Le biblioteche più belle d’Europa negli scatti del fotografo Thibaud Poirier

Bibliotheque de la Sorbonne, Salle Jacqueline de Romilly, Parigi

Bibliotheque de la Sorbonne, Salle Jacqueline de Romilly, Parigi

Il fotografo parigino Thibaud Poirier è cittadino del mondo. Ha vissuto a Buenos Aires, Houston, Montreal e Tokyo. E lo scorso anno l’ha passato a viaggiare in Europa, per catturare le immagini delle più affascinanti biblioteche del Vecchio Continente.

Il risultato di questo vagabondaggio è la serie di scatti “Libraries” che comprende fotografie di biblioteche storiche e contemporanee. Thibaud Poirier mette l’accento sulla conformazione architettonica degli spazi e sulla solitudine. Le biblioteche, infatti, sono state tutte immortalate mentre erano vuote.

Come impronte digitali, ogni architetto ha modellato la sua visione di un nuovo spazio, per questa sacra auto-esplorazione- scrive Poirier nell’introduzione alla serie- Questi dettagli apparentemente minimi sono dappertutto, dall’equilibrio tra luce naturale e artificiale per ottimizzare la lettura oltre a preservare i testi antichi fino all’uso selettivo di tavoli da studio quando per incoraggiare la comunità quando la riflessione solitaria. La selezione di queste biblioteche che travalica lo spazio, il tempo, lo stile e le culture è stata attentamente scelta per l’ambientazione unica di ognuna e il contributo architettonico”.

Tra le biblioteche che compongono il viaggio nella cultura di ‘Libraries’ anche la Biblioteca Casenatese e la Biblioteca Angelica a Roma oltre a El Ateneo Grand Splendid di Buenos Aires (di cui ho parlato qui, e che costituisce l’unica tappa extra-europea del fotografo parigino.
Per vedere altre serie di immagini firmate da Thibaud Poirier c’è il suo sito internet oltre agli account Béhance e Instagram.

Biblioteca Nationale de France, Sala Lambrouste, Parigi, 1868

Biblioteca Nationale de France, Sala Lambrouste, Parigi, 1868

Stadtbibliothek, Stuttgart, 2011

Stadtbibliothek, Stuttgart, 2011

Biblioteca Joanina, Coimbra, 1728

Biblioteca Joanina, Coimbra, 1728

Palacio National de Mafra, Mafra, 1755

Palacio National de Mafra, Mafra, 1755

Grimm Zentrum Library, Berlino, 2009

Grimm Zentrum Library, Berlino, 2009

Bibliothèque Sainte-Geneviève, Parigi, 1850

Bibliothèque Sainte-Geneviève, Parigi, 1850

Bibliotheque de la Sorbonne, Salle Jacqueline de Romilly, Parigi, 1897

Bibliotheque de la Sorbonne, Salle Jacqueline de Romilly, Parigi, 1897

Trinity College Library, Dublin, 1732

Trinity College Library, Dublin, 1732

Bibliotheque Nationale de France, Salle Ovale, Parigi, 1868

Bibliotheque Nationale de France, Salle Ovale, Parigi, 1868

Biblioteca Angelica, Roma

Biblioteca Angelica, Roma

“Spring” l’elegante time-lapse di Jamie Scott in cui i fiori non smettono mai di sbocciare

Dopo aver avuto un grande successo con il breve video Fall (2012) il giovane film maker statunitense Jamie Scott è tornato con un nuovo lavoro in time-lapse. Questa volta si intitola “Spring” e ha richiesto 3 anni di lavoro.

Nell’elegante filmato, Jamie Scott, ha ripreso una carrellata di fiori diversi nel momento in cui si stavano per schiudere. Senza un inizio e una fine, “Spring” è un aggraziato e piacevole succedersi di petali colorati e corolle. Girato quasi interamente in un minuscolo set allestito nel guardaroba della casa newyorkese di Scott, il time-lapse ha dovuto tener conto della stagionalità, spesso rigida, delle fioriture.

Una parte del video, invece, è stata ripresa nelle aiuole di Central Park.

Il visual e le musiche di “Spring” sono stati creati in tandem con il compositore Jim Perkins. (via Colossal)

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Biennale di Venezia 2017| I migranti si trasformano in personaggi di un noir on the road nel sofisticato Padiglione Australia di Tracey Moffatt

Tracey Moffatt,  Mother & Baby (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Mother & Baby (Passage Series)

C’è un porto dove si radunano misteriosi personaggi in bilico tra passato e presente; hanno già fatto o stanno per fare una scelta difficile; si percepisce che hanno una storia. Ma c’è anche una cameriera che continua ad occuparsi delle faccende domestiche, con tanto di uniforme, in un rudere. E poi navi, anzi barconi, in balia di un mare agitato e degli sguardi delle star della Hollywood degli anni d’oro.

Il Padiglione Australia dell’artista Tracey Moffatt porta un’atmosfera sospesa tra sogno e realtà alla Biennale di Venezia 2017. Attraverso una fotografia studiata e pittorica. Ma soprattutto spiccatamente cinematografica. Come se ogni immagine in mostra fosse un film condensato.

Intitolata “My Horizon” (“Il mio Orizzonte”), l’esposizione di Tracey Moffatt, presenta 2 serie di fotografie (“Passage”- “Traversata”-; “Body remembers” -Il corpo ricorda-) e 2 video (“Vigil” - “Veglia”-; “The white ghosts sailed in” - “I fantasmi bianchi giunsero dal mare”) . E’ curata dal critico Natalie King.

“Succede a volte nella vita di riuscire a vedere ‘ciò che viene sull’orizzonte’- dice Tracey Moffatt - ed è questo il momento di attivarsi oppure di non fare nulla e stare ad aspettare qualsiasi cosa stia per arrivare”.
Ogni serie è ricca di riferimenti letterari e cinematografici ma a colpire è quanto l’artista riesca a rendere naturali i virtuosismi stilistici e a fonderli con una sensibilità decisamente femminile per la storia e i personaggi.

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Passage (Traversata): è un racconto aperto, ambientato in un porto. La collocazione geografica della storia non è chiara e anche il periodo in cui si svolge non vuole esserlo. L’atmosfera oscilla tra quella di un colossal a sfondo epico, di un noir, di un western fino al sapore della pelliccola on-the-road. E non contenta di tutto questo cinema, la Moffatt, è riuscita a mettere anche un bel po’ di pittura in ogni scatto (da Turner a Hopper) e (perché no?!) anche quel tanto di fumetto che basta.
I personaggi misteriosi e tormentati di questa serie sono tutti quelli che intraprendono un lungo viaggio: “Ciò che Tracy Moffat intende evocare sono gli ardimentosi viaggi per mare- scrive Natalie King nel catalogo della mostra- (…) Smantellando le convenzioni del narrare, racconta per immagini una storia di viaggio e rifugio, di fuga e oblio”. Insomma anche l’artista australiana è stata catturata dal tema dei richiedenti asilo e ne ha fatto i principali protagonisti di “Passage”.
Body remembers (Il corpo ricorda): declinata sull’ocra è una serie più intima, con una connotazione autobiografica. Racconta di una cameriera che torna nella casa in cui fu a servizio tanti anni prima.

Per visitare il sofisticato Padiglione Australia di Tracey Moffatt e togliersi la voglia di fotografia con la “f” maiuscola, basterà andare ai Giardini prima della fine della Biennale di Venezia 2017.

Tracey Moffatt, Touch (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Touch (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt,  Tug (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Tug (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Weep (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt,  Weep (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Mad Captain (Passage Series)

Tracey Moffatt, Mad Captain (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Hell (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Hell (Passage Series)

Tracey Moffatt, Shadow Dream (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Shadow Dream (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Window Man (Passage Series)

Tracey Moffatt, Window Man (Passage Series)

Tracey Moffatt, Cop and Baby (Passage Series)

Tracey Moffatt, Cop and Baby (Passage Series)

Padiglione Australia, My Horizon, Biennale di Venezia 2017

Padiglione Australia, My Horizon, Biennale di Venezia 2017