I paesaggi virtuali di Jakob Kudsk Steensen, romantici e high tech

Jakob Kudsk Steensen, Catharsis (2019-20) © 2020 courtesy of the artist

L’artista di origine danese Jakob Kudsk Steensen ricostruisce ambienti naturali incontaminati e fiabeschi usando le tecnologie più all’avanguardia, Realtà virtuale compresa. Premiato alla scorsa edizione della Biennale di Venezia per un’opera dedicata all’ultimo Kaua’i ʻōʻō (un uccello hawaiano morto nell’87), e al suo straziante canto d’accoppiamento solitario. Ha fatto notizia durante la pandemia con Catharsis, una fitta foresta capace di tramettere pace, che però nella realtà non esiste perché Kudsk Steensen l’ha completamente ricostruita, suoni compresi. La scorsa estate con Berl-Berl, si è dedicato alle zone umide di Berlino, sovrapponendo filmati d’archivio, paesaggi digitali, macrofotografie e quant’altro in un affresco paesaggistico multischermo esposto alla discussa e iconica Halle am Berghain (discoteca simbolo della trasgressione). Da allora, ovvimante, più nulla, dato che impiega molti mesi di lavoro per dar vita ad un progetto.

L’opera di Jakob Kudsk Steensen mette insieme le sue più grandi passioni: la natura, l’arte e i videogiochi. Risultato diretto della sua infanzia: “Sono cresciuto in una piccola città della Danimarca vicino all'oceano, in campagna- ha detto al magazine Lampoon- e ho frequentato una scuola Steiner “ . Lezioni all’aperto, insomma e videogiochi nel tempo libero: “Sono rimasto affascinato dai paesaggi virtuali in giovane età “. Tant’è vero che i suoi eroi artistici sono lo sviluppatore di giochi giapponese Hideo Kojima e il pittore tedesco del XIX secolo Caspar David Friedrich.

I suoi paesaggi virtuali, infatti, sono proprio in bilico tra i videogiochi, i grandi dipinti del romanticismo tedesco e il cinema fantasy. Ma senza streghe e maghi. Anzi la presenza dei mammiferi, umani e non umani, è bandita, a vantaggio di creature meno agitate e più silenziose, come alberi e funghi, in una festa di tessiture che rendono ogni angolo della composizione una scoperta.

Per arrivare a questi risultati il giovane artista (è nato nell’87) passa settimane, se non mesi, nel paesaggio da cui prende spunto (nel caso di Berl-Berl, ad esempio, è andato a lungo in canoa nelle paludi del Brandeburgo). Tuttavia il prodotto finale è invenzione. Non solo nella disposizione ma anche negli elementi che compongono il quadro: “Manipolo come si muove il sole nel paesaggio virtuale, le ombre e come le piante stanno intorno a te”. Così facendo gli piace pensare di rendere la realtà più vera.

L’uso della tecnologia e della fantasia per creare ambienti verosimiglianti ma irreali non deve però ingannare: Jakob Kudsk Steensen è un fanatico del rigore scientifico: fa ricerche d’archivio, va nei musei e collabora con una varietà di esperti (biologi, storici, scrittori ecc). Senza parlare della musica, per cui non si accontenta di contributi e si affianca a uno o più musicisti. Che, spesso, progettano vere e proprie installazioni sonore capaci di dare fluidità al racconto e riempire gli spazi liberi dai monitor.

Al centro delle sue opere c’è l’ambiente, certo. Ma le preoccupazioni ecologiste non sono il vero fulcro del racconto. A Jakob Kudsk Steensen interessa dimostrare che l’arte digitale sa essere colta ed arrivare al cuore di chi guarda.

Come ha detto lui stesso al periodico Wall Paper: “Non mi considero esplicitamente un artista attivista, anche se lavoro su temi come l'estinzione e la conservazione delle zone umide. Per me, il vero senso dell'attivismo qui è usare la tecnologia per qualcosa di molto emotivo, intuitivo, quasi rituale o spirituale; dimostrando che la tecnologia è qualcosa che puoi usare per immaginare, esprimere e sentire e stare con l'ambiente. Questa non è una narrazione che sentiamo spesso, e penso che sia la sua forza. Sono qui per questo: voglio più poesia nella tecnologia”.

Jakob Kudsk Steensen, Berl-Berl (2021). Live simulation (still). Courtesy of the artist.

Jakob Kudsk Steensen, Berl-Berl (2021). Live simulation (still). Courtesy of the artist.

Jakob Kudsk Steensen, 'Berl-Berl' , Halle am Berghain, 2021. © Timo Ohler

Con "Liquid Landscape" Daan Roosegaarde fa camminare i visitatori di Arte Sella su un prato che fluttua come le onde del mare

Image Courtesy of Roberto Conte and Studio Roosegaarde

Image Courtesy of Roberto Conte and Studio Roosegaarde

I visitatori del museo all’aria aperta Arte Sella in Trentino Alto Adige possono camminare su un tappeto erboso ondeggiante che dà l’impressione di danzare in sinergia con il paesaggio. Una sensazione piacevole e surreale, resa possibile dall’installazione permanente Liquid Landscape del designer olandese Daan Roosegaarde (fondatore dello Studio Roosegaarde).

“Liquid Landscape” , infatti, vibra e si muove sempre più intensamente man mano che si procede all’interno dei 50 metri quadri che compongono l’opera. Come se il manto erboso fosse,appunto una massa liquida e fluttuante.

Roosegaarde ha ottenuto questo risultato con una miscela di acqua e terra (materiali rigorosamente prelevati nella zona) ricoperta da uno strato flessibile di sostanze nutritive e vegetali.

Arte Sella ha chiesto allo Studio Roosengaarde un'installazione a bassa manutenzione, duratatura, senza l'uso di elettricità ne luci artificiali..

"Liquid Landscape è un pensiero scultoreo radicale- ha detto il curatore Emanuele Montibeller -come fosse un anti-scultura è quasi invisibile ed è il visitatore a diventare l'opera d'arte.'

Lo scopo dell’opera è rendere evidente come le nostre azioni finiscano per ripercuotersi aull’ambiente che ci circonda.

Sarà possibile sperimentare “Liquid Landscape” durante gli orari di apertura dell’area Malga Costa di Arte Sella. Per saperne di più sul lavoro dello Studio Roosegaarde, invece, basta consultare il loro sito internet o dare uno sguardo all’account Instagram. (via Designboom)

Image Courtesy of Roberto Conte and Studio Roosegaarde

Image Courtesy of Roberto Conte and Studio Roosegaarde

Pangea Photo Festival: Tra paesaggi mozzafiato e globalizzazione, ben sei mostra di fotografia internazionale. Sull'Appennino di Reggio Emilia

Lucas Foglia, Human Nature. Maddie with Invasive Water Lilies

Lucas Foglia, Human Nature. Maddie with Invasive Water Lilies

Una sola terra, comunità umane apparentemente lontane ma sempre più interconnesse, sono il filo conduttore del Pangea Photo Festival di Castelnovo ne’ Monti (in provincia di Reggio Emilia). Una carrellata di fotogrofia (in gran parte internazionle) da mozzare il fiato, sospesa tra ecologia, cronaca e globalizzazione (senza dimenticare di passare per la tecnologia). Negli edifici e outdoor. Per un totale di ben sei mostre immerse nel verde. A 750 metri sull’Appennino Tosco- Emiliano.

Pensato per diventare un appuntamento fisso, il Pangea Photo Festival è stato inaugurato in febbraio. Ma, come tutte le altre esposizioni sul territorio nazionale, è stato poco accessibile per le restrizioni dovute alla pandemia. Ad organizzarlo "un gruppo informale di giovani abitanti dell’Appennino Reggiano" (insieme al Comune di Castelnovo ne’ Monti e con il sostegno di A.S.C. Teatro Appennino).

Il festival mette insieme il lavoro del giovane ma già affermato fotografo newyorkese Lucas Foglia (il suo lavoro è conservato, tra le altre, nelle collezioni del San Francisco Museum of Modern Art, and Victoria and Albert Museum), con il viaggio epico ed avventuroso compiuto in contemporanea da Khadir Van Lohuizen & Yuri Kozirev in mezzo ai ghiacci (premiato in Francia con il prestigioso Carmignac Photojournalism Award). Con i sette anni di ricerca di soluzioni innovative e pratiche agricole d'avanguardia per tentare di ridurre la fame nel mondo di Luca Locatelli (per questo progetto è entrato nella ristretta rosa dei finalisti del World Press Photo Award 2018, ma il suo lavoro è pluripremiato). Passando per l’opera della fotografa ed artista giordana Tanya Habjouqa, che ritrae momenti di svago in zone dei medioriente considerate senza pace. Oltre a quello dei professionisti originari di Reggio Emilia: Piergiorgio Casotti (è anche filmmaker e attualmente risiede a New York) qui a raccontarci con delicatezza il difficile mondo giovanile groenlandese e Michele Cattani (adesso risiede in Mali, il suo lavoro è stato, tra gli altri pubblicato da New York Times) , che con l’occhio del cronista ritrae l’attalità del Mali

Crediamo fortemente – hanno detto gli organiizzatori - che la narrazione attraverso la fotografia d’autore possa aiutare a riconnettersi profondamente con storie all’apparenza lontane, ma che riguardano tutti e talvolta possono anche essere determinate dalle piccole scelte quotidiane di ciascun individuo”.

Il Pangea Photo Festival ha prorogato le sei mostre di fotografia (quelle indoor fino al 28 maggio e quelle outdoor fino al 27 giugno 2021), che da lunedì saranno di nuovo visitabili a Castelnovo ne’ Monti di Reggio Emilia. Da non perdere gli instagram di Lucas Foglia e Luca Locatelli. Oltre, naturalmente, a quello degli altri artisti e del Pangea Photo Festival stesso.

“Arctic New Frontier” di Khadir Van Lohuizen e Yuri Kozirev:

Khadir Van Lohuizen e Yuri Kozirev, Arctic New Frontier

Khadir Van Lohuizen e Yuri Kozirev, Arctic New Frontier

Per la prima volta in Italia “Arctic New Frontier” è un progetto monumentale (in collaborazione con NOOR e Fondation Carmignac). Per realizzarlo, l’olandese Khadir Van Lohuizen e il russo Yuri Kozirev, hanno percorso 15mila chilometri nel giro di sei mesi in mezzo ai ghiacci del Circolo Polare Artico. I due fotografi hanno seguito itinerari diversi. Van Lohuizen, partito daall'isola di Spitzberg, nelle Svalbard (Norvegia); si è spostto fino in Groenlandia ed ha, per esempio, incontrato scienziati che hanno scoperto l’esistenza di fiumi ghiacciati sotto la calotta di ghiaccio e abitanti della zona. Mentre Kozirev, ha costeggiato il Mare di Barents e viaggiato su una portacontainer raccogliendo le testimonianze di persone che si sono ammalate a causa dell’estrazione del nichel.

"In Arctic: New frontier i due fotografi, vincitori del premio Carmignac, mostrano lo scioglimento dei ghiacci, i cambiamenti nella vita quotidiana delle popolazioni e l’aumento delle attività militari nella regione. Il loro viaggio rappresenta la documentazione più completa sulle condizioni attuali nell’Artico. I due fotoreporter hanno lavorato contemporaneamente nell’area artica del pianeta, sotto la guida di Jean Jouzel, climatologo, vincitore del Vetlesen Award 2012 e co-vincitore del Nobel Peace Award 2007 come direttore dell’IPCC"..

Location: Outdoor. Sui muri che da Piazzale Mantova portano all’Eremo di Bismantova.

Fino al: 27 giugno 2021.

Khadir Van Lohuizen e Yuri Kozirev, Arctic New Frontier

Khadir Van Lohuizen e Yuri Kozirev, Arctic New Frontier

“Human Nature” e “Frontcountry” di Lucas Foglia:

Lucas Foglia, FRONTCOUNTRY. Tommy Trying to Shoot Coyotes

Lucas Foglia, FRONTCOUNTRY. Tommy Trying to Shoot Coyotes

Presente con due serie di fotografie Lucas Foglia si occupa dell’importanza della natura nelle nostre vite. Ecologia e cambiamento climatico certo ma anche documentazione del momento storico, con uno sguardo a tratti poetico a momenti divertito, fino a ritrarre il modo in cui noi e la Natura ci riadattiamo a una convivenza. Il progetto “Human Nature” fotografa, appunto, questo tentativo di ritrovare vicinanza in contesti diversi. Mentre “Frountcountry” ci racconta il West di oggi, tra sfruttamento minerario poco redditizio, regioni agricole ma spopolate, mutui in banca e tradizioni rilette dalle necessità di un occidente dimenticato.

Location: Indoor. Palazzo Ducale.

Fino al: 28 maggio 2021.

Lucas Foglia, Human Nature. Matt Swinging between Trees

Lucas Foglia, Human Nature. Matt Swinging between Trees

Lucas Foglia, Human Nature. Kenzie inside a Melting Glacier

Lucas Foglia, Human Nature. Kenzie inside a Melting Glacier

Lucas Foglia, FRONTCOUNTRY. Casey and Rowdy Horse Training

Lucas Foglia, FRONTCOUNTRY. Casey and Rowdy Horse Training

Lucas Foglia, FRONTCOUNTRY. Jewett Elk Feedground

Lucas Foglia, FRONTCOUNTRY. Jewett Elk Feedground

“Future Studies” di Luca Locatelli:

Luca Locatelli, Future Studies

Luca Locatelli, Future Studies

Con il progetto "Future Studies", Luca Locatelli, riflette sul punto d’equilibrio ideale tra innovazione tecnologica e sostenibilità. Lo fa attraverso uno sguardo misurato ma teatrale, tra il meravigliato e l’ironico che gioca sulla dicotomia tra linee rette e forme organiche (naturali \morbide) o luci. Future Studies dura da sette anni ed è ancora in corso. Qui ci sono immagini dei capitoli sulle soluzioni tecnologice per minimizzare l’impatto delle carestie ("The Future of Farming") e sui siti di smistamento rifiuti in tempi di Economia Circolare (“The End of Trash. Circular Economy Solutions”).

Sede: Indoor. Corte Campanini (cortile interno Istituto Merulo Biblioteca Crovi).

Fino al: : 28 maggio 2021.

Luca Locatelli, Future Studies

Luca Locatelli, Future Studies

Luca Locatelli, Future Studies

Luca Locatelli, Future Studies

“Occupied Pleasures” di Tanya Habjouqa:

Tanya Habjouqa, Occupied Pleasures

Tanya Habjouqa, Occupied Pleasures

Nella serie “Occupied Pleasures” la fotografa giordana Tanya Habjouqa (resciuta però tra Medio Oriente e Stati Uniti) ritrae momenti di svago e relax quotidiano in zone difficili (nella Cisgiordania occupata, a Gerusalemme e a Gaza), dove il movimento era limitato anche prima della pandemia e l’agenda dello sviluppo del territorio piegaa ad altre urgenze da smpre. Lo fa con brio e ironia.

Location: Indoor. Palazzo Ducale

Fino al: 28 maggio 2021.

Tanya Habjouqa, Occupied Pleasures

Tanya Habjouqa, Occupied Pleasures

“Fulani” di Michele Cattani:

Michele Cattani, Fulani

Michele Cattani, Fulani

Michele Cattani documenta, con impietoso realismo, la vita delle migliaia di sfollati che vivono in un deposito rifiuti a sud della capitale del Mali. In fuga della guerra nel centro del Paese, queste persone, per lo più appartenenti a un gruppo di pastori di etnia Fulani, oggetto di violenza ed eseguzioni sommarie, non hanno avuto altra scelta che trasferirsi lì. La serie si chiama, appunto, “Fulani”.

Location: Indoor. Ex Pretura.

Fino al: 27 giugno 2021.

“Sometimes I cannot smile" di Piergiorgio Casotti:

Piergiorgio Casotti, Sometimes I cannot smile

Piergiorgio Casotti, Sometimes I cannot smile

In “Sometime I Cannot Smile”, Piergiorgio Casotti, documenta con sctti in biancoe e nero sfumati ed eleganti, oltre che con evidente partecipazione emotiva, il senso di vuoto che segna a cultura giovanile groenlandese. Paese in cui il tasso di suicidi è molto alto.

Location: Via Roma dal numero 61 al 71.

Fino al: Outdoor. 27 giugno 2021

Pangea Photo Festival, particolare dell’installazione

Pangea Photo Festival, particolare dell’installazione

Pangea Photo Festival, particolare dell’installazione

Pangea Photo Festival, particolare dell’installazione

Pangea Photo Festival, particolare dell’installazione

Pangea Photo Festival, particolare dell’installazione

Pangea Photo Festival, particolare dell’installazione

Pangea Photo Festival, particolare dell’installazione