Lo scultore Hans Op de Beeck, che è anche scenografo e regista (oltre a compositore), ci ha ormai abituati alle atmosfere teatrali che spesso permeano le sue opere e le sue mostre. Ma forse mai come in “The Quiet Parade”, personale in corso al museo Amos Rex, quest’aspetto era stato così evidente.
Sarà il dipanarsi circolare dell’esposizione, o il buio caravaggesco che la avvolge. Se non, ancora, i faretti a soffitto che, mentre sottraggono le opere all’oscurità, sembrano proprio un cielo stellato, ma la mostra che il museo di Helsinki (in Finlandia) ha dedicato all’artista belga, dà davvero l’impressione di essere un corpo unico. E il racconto, sospeso certo, forse non è mai apparso pure così lineare e drammatico.
“The Quiet Parade”, curata da Terhi Tuomi, presenta 24 sculture create tra il 2015 e il 2022. Cui si aggiungono un video e un’installazione sonora, "Staging Silence (3)" (del 2019). Ed è la prima personale finlandese di Op de Beeck.
Un appuntamento importante cui il belga si è presentato con l’intero armamentario di temi iconografici, rubati alla storia dell’arte e reinterpretati in chiave contemporanea, che gli sono cari: dalla Natura Morta al Paesaggio, dalla Vanitas al Memento Mori, fino alla Wunderkammer (il Gabinetto delle Curiosità). E di opere che ne hanno scandito il successo nel tempo. Anche quello più recente, con sculture come “The Horseman”, "My bed a raft, the room the sea and then I laughed some gloom in me", “The Boatman”, o ancora “Danse Macabre”.
Hans Op de Beeck, che lavora con vari materiali, come poliestere o legno rivestito e intonaco pigmentato, presenta singole sculture o gruppi scultorei, profondamente evocativi. Indecisi tra una metaforica ma profondamente verosimile, persino iperrealista, rappresentazione della realtà, e surreale. Dove tutto è monocromo (grigio) come fosse congelato o pietrificato, in attesa di essere risvegliato dall’immaginazione del visitatore, il solo capace di rimettere in moto i racconti, immaginando un prima e un dopo, alle sue narrazioni sospese.
Riguardo il continuo costruire storie, Hans Op de Beeck, ha spiegato: “Sento il bisogno di creare degli ambienti, personaggi e situazioni fittizie nelle quali si respira una forma di alienazione e latente deragliamento per offrire allo spettatore un momento di consolazione e calma riflessione, come beh, se stessi condividendo l'idea che noi tutti abbiamo degli ostacoli da superare e non quella che siamo solo in balia dell'assurda condizione umana."
Mentre l’atmosfera di sospensione la spiega così: “In un'opera d'arte mi piace sempre mettere in scena una certa tranquillità, perchè aiuta ad entrare in ciò che raffiguro , e a partire da lì qualunque sia il contenuto vero e proprio, sia esso rassicurante o crudele, facilmente accettabile e bello, o ruvido, oscuro e piuttosto difficile da digerire ”.