Biennale di Venezia| Il Padiglione Cinese. sfavillante di ottimismo e zeppo di tradizioni, che inquieta gli occidentali

'Continuum-Generation by Generation', Padiglione Cina, Biennale di Venezia, Installation view

'Continuum-Generation by Generation', Padiglione Cina, Biennale di Venezia, Installation view

Il padiglione cinese della Biennale di Venezia con la mostra ‘Continuum – Generation by Generation’ è una festa di sollecitazioni, colori e curiosità. Sfavillante e ottimista. Ma anche inquietante (per noi occidentali ovviamente).
Il tema dell’esposizione è il ’Bu Xi’ ovvero il perpetuarsi delle cose in un ciclo rotatorio continuo e incessante (ad esempio il passato è la radice del futuro che si volge a guardare il passato e via discorrendo) simile ai concetti di ying e yang tipici della cultura cinese.
‘Continuum – Generation by Generation’  è curata Qiu Zhijie

Qiu Zhijie

Qiu Zhijie

Qiu Zhijie: E’ un artista e un teorico di fama già conosciuto in Italia (ha lavorato molto con il Museo Pecci di Prato ad esempio). Ha il chiodo fisso delle mappe: “Di solito il mio metodo è quasi sempre basato sul realizzare mappe- ha dichiarato in un’ intervista rilasciata al giornale del Centro Pecci- che diventano poi uno strumento di ricerca su vari argomenti.”
Questo tema ricorrente delle sue opere per cui è amatissimo ha influenzato molto il Padiglione Cina da lui curato. Che a prima vista in effetti risulta difficile da leggere. O meglio dà l’impressione di essere ricco a livello visivo ma disordinato concettualmente. In realtà è perché la mostra è stata immaginata non linearmente ma come si fosse trattato di una rete di idee con frecce che vanno avanti e indietro da una all’altra.

Installation view

Installation view

Gli artisti che riempiono la mostra con le loro opere sono quattro (più lo stesso Qiu Zhijie che è appunto anche artista): Yao Huifen (o Lady Yao), Wang Tianwen, Tang Nannan e Wu Jian’an
E si dividono in due gruppi: arti applicate tradizionali (Yao Huifen, Wang Tianwen) e arte contemporanea (Tang Nannan e Wu Jian’an).

Due artisti tradizionali e due artisti che utilizzano i linguaggi contemporanei delle arti visive-spiega il comunicato stampa- sono stati scelti per rappresentare il significato di questa narrazione. Artigianato e opere d’arte contemporanea si influenzano a vicenda.”

Yao Huifen, The skeleton fantasy show, 2017

Yao Huifen, The skeleton fantasy show, 2017

Yao Huifen (o Lady Yao): è una ricamatrice impressionante. Figlia di maestri del ricamo a loro volta figli di ricamatori e così via per diverse generazioni. Oltre a padroneggiare le tecniche tradizionali cinesi ne ha inventate parecchie. Alcuni suoi lavori sono conservati al British Museum. E non a caso, visto che è in grado si riprodurre tutti i dipinti che si trovano sui libri di storia dell’arte dalla Gioconda alle opere a inchiostro degli antichi pittori cinesi. Per il Padiglione Cina ha ricamato ‘Skeleton Fantasy Show’ di Li Song (X – XI Sec.), “attraverso l’utilizzo di oltre un centinaio di tecniche diverse”. (!!!). Ha collaborato anche con l’artista contemporaneo Tang Nannan per la realizzazione di un’opera in mostra.

Wang Tianwen, Wu Jian’an, Tang Nannan, Yao Huifen, Continuum-Removing the Mountains and Filling the Sea, Shadow play screen, 2015

Wang Tianwen, Wu Jian’an, Tang Nannan, Yao Huifen, Continuum-Removing the Mountains and Filling the Sea, Shadow play screen, 2015

Wang Tianwen: Maestro nella complessa ed antichissima arte del teatro delle ombre, che richiede la creazione delle figure lavorando la pelle secondo tecniche precise e i fondali su cui si muovono i personaggi. Oltre ad esporre delle cose sue ha collaborato con Tang Nannan per la creazione di un’opera.

Tang Nannan, The southern under world, 2017

Tang Nannan, The southern under world, 2017

Tang Nannan: E’ un’artista contemporaneo che usa diversi medium dalla tradizionale pittura a inchiostro al video alla fotografia e alle animazioni su schermi multipli. Per il padiglione ha usato inchiostro e animazione.

Wu Jian’an, The birth of the galaxy, 2012

Wu Jian’an, The birth of the galaxy, 2012

Wu Jian’an: Artista contemporaneo anche lui ,capace di spaziare dalla pittura alla scultura all’installazione. Ma il suo pezzo forte sono i collage di carta intagliata su grandi tele. Inutile dire che colpiscono per la pazienza dell’esecuzione. Per la Biennale ha realizzato delle sculture dorate e delle tele che da lontano davano l’impressione di essere state dipinte con campiture di colore puro, da vicino si scopriva invece che la superficie era stata completamente ricoperta da migliaia di figure in carta intagliata incollate l’una sull’altra.

Collaboration of Tang Nannan with Yao Huifen, Oblivious Ocean, 2017

Collaboration of Tang Nannan with Yao Huifen, Oblivious Ocean, 2017

Le immagini antitetiche ‘montagna/mare’ e ‘antico/nuovo’, che nel loro insieme rappresentano l’equilibrio perfetto dello ‘Yin/Yang’ cinesi-continua il comunicato- costituiscono la cornice entro la quale di sviluppa il percorso espositivo. Due favole cinesi molto note, Il vecchio sciocco che rimuove le montagne e Jingwei che riempie il mare, saranno il serbatoio immaginifico da cui ricavare visioni corrispondenti ai concetti di ‘montagna’ e ‘mare’”. 
Entrambe le fiabe parlano dell’incrollabile volontà del popolo cinese e della sua paziente testardaggine nel raggiungere gli obbiettivi che si è prefissato. Concetti che nella mente di un’occidentale creano una involontaria quanto persistente inquietudine.

Tang Nannan, The southern under world, 2017; photo: Artbooms

Tang Nannan, The southern under world, 2017; photo: Artbooms

Può essere che il Padiglione Cina ‘Continuum – Generation by Generation’ della 57esima Biennale d’arte di Venezia vi sembri confuso ma difficilmente non vi piacerà. Come la mostra ‘VIVA ARTE VIVA’ e gli altri padiglioni nazionali sarà possibile vederlo fino al 26 di novembre

Collaboration of Tang Nannan and Wang Tianwen, Happy excursion series, 2017

Collaboration of Tang Nannan and Wang Tianwen, Happy excursion series, 2017

Yao Huifen, The skeleton fantasy show (particolare del ricamo), 2017; Photo: Artbooms

Yao Huifen, The skeleton fantasy show (particolare del ricamo), 2017; Photo: Artbooms

Wang Tianwen, Wu Jian’an, Tang Nannan, Yao Huifen, Continuum-Removing the Mountains and Filling the Sea, Shadow play screen, 2015

Wang Tianwen, Wu Jian’an, Tang Nannan, Yao Huifen, Continuum-Removing the Mountains and Filling the Sea, Shadow play screen, 2015

Wu Jian’an, The birth of the galaxy (particolare), 2012; Photo: Artbooms

Wu Jian’an, The birth of the galaxy (particolare), 2012; Photo: Artbooms

Tang Nannan, Oblivious ocean 7

Tang Nannan, Oblivious ocean 7

Wang Tianwen, Wu Jian’an, Tang Nannan, Yao Huifen, Continuum-Removing the Mountains and Filling the Sea (particolare), Shadow play screen, 2015; Photo: Artbooms

Wang Tianwen, Wu Jian’an, Tang Nannan, Yao Huifen, Continuum-Removing the Mountains and Filling the Sea (particolare), Shadow play screen, 2015; Photo: Artbooms

Tang Nannan, Marrow Return, 2017

Tang Nannan, Marrow Return, 2017

Biennale di Venezia| Roberto Cuoghi trasforma il Padiglione Italia in una fabbrica di… mummie ammuffite

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Il mondo magico” (Padiglione Italia della Biennale di Venezia) è un’esposizione assolutamente equilibrata. Un meccanismo perfetto. C’è lo spazio buio, intimo, secolare e minimale di Giorgio Andreotta Calò, con la sua distesa d’acqua scura che riflette ondeggiando lievemente l’architettura dell’Arsenale (‘Senza titolo (La fine del mondo)’). C’è Adelita Husny-Bey con il suo video ‘The reading\La seduta’ in cui pensiero magico e razionalità si confrontano in un mix di creatività e partecipazione.  Ma soprattutto c’è Roberto Cuoghi con la sua ‘Imitazione di Cristo’.

In ‘Imitazione di Cristo’ Cuoghi ha trasformato la sua porzione di Arsenale in una fabbrica di figure devozionali. E non intendo dire che l’artista ha simulato una filiera produttiva ma che l’ha proprio installata e messa in funzione. C’è tutto, perfino una macchina per stabilizzare le sculture che somiglia a una grande lavatrice. 

L’opera – un’ officina predisposta per la realizzazione integrale delle sculture, dal colaggio di materiale organico in un unico stampo fino alla fase di consolidamento – spiegano gli organizzatori sul sito del Padiglione Italia- non si esaurisce con l’apertura della mostra e perdura secondo una logica di decomposizione e composizione, morte e rigenerazione. L’intero processo è concepito per non ottenere mai lo stesso risultato, producendo una dissociazione che sembra riguardare il nostro presente.

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Marco De Scalzi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Marco De Scalzi, Courtesy Roberto Cuoghi

Questa complessa e scenografica installazione, ispirata dall’antico testo ascetico Imitatio Christi, cita la Storia dell’Arte negli anni bui del Medioevo ma prende anche in prestito le atmosfere di certi film di fantascienza. E persino di molti fumetti.
A farla, infine, sconfinare nel horror sono soprattutto le muffe che coprono ogni scultura e si modificano con il processo produttivo prima e con lo scorrere del tempo poi. Alla fine le sue immagini devozionali sono un po’ reliquie, un po’ mummie e poco sculture. 

Tutto è stato concepito per essere molto impressionante. Non per colpire allo stomaco, sia ben chiaro. ‘Imitazione di Cristo’ di Roberto Cuoghi attira l’attenzione, cala lo spettatore in un’atmosfera cinematografica, cupa, ma non lo spaventa davvero, non sconvolge neppure, lo disturbara però.

“L’artista interpreta [Imitatio Christi] alla luce di quello che definisce un “nuovo materialismo tecnologico”- continua il sito internet de Un Mondo Magico- Cuoghi ci introduce a un processo sperimentale di modellazione della materia, riflettendo al contempo sul potere magico delle immagini, sulla forza della ripetizione e sulla memoria iconografica della storia dell’arte.”

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Una delle opere più famose degli esordi di Roberto Cuoghi è una performance in cui si è finto suo padre. Performance per modo di dire, visto che dopo essere ingrassato 40 chili ed essersi tinto i capelli di bianco ha continuato a interpretare il suo personaggio nella vita di tutti i giorni, per due anni interi. Ovviamente le persone lo trattavano in modo completamente diverso solo perché credevano avesse un’altra età. Da allora non ha perso la capacità di arrivare alla radice degli stereotipi e delle nostre convinzioni illusorie per indurci a riflettere e prenderci anche un po’ in giro. Ma stavolta è serio mentre ci parla di vita, morte, passato, futuro, storia dell‘arte e fede.

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Il Padiglione Italia della Biennale di Venezia con l’esposizione ‘Il mondo magico’ è curato da Cecilia Alemani. E’ all’Arsenale e sarà visibile per poco tempo ancora (fino al 26 di novembre).

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Roberto Cuoghi, Imitazione di Cristo, 2017; Photo Roberto Marossi, Courtesy Roberto Cuoghi

Biennale di Venezia 2017| Guida essenziale per la sopravvivenza del visitatore

Padiglione Germania| eliza douglas in anne imhof, faust, 2017 german pavilion, 57th international art exhibition – la biennale di venezia; photography © nadine fraczkowski; courtesy: german pavilion 2017, the artist

Padiglione Germania| eliza douglas in anne imhof, faust, 2017 german pavilion, 57th international art exhibition – la biennale di venezia; photography © nadine fraczkowski; courtesy: german pavilion 2017, the artist

QUANTO TEMPO CI VUOLE:

La Biennale di Venezia si articola in due locations importanti e relativamente vicine tra loro: i Giardini della Biennale e l’Arsenale. A cui si aggiungono alcuni padiglioni nazionali ed eventi (talvolta importanti) disseminati per tutta la città.
Bisogna calcolare più o meno una giornata per visitare per i soli Giardini. E almeno una mezza giornata abbondante per l’Arsenale. Se poi si desidera vedere una mostra esterna alle due sedi principali i tempi si possono allungare molto.

E’ il caso della personale di Damien Hirst a Palazzo Grassi (“Treasures from the Wreck of the Unbelievable”) che è molto corposa e quindi inadatta a una visita veloce.

Treasures from the Wreck of the Unbelievable, Palazzo Grassi| damien hirst, detail of mickey carried by diverunderwater photography by christoph gerigk

Treasures from the Wreck of the Unbelievable, Palazzo Grassi| damien hirst, detail of mickey carried by diverunderwater photography by christoph gerigk

A chi ha intenzione di fare una gita in giornata consiglio di arrivare presto (apre alle 10) e puntare tutto su i Giardini. Se alla fine rimanesse un po’ di tempo l’Arsenale non è comunque lontano.

Padiglione Giappone| Out of Disorder (Mountains and Sea), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

Padiglione Giappone| Out of Disorder (Mountains and Sea), 2017, ©Takahiro Iwasaki, Courtesy of URANO photo by Keizo Kioku, photo courtesy of the Japan Foundation

COSA VEDERE:

Ai Giardini della Biennale, oltre alla mostra curata da Christine Macel “VIVA ARTE VIVA” (comincia al Padiglione Centrale nei Giardini e termina all’Arsenale), è da vedere assolutamente il Padiglione Germania (la mostra “Faust”, premiata con il Leone d’Oro per le partecipazioni nazionali, di Anne Imhof, che lo costituisce è una performance, quindi occhio agli orari degli spettacoli).
Sono poi altamente consigliati: il Padiglione Brasile, il Padiglione Egitto, il Padiglione Giappone e il Padiglione Israele.

Padiglione Israele| gal weistein, "sun stand still". padiglione di israele, biennale di venezia 2017, photo © artbooms

Padiglione Israele| gal weistein, "sun stand still". padiglione di israele, biennale di venezia 2017, photo © artbooms

All’Arsenale, oltre a “VIVA ARTE VIVA”, è da vedere soprattutto il Padiglione Italia ( “Il mondo magico”, opere di Roberto Cuoghi, Adelita Husni-Bey e Giorgio Andreatta Calò, curato da Cecilia Alemani).  Ma merita molto anche il Padiglione Nuova Zelanda.
Se poi si vuole completare la visita con qualcosa che alcuni critici hanno deprecato ma che al pubblico sembra piacere assai, non fatevi scappare il Padiglione Argentina e il Padiglione Cina (quest’ultimo è proprio alla fine del percorso).

Padiglione Nuova Zelanda| in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

Padiglione Nuova Zelanda| in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

FILE, CODE & co:

Se il giorno o l’orario sono particolarmente favorevoli è possibile che dobbiate fare la fila per l’ingresso in Biennale ma non vi dovete spaventare perché di sicuro la cosa vi rallenterà solo di poco. A creare problemi invece possono essere le code interne al percorso.

Se volete assicurarvi di vedere il Padiglione Germania partite presto e appena entrati nei Giardini correte alla vostra destra, anche così aimè probabilmente dovrete fare la fila.
File quasi sicure anche per vedere il Padiglione Stati Uniti, per osservare le minuscole opere del Padiglione Giappone da un buco nel pavimento e per salire sul camion rovesciato di fronte al Padiglione Austria. Qualche rischio, in fine, per il Padiglione Grecia.

Padiglione Argentina| Claudia Fontes, The Horse Problem, Courtesy © Claudia Fontes

Padiglione Argentina| Claudia Fontes, The Horse Problem, Courtesy © Claudia Fontes

DOVE MANGIARE ECC::

Le location sono disseminate di punti ristoro.

Per prezzo del biglietto, riduzioni varie, informazioni sul catalogo, visite guidate ed eventi collaterali vi rimando al sito della Biennale d’Arte 2017

Padiglione Germania| billy bultheel and franziska aigner in anne imhof, faust, 2017 german pavilion, 57th international art exhibition – la biennale di venezia; photography © nadine fraczkowski; courtesy: german pavilion 2017, the artist

Padiglione Germania| billy bultheel and franziska aigner in anne imhof, faust, 2017 german pavilion, 57th international art exhibition – la biennale di venezia; photography © nadine fraczkowski; courtesy: german pavilion 2017, the artist