti).

Alicja Kwade, ha recentemente partecipato a Desert X AlUla 2022 e lo scorso anno è stata ospite della Biennale di Helsinki. Durante questa manifestazione, resa molto suggestiva dalla bellezza selvaggia della natura dell’isola di Vallisaari, nell’arcipelago di Helsinki (la prossima si terrà dal 12 giugno al 18 settembre 2023 e verrà curata da Joasia Krysa), l’artista ha giocato con la tessitura ricca del paesaggio ma soprattutto con la mutevole e sfuggente forza attrattiva dell’orizzonte. Tra le opere presentate in quell’occasione, Pars per Totò (otto globi fatti di marmi provenienti dai diversi continenti), di cui una versione è stata esposta alla Biennnale di Venezia nel 2017. Attualmente, un ciondolo in oro disegnato da lei è in vendita online e il ricavato sarà interamente devoluto a favore dei bambini abbandonanti in Benin.

Alicja Kwade, In Blur, installation view, Desert X AlUla 2022, Courtesy the artist and Desert X AlUla photo by Lace Gerber

Alicja Kwade: Pars pro Toto, 2018 ©Maija Toivanen/HAM/Helsinki Biennial 2021