Peeta, all’anagrafe Manuel di Rita, nasce negli anni ‘90 con il writing, per poi diventare un artista a tutto tondo. Oggi fa sculture, dipinge ma è sempre nel campo della street-art che dà il meglio di se. Con una paletta di pochi colori e composizioni astratte, complesse, ma tutto sommato essenziali, distorce l’architettura anonima dei palazzoni popolari degli anni ‘60 (o giù di lì) creando delle facciate impossibili. Come ci riesce? Con l’anamorfismo.
L’anamorfismo o anamorfosi è un’antica tecnica pittorica che permette ingannare la percezione dell’osservatore facendogli credere di vedere qualcosa che di fatto non esiste. In ambito architettonico è stata usata spessissimo per superare i limiti degli edifici. Di solito però era all’interno che si concentravano gli sforzi dei pittori. Gli street-artists l’hanno recuperata per stupire i passanti e spingerli a riflettere sul tessuto urbano.
Peeta da parte sua, porta questo concetto al limite estremo. come se gli edifici fossero stati ideati da architetti visionari e un po’ matti. Tutti scale a chiocciola, volute, finestre che sporgono come punti d’avvistamento e curve di ogni genere. A volte il cielo si riprende dello spazio, altre i palazzi sembrano essere stati accartocciati. Una bella differenza dalla scialba funzionalità delle facciate su cui i murales vengono realizzati.
"L'anamorfismo- ha detto Peeta in un'intervista- incarna totalmente l'intento, sempre centrale nella mia produzione, di rivelare l'ingannevolezza della percezione umana(...)"
Recentemente l’artista originario della provincia di Venezia ha partecipato alla manifestazione Stadt.Wand.Kunst del 2019. Dove con pochi toni di azzurro, bianco e grigio ha dato un aspetto bizzarro e surreale a un caseggiato di Mannheim,
Su instagram ha così commentato il progetto: "Ho amato questo edificio sin dall'inizio e ho fatto del mio meglio per combinare competenze multidisciplinari per trasformarlo mantenendo il suo gusto originale".