Nato nel 1929 in Ghana, James Barnor, ha catturato con la sua fotografia al tempo stesso spontanea e pensata, ironica e appariscente, lo spirito di sei decenni in due diversi continenti. Al centro delle sue immagini, bianco e nero negli esordi e coloratissime durante i favolosi sixties, sempre la comunità africana. La musica, la moda, il costume, il desiderio di emancipazione, la sconfitta e la diaspora.
Alla base delle grandi carriere c’è sempre una componente personale e una affidata al puro caso. Non c’è dubbio che la fotografia di James Barnor risenta positivamente del clima di attesa gioiosa che investiva il Ghana mentre lui muoveva i suoi primi passi nella professione. Il paese africano, infatti, si stava progressivamente affrancando dal colonialismo inglese e riponeva molte speranze nell’astro nascente del leader Kwame Nkrumah. La musica highlife si stava imponendo e il boxeur ghanese Roy Ankrah mostrava il suo talento all’estero.
Dopo un periodo da ritrattista, Barnor, comincia a documentarre quel che succede in strada. “Se avevo bisogno di una foto -dirà anni dopo- o di una nuova storia, mi precipitavo al mercato di Makola, dove la gente si comporta in modo più simile a se stessa. Questo mi piaceva di più della fotografia in studio. Usavo una piccola macchina fotografica. Era ottimo per trovare storie”.
Di lì al fotogiornalismo il passo è stato breve e Barnor è diventato collaboratore del Daily Graphic. Tra le sue foto quella di un giovane Kwame Nkrumah, mentre, appena scarcerato per assumere a furor di popolo la guida del Paese, calcia un pallone. Ma anche di Roy Ankrah tra allenamenti e tempo libero.
Da quel momento in poi, James Barnor, continuerà a raccontare la realtà intorno a se, spostandosi con abilità dall’attualità da giornale, alle copertine dei dischi, fino alla moda.
Nel ‘59 si trasferirà a Londra dove racconterà i favolosi anni sessanta mettendo al centro della sua opera la comunità afro-inglese. Lavorerà tra l’altro per la rivista sudafricana Drum (baluardo anti-apartheid), dove metterà in copertina modelle di orgine africana come come Erlin Ibreck e Marie Hallowi.
Lì studierà le tecniche della fotografia a colori presso il Colour Processing Laboratories (principale laboratorio della Gran Bretagna). Per poi tornare in Ghana e portare questo nuovo modo di documentare il presente anche là: “Il colore ha davvero cambiato le idee della gente sulla fotografia- racconta- Il kente è un tessuto ghanese intrecciato con molti colori diversi e la gente voleva essere fotografata dopo la chiesa o in città indossando questo tessuto, quindi la notizia si diffuse rapidamente”.
Inutile dire che col tempo i suoi scatti diventeranno l’archivio del costume di un popolo. Di quel periodo (1974) anche la collaborazione con la compagnia petrolifera italiana Agip (per cui farà le fotografie di un calendario promozionale).