Alberonero sconvolge con minimali memorie di primavera il paesaggio severo di una valle umbra

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Lo scorso autunno l’artista di Lodi Alberonero ha realizzato una serie di cinque installazioni nel territorio del comune perugino Vallo di Nera (Umbria). Tutte fatte con materiali reperiti sul luogo (soprattutto rami e tronchi d’albero) tessuti e resine, le opere, portavano un tocco di malinconia, con le loro sfumature di colori vivi, fuse in un paesaggio aspro e quasi monocromo. Come fantasmi di un tempo che si allontanava. E che adesso, con la primavera, torneranno a popolarlo sotto forma di memorie viventi (ricordi veicolati dalle sfumature di fiori e gemme) in una perfetta circolarità.

Il progetto, intitolato “Monte Immagine”, era parte del programma “Umbria, una terra che ti muove” (promosso da C.U.R.A. - Centro Umbro di Residenze Artistiche). Detto in altre parole, Alberonero ha partecipato a una residenza (sviluppata in collaborazione con STUDIO STUDIO STUDIO) conclusasi con le installazioni che copongono “Monte Immagine”

Alberonero, conosciuto soprattutto per le opere d’arte pubblica, è laureato in design d’Interni e ha costruto il suo stile distintivo piegando gli strumenti di lavoro del designer alle necessità dell’Arte. Così le sfumature pensate a tavolino per accostarsi alla perfezione, che dal pantone si spostano su un’intero edificio, i colori vibranti ma artificiali di lenzuola e copripiumino che trovano la loro collocazione migliore all’interno della tavolozza di un bosco. E il quadrato, che di naturale non ha nulla, capace di farsi portavoce della semplificazione della forma persino in un ambiente incontaminato.

Insomma il lavoro di Alberonero, cautamente teatrale, si basa sul paradosso. Ma un paradosso difficile da individuare. Soprattutto quando le sue installazioni dal contesto urbano si spostano in mezzo alla natura.

E’ il caso di “Monte Immagine” in cui l’artista usa lievi tessuti colorati ed alberi per giocare con il paesaggio e dialogare col cielo. I rettangoli di stoffa e i colori, per lo più intensi e artificiali nella loro nitida vividezza, sulle prime non sembrano adatti all’ambiente in cui vengono inseriti. Ma la maniera in cui l’artista li usa, lasciandoli liberi di giocare col vento, sottolineare particolari e perdersi nella grandezza del cielo, rendono gli interventi leggeri e simbiotici.

Nelle mie opere- spiega Alberonero- cerco di fare un'esperienza di pratica del posto che mi conduce a essere in equilibrio con il luogo e a non modificarlo, ma alterarlo temporaneamente. Un approccio che hocondiviso in passato con i lavoratori del posto. In Valnerina, non a caso, ho incontrato Giuseppe,un pastore che mi ha aiutato a pensare come qui potevo lavorare sugli stati d'animo che nasconodai momenti straordinari e solitari con il luogo."

Monte Immagine”, concepito come un progetto temporaneo adesso è visibile solo nelle immagini che documentano le installazioni che lo componevano. Altre opere di Alberonero, invece, si possono guardare sulla pagina Instagram dell’artista. Mentre per tenersi informati sui suoi nuovi progetti c’è l’account Facebook.

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

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Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Alberonero, Monte Immagine. Fotogtafie © Roberto Conte

Shepard Fairey realizza un murale di 700 metri quadri nel cuore di Milwaukee

Shepard Fairey, Voting Rights are Human Rights. Photo by Niki Johnson

Shepard Fairey, Voting Rights are Human Rights. Photo by Niki Johnson

Lo street-artist, attivista e grafico statunitense, Shepard Fairey (ne avevo già parlato qui), conosciuto anche come Obey Giant o, per comodità, semplicemente Obey, ha recentemente realizzato un enorme murale a Milwaukee (Wisconsin).

Si intitola “Voting Rights are Human Rights” e affronta il tema del diritto di voto con il consueto stile di Shepard Fairey, che usa elementi compositivi rubati alla decorazione e al fumetto ma soprattutto alla grafica, alle vecchie pubblicità e ai manifesti di propaganda elettorale d’epoca. Il mix è sempre raffinato e seducente per tutti (per quanto Fairey, da Democratico convinto, fa battaglie per i diritti civili, ma legate con forza alle sue convinzioni politiche che le rendono spesso di parte).

A Milwaukee il suo lavoro è stato affiancato da un gruppo di artisti della zona (tra cui Tyanna Buie, Niki Johnson, Tom Jones, Claudio Martinez e Dyani White Hawk ). che hanno completato l’opera con la loro creatività. Rendendo il grande murale (oltre 687 metri quadri di superficie dipinta) ancora più ammaliante e assertivo.

Qualcuno potrebbe comunque chiedersi: perchè fare un murale sul diritto di voto negli Stati Uniti, quando è garantito ad ogni cittadino americano da tanti anni? II problema nacque nel 2013 (in piena presidenza Obama) quando la Corte Suprema dichiarò incostituzionale la quinta sezione del Voting Right Act del '68., in cui c’erano norme che semplificavano l’accesso al voto degli afroamericani negli Stati più restii a permettergli di arrivare ai seggi. Delle norme, come l’assistenza per gli analfabeti in inglese, (è necessario saper leggere e parlare la lingua correttamente per votare) sembrano oggi superate, ma secondo alcuni la mancanza della quinta sezione comprometterebbe, o rischierebbe di compromettere, l’accesso al voto di molte persone e in particolare quello degli afroamericani..

Shepard Fairey è tra loro. E a questo tema voleva addirittura dedicare un tour, nel corso del quale avrebbe realizzato un diverso murale in alcune città degli Stati Uniti. Ma in periodo di coronavirus lo sponsor non se l’è sentita e lo street-art tour è saltato. Tuttavia Fairey teneva talmente al progetto che almeno il lavoro di Milwaukee l’ha voluto fare. Pagando di tasca propria tutti gli assitenti e gli artisti della zona che hanno contribuito alla realizzazione del mastoditico “Voting Rights are Human Rights” .

Al centro dell’opera un giovane uomo di colore che cammina, guardando di fronte a se con un’ espressione, ad un tempo, seria e sincera. Il protagonista, Fairey l’ha rubato a un’immagine scattata durante una marcia per i diritti civili della metà degli anni ‘60, dal famoso fotografo Steve Schapiro.

Prima che “Voting Rights are Human Rights” si materializzasse su un muro di Milwaukee, Shepard Fairey aveva già usato quell’immagine (d’accordo con l’autore) su una serie di manifesti , riscuotendo molto successo. D’altra parte i manifesti di Obey sono molto amati e collezionati. Si possono vedere e comprare sul suo sito internet , ma per non scontrarsi con la dogana, se si fa sul serio, meglio rivolgersi a una galleria specializzata sul lavoro dell’artista statunitense, come la Strip Art Gallery (sede a Monza, lavoro online).

Shepard Fairey, Voting Rights are Human Rights. Photo by Jon Furlong

Shepard Fairey, Voting Rights are Human Rights. Photo by Jon Furlong

Shepard Fairey, Voting Rights are Human Rights. Photo by Jon Furlong

Shepard Fairey, Voting Rights are Human Rights. Photo by Jon Furlong

La Hula-Hop Girl di Nottingham è ufficialmente l'ultimo murale di Banksy. Ed è gia stato vandalizzato due volte

Images by BBC. Via Designboom

Images by BBC. Via Designboom

Giovedì della settimana scorsa (15 ottobre 2020) in Ilkeston Road, a Nottingham, ha fatto la sua comparsa un murale sospetto. Rappresenta una ragazzina impegnata a ballare, usando una ruota di bicicletta come fosse un hula-hop..

Subito chiamato “Hula-Hop Girl”, il murale, sembrava essere di Banksy. Ma gli esperti si sono detti scettici. L’opera non faceva esplicitamente riferimento a un tema d’attualità e poi la rappresentazione pareva abbozzata (le braccia e le gambe della ragazza, in particolare, era meno curate che in precedenza)

La querelle, tuttavia. è durata poco. Già sabato (17 ottobre), Banksy ha autenticato l’opera, pubblicandola sul suo account Instagram.

Il Comune di Nottingham, nel dubbio, già prima della conferma del famoso street artist, aveva coperto “Hula-Hop Girl” con un schermo in plexiglass. E proprio questo previdente accorgimento gli ha permesso di salvarsi. Infatti, quando Banksy ha fatto ufficialmente entrare la ragazza di Nottingham nell’elenco dei suoi lavori, il murale era già stato vandalizzato due volte.

Il motivo per cui il writer abbia scelto proprio Nottingham come sfondo del suo ultimo murale, è poco chiaro. Forse voleva fare riferimento a una nota fabbrica di biciclette di quella zona, ma di certo non aveva dimenticato che Nottingham è una delle città del Regnno Unito più colpite dal coronavirus.

L'esperto di Banksy, il prof. Paul Gough, della Arts University di Bournemouth (tra quelli che prima non credevano nell'originalità dell'opera), ha detto a BBC: "Forse il messaggio è questo: siamo in tempi difficili, cerchiamo di sfruttarli al meglio e di tirare fuori un po' di divertimento anche da qualcosa di rotto".

Banksy ha dedicato diverse opere all’emergenza sanitaria (per esempio questa), concentrando e dedicando il lavoro soprattutto al suo paese (il Regno Unito). Per vedere altre immagini di “Hula-Hop Girl”, e non solo, sbircia l’account instagram dell’artista.

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