L'iperrealismo trasognato e amaro delle incredibili sculture di Hans Op De Beeck

The Boatman 2020 poliestere, acciaio, legno, MDF, resina epossidica, fibra di vetro, poliammide, gessosintetico, rivestimento, canna, vetro, PA, gomma, bambù 180 x 400 x 400 cm Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by : Ela Bialkowska, OKNO Studio

Iperrealiste fino a riprodurre il dettaglio più minuto, le sculture di Hans Op De Beeck (ho parlato recentemente della sua Danza Macabra), trasmettono senso di transitorietà e meraviglia. Raccontando storie dolci amare. Ne è un esempio “The Boatman” (Il Barcaiolo), in cui un uomo, presumibilmente un agricoltore rimasto senza tetto, impacchettati tutti i suoi miseri averi, li carica sulla barca, insieme al cane e ad una gallina, e prende il largo tra canneti e ninfee.

The Boatman”, come in genere tutte le sculture di Op De Beeck, racconta una storia di cui conosciamo solo un atto. Sta a chi guarda completarla. Tuttavia l’artista belga ci da dei suggerimenti e ci immerge nell’atmosfera del racconto.

Non a caso quest’opera, attualmente in mostra alla Galleria Continua di San Gimignano (a nord ovest di Firenze), è l’incipit della vasta personale dedicatagli. E intitolata, appunto: “The Boatman and Other Stories”.

L’esposizione è zeppa di riferimenti alla Storia dell’Arte, che l’eclettico autore (oltre a dedicarsi alle arti visive, Hans Op De Beeck, è regista teatrale, scrittore, scenografo e compositore!) rilegge in chiave contemporanea. E carica di tensione narrativa, ça va sans dire. La Natura Morta è il suo tema iconografico preferito, ma c’è anche la Vanitas, il Memento Mori, la Wunderkammer (il Gabinetto delle Curiosità).

Malgrado in mostra, e in generale nel lavoro dell’artista di Bruxelles, ci siano numerose figure (umani ma anche cani e altri animali), con lui non si può parlare di ritratti. Ma di personaggi, come quelli di un film, di una piece teatrale o di un libro.

Giovani, vecchi o di mezza età, a volte dormono, altre si rilassano pensosi, altre ancora si spostano travolti dagli eventi e guidati da un destino incerto. Tutti, dalla ballerina brasiliana che fuma una sigaretta, al cane addormentato, fino alle galline affamate e agli scheletri chiacchieroni, sono grigi. Solo i minuti fiori di ciliegio rosa, che si intravedono nella vetrina di un gabinetto delle curiosità, rompono il senso di sospensione della monocromia. Lasciando filtrare tra le persiane la luce del sogno.

The Boatman and Other Stories” resterà a Galleria Continua fino al 6 gennaio 2022. Per vedere altre sculture di Hans Op De Beeck, ripercorrendo magari la sua importante carriera a ritroso, dal suo Boatman alla partecipazione alla Biennale di Venezia, andando in giù fino agli esordi, ci sono il sito internet e l’account instagram dell’artista belga.

Vanitas XL 2021 poliestere, poliuretano, metallo, poliammide, rivestimento 290 x 250 x 250 cm (circa) Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska, OKNO Studio

The Boatman 2020 poliestere, acciaio, legno, MDF, resina epossidica, fibra di vetro, poliammide, gessosintetico, rivestimento, canna, vetro, PA, gomma, bambù 180 x 400 x 400 cm Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by : Ela Bialkowska, OKNO Studio

The Boatman 2020 poliestere, acciaio, legno, MDF, resina epossidica, fibra di vetro, poliammide, gessosintetico, rivestimento, canna, vetro, PA, gomma, bambù 180 x 400 x 400 cm Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by : Ela Bialkowska, OKNO Studio

“Dancer” (2021)

Wunderkammer (12) 2020 legno, vetro, acciaio, poliammide, rivestimento, materiali vari 216,5 x 120 x 41 cmCourtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska, OKNO Studio

Wunderkammer (12) 2020 (particolare) Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska, OKNO Studio

The Boatman and Other Stories 2021 vedute della mostra Galleria Continua, San Gimignano Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska OKNO STUDIO

The Boatman and Other Stories 2021 vedute della mostra Galleria Continua, San Gimignano Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska OKNO STUDIO

The Boatman and Other Stories 2021 vedute della mostra Galleria Continua, San Gimignano Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA Photo by: Ela Bialkowska OKNO STUDIO

Mastodontiche radici avvolgono le mura di Bruges. Ma è una scultura di Henrique Oliveira

Henrique Oliveira - Banisteria Caapi (Desnatureza 4), 2021, VALLOIS, Paris_ Van de Weghe, New York - Triënnale Brugge 2021 © Stad Brugge - Matthias Desmet

Conosciuto per la capacità di fondere pittura, scultura e architettura in interventi allo stesso tempo, d’impatto scenografico e valore artistico, Henrique Oliveira, per la Triennale di Bruges in Belgio (che si è conclusa alla fine di ottobre) ha realizzato una stupefacente installazione. Vedendola, sembrava di trovarsi di fronte a delle enormi radici o a qualche forma di pianta parassita rampicante. Ma sproporzionata. Tanto da avvolgere completamente l’antica cinta muraria della città fiamminga.

L’opera, fa parte della serie “Desnatureza” e si intitola “Banisteria Caapi”, un albero diffuso in Sud America, chiamato anche ayahuasca (come l’omonima bevanda usata nei riti sciamanici), e conosciuto per le proprietà allucinogene.

D’altra parte nel lavoro dell’artista brasialiano l’idea di uno stato d’alterazione di coscienza che induce l’illusione di percepire mondi diversi è sempre presente. Già le dimensioni delle opere lo indicano. Da un altro punto di vista si potrebbe parlare di inganno. Ma inteso in senso positivo. Una sorta di escamotage per guardare la realtà con occhi diversi.

"I resti archeologici- spiega il sito internet dell'evento- nascosti della prima cinta muraria medievale hanno ispirato il contributo di Oliveira". L’artista ha poi sfruttato la presenza di un giardino immediatamente dietro il punto in cui ha posizionato la sua installazione: "Sembra che la natura abbia libero sfogo dietro i giardini recintati, ma la sua installazione è fuorviante. I rami sono artificiali e imitano la natura in modo magistrale. L'artista gioca sottilmente con ciò che vediamo in città ogni giorno e con ciò che si cela dietro quella realtà." In sostanza le stratificazioni architettoniche presenti in tutte le città europee ci forzano a una lettura erronea della realtà, così come la scultura ci fa credere che la natura si stia riprendendo i suoi spazi.

Henrique Oliveira, infatti, non usa mai elementi naturali veri e propri, il riferimento a una natura lussurreggiante è costante ma illusorio. Costruisce invece uno scheletro in metallo, su cui posiziona degli avanzi di compensato scartati nei cantieri edili di San Paolo, che tratta e a volte dipinge per arricchirne la trama. E piega, uno ad uno.

Lui dice che i suoi mega rami e le sue gigantesche radici sono dei Frankenstein proprio perchè sono fatti di tante parti diverse.

La scultura realizzata a Bruges da Henrique Oliveira non è più visibile. Tuttavia un’installazione permanente dell’artista brasiliano fa parte della collezione di Arte Sella a Borgo Valsugana (in provincia di Trento) e le sue opere si possono sempre ammirare sul suo sito internet o sull’account instagram.

Henrique Oliveira - Banisteria Caapi (Desnatureza 4), 2021, VALLOIS, Paris_ Van de Weghe, New York - Triënnale Brugge 2021 © Stad Brugge - Matthias Desmet

Henrique Oliveira - Banisteria Caapi (Desnatureza 4), 2021, VALLOIS, Paris_ Van de Weghe, New York - Triënnale Brugge 2021 © Stad Brugge - Matthias Desmet

Henrique Oliveira - Banisteria Caapi (Desnatureza 4), 2021, VALLOIS, Paris_ Van de Weghe, New York - Triënnale Brugge 2021 © Stad Brugge - Matthias Desmet

"Can't Help Myself" l'inquietante robot di Sun Yuan e Peng Yu fa impazzire TikTok

E’ boom su TikTok per l’inquietante scultura robotica di Sun Yuan & Peng Yu, “Can’t Help Myself”. Commissionata dal Guggenheim Museum al duo di artisti cinesi nel 2016 e presentata alla Biennale di Venezia nel 2019, l’opera, è diventata un fenomeno virale solo in questi giorni. A scoppio ritardato. Totalizzando milioni di visualizzazioni. Numeri degni della clip di un cantante famoso o di una star hollywoodiana

La dinamica, come spesso succede per le tendenze dei social media, è presumibile. Ma non è facile risalire all’evento che l’ha innescata, tale è la mole di materiale pubblicato sulla rete. I brevi video, spesso rimaneggiati, aggiungendo musiche, filtri e didascalie, sono tantissimi. E hanno dato il via a una discussione accesa e dai confini imprecisi. Anche geograficamente parlando. Tanto è vero che se “Can’t Help Myself” fa impazzire un’utenza prevalentemente giovane negli Stati Uniti, pure TikTok in Italia si appassiona all’argomento. Anzi in molti commenti le persone ricordano di averla vista in azione proprio a i Giardini della città lagunare.

Ma perchè l’installazione di Sun Yuan e Peng Yu è diventata così famosa a scoppio ritardato? Secondo la rete la scultura sarebbe invecchiata. Si mostrerebbe più lenta, meno sciolta nei movimenti e lascerebbe intravedere persino degli accenni di ruggine. Così in alcune brevi sequenze compare con in sottofondo una musica nostalgica o con qualche elemento che fa riferimento allo scorrere del tempo. Tuttavia in altre si esibisce con la consueta ruvida energia. E suscita commenti del tenore di: “Questo è in assoluto il mio pezzo d’arte preferito” o addirittura “Da quando l’ho vista in Biennale ne sono stata ossessionata”.

Per realizzare “Can’t Help Myself”, Sun Yuan e Peng Yu hanno lavorato con un robot industriale, sensori di riconoscimento visivo e sistemi software. Nell’opera un braccio robotico cerca instancabilmente di contenere l’espandersi di un liquido rosso e vischioso simile al sangue.

Pressochè tutte le installazioni di Sun Yuan e Peng Yu- Spiegava il catalogo della Biennale d’arte 2019- hanno lo scopo di suscitare meraviglia e tensione nel pubblico, e il gesto di guardare (talvolta sbirciare) compiuto dai singoli spettatori è un elemento costitutivo delle loro opere più recenti, che spesso prevedono la messa in scena di spettacoli che evocano un senso di minaccia”.

Infatti vista dal vivo “Can’t help Myself” lascia a bocca aperta per la forza, di cui la sensazione di pericolo è uno degli assi portanti. E malgrado gli autori, in un primo momento, abbiano scelto di sottolineare come la funzione di contenimento messa in pratica dal braccio robotico si colleghi al tema delle frontiere, l’opera ha molteplici chiavi di lettura (sociale, politica, psicologica e artistica). Ma è legata filo stretto ai concetti di automazione, intelligenza artificiale e tecnologia tout court.

Per ironia della sorte, nonostante recenti ricerche tendano a far risalire al lavoro dei bot gran parte dei fenomeni virali della rete, l’interesse degli utenti di TikTok nei confronti di “Can’t help Myself” di Sun Yuan & Peng Yu, invecchiata o meno, sembra sincero. E non poteva essere altrimenti con una scultura in grado di grattarsi e dimenare il sedere con naturalezza.

Sun Yuan and Peng Yu, Can’t Help Myself, 2016, Mixed media. Photo by: Francesco Galli. Courtesy: La Biennale di Venezia