A guardare alcune sue opere sembra di vedere il lavoro di Keith Haring oppure quello di Jean-Michel Basquiat. Non a caso entrambi lo ammiravano. Il pittore tedesco A.R. Penck (1939-2017), al secolo Ralf Winkler, cresciuto nella Dresda comunista è una figura atipica. Un uomo contorto e talmente ostinato da farsi espellere dalla Ddr (dopo essere stato a lungo controllato dalla Stasi) e celebrare dall’Occidente.
Coltivava il suo personalissimo sogno di libertà sulla tela ma a lasciare la Germania dell’Est non ci pensava proprio. Anzi, all’inizio era un convinto comunista. Certo il mondo oltre la cortina di ferro a un certo punto aveva cominciato a lusingarlo (conosce Harald Szeemann, partecipa per la prima volta a Documenta; espone in Svizzera, Paesi Bassi e Canada), mentre il suo lo ammoniva e lo controllava. Fino a ordinargli di andarsene entro la mezzanotte del giorno stesso.
Così nel 1980 varcherà il confine a piedi, (perchè era tardi e non c’erano più treni) e vivrà a più riprese in vari Paesi dell’Occidente democratico (non tornerà più indietro e si spegnerà a Zurigo). I suoi colori si faranno più squillanti, il suo universo di segni ancora più stratificato e complesso . E lui diventerà famoso (parteciperà ancora a Documenta di Kassel, la Biennale di Venezia gli dedicherà una personale e creerà persino una BMW Art Car).
A.R. Penck, pur affidandosi alla pittura ed alla scultura, sarà un precursore della street-art e del graffitismo. creerà un alfabeto potente e compleso di forme tanto essenziali quanto brutali. Tra animali feroci, mostri, simboli e omini primordiali.
" La sua pittura monumentale si riallaccia sia al genere storico, specchio degli eventi contemporanei, sia alla pittura simbolica, a cui dà voce attraverso un intero bestiario di figure totemiche o animali arcaici. Fino alla sua produzione della maturità, A.R. Penck persegue l’idea di un’immagine visionaria capace di rappresentare in un’unica prospettiva la coralità del mondo".