Conosciuto per la capacità di fondere pittura, scultura e architettura in interventi allo stesso tempo, d’impatto scenografico e valore artistico, Henrique Oliveira, per la Triennale di Bruges in Belgio (che si è conclusa alla fine di ottobre) ha realizzato una stupefacente installazione. Vedendola, sembrava di trovarsi di fronte a delle enormi radici o a qualche forma di pianta parassita rampicante. Ma sproporzionata. Tanto da avvolgere completamente l’antica cinta muraria della città fiamminga.
L’opera, fa parte della serie “Desnatureza” e si intitola “Banisteria Caapi”, un albero diffuso in Sud America, chiamato anche ayahuasca (come l’omonima bevanda usata nei riti sciamanici), e conosciuto per le proprietà allucinogene.
D’altra parte nel lavoro dell’artista brasialiano l’idea di uno stato d’alterazione di coscienza che induce l’illusione di percepire mondi diversi è sempre presente. Già le dimensioni delle opere lo indicano. Da un altro punto di vista si potrebbe parlare di inganno. Ma inteso in senso positivo. Una sorta di escamotage per guardare la realtà con occhi diversi.
"I resti archeologici- spiega il sito internet dell'evento- nascosti della prima cinta muraria medievale hanno ispirato il contributo di Oliveira". L’artista ha poi sfruttato la presenza di un giardino immediatamente dietro il punto in cui ha posizionato la sua installazione: "Sembra che la natura abbia libero sfogo dietro i giardini recintati, ma la sua installazione è fuorviante. I rami sono artificiali e imitano la natura in modo magistrale. L'artista gioca sottilmente con ciò che vediamo in città ogni giorno e con ciò che si cela dietro quella realtà." In sostanza le stratificazioni architettoniche presenti in tutte le città europee ci forzano a una lettura erronea della realtà, così come la scultura ci fa credere che la natura si stia riprendendo i suoi spazi.
Henrique Oliveira, infatti, non usa mai elementi naturali veri e propri, il riferimento a una natura lussurreggiante è costante ma illusorio. Costruisce invece uno scheletro in metallo, su cui posiziona degli avanzi di compensato scartati nei cantieri edili di San Paolo, che tratta e a volte dipinge per arricchirne la trama. E piega, uno ad uno.
Lui dice che i suoi mega rami e le sue gigantesche radici sono dei Frankenstein proprio perchè sono fatti di tante parti diverse.