Adriano Pedrosa curerà la Biennale Arte di Venezia 2024

Al curatore brasiliano Adriano Pedrosa è stata affidata la guida della prossima edizione dell’Esposzione Internazionale d’Arte. La sessantesima Biennale di Venezia. Pedrosa ne sarà il primo curatore latino-americano e iinsieme il primo a provenire dall’emisfero sud del Pianeta.

Nato a Rio de Janeiro 57 anni fa, Pedrosa non è uno sconosciuto. Già premiato dal prestigioso Central for Curatorial Studies del Bard College di New York, E’ il Direttore Artistico del Museu de Arte de São Paulo Assis Chateaubriand (MASP). Dove è stato lodato da tutti gli osservatori per il modo radicale in cui ha riallestito il materiale delle collezioni ma anche per le mostre temporanee focalizzate su forme d'arte popolari e vernacolari. D’altra parte Pedrosa è noto sia per per importanti studi monografici su artisti brasiliani che  per  aver  curato importanti  manifestazioni  artistiche internazionali come, per  esempio, la Biennale di San Paolo, quella di Istambul (come  co-curatore) e il Padiglione  di  San Paolo alla Biennale di Shanghai. Un curriculum che giustifica ampiamente la dichiarazione del Presidente della Biennale di Venezia, Roberto Cicutto:

La scelta di Adriano Pedrosa come curatore della 60. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia è il frutto di un processo partito dall’esperienza maturata con il lavoro fatto da Cecilia Alemani (...)Pedrosa, stimato curatore e direttore dell’importante Museo de Arte de São Paulo in Brasile (realizzato dall’architetta italiana Lina Bo Bardi), è conosciuto per competenza e originalità nel concepire le sue mostre con occhio attento alla contemporaneità, muovendosi da un punto di osservazione del mondo che non può prescindere dalla natura del proprio luogo di appartenenza (...)"

Adriano Pedrosa ha, invece, detto:

Sono onorato e riconoscente per questo prestigioso incarico, soprattutto come primo latino-americano a curare l’Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, e di fatto il primo a risiedere nell'emisfero sud del mondo (…)”.

La 60esima Esposizione Internazionale d’Arte- la Biennale di Venezia verrà aperta al pubblico il 20 aprile 2024 e si concluderà il successivo 24 novembre.

Va all’asta il primo campione di polvere lunare raccolto da Neil Armstrong. La vendita è frutto di un’incredibile serie di eventi

La borsa che conteneva il campione di polvere lunare. Image Courtesy of Bonhams

Il mese prossimo la casa d’aste Bonham metterà in vendita il primo campione di polvere lunare raccolto dall’astronauta statunitense Neil Armstrong, durante la sua celebre passeggiata nello spazio, tramessa in mondovisione nell’estate del ’69. Il reperto, oltre a rendere possibili ulteriori scoperte sulle caratteristiche del suolo lunare con l’evolversi della tecnologia (come testimonia questa recente notizia), ha una grande importanza storica. La Nasa, infatti, era fermamente contraria alla vendita ad un privato della polvere lunare raccolta dalla missione Apollo 11, che riteneva materiale per un museo.

E proprio per questo motivo la casa d’aste sta pubblicizzando l’evento come irripetibile e l’oggetto come: "l'unico campione Apollo che può essere venduto legalmente".

In effetti, le circostanze che hanno portato sul mercato il campione si suolo lunare raccolto durante la missione Apollo 11, sono talmente particolari da escludere che si possano verificare una seconda volta. D’altra parte i reperti vennero considerati cruciali fin dal principio tanto da spingere l’agenzia spaziale a pronunciare la frase: “Prima salvate le rocce lunari. Abbiamo solo una scatola di pietre. Mentre abbiamo un sacco di astronauti" (riportata n seguito da Mike Mallory, un membro della squadra di recupero dell'Apollo 11).

Tuttavia la sacca con il materiale a un certo punto sparì dai magazzini della Nasa. Fino a quando nel 2002 non si scoprì che l’aveva rubata Max Ary, ex direttore e presidente del museo spaziale Cosmosphere di Hutchinson in Kansas. Ary, venne condannato per riciclaggio di denaro, frode e furto, e la borsa diventò proprietà del governo. Che la mise all’incanto senza nemmeno sapere cosa contenesse. Così, nel 2015, l’avvocato, Nancy Lee Carlson, la comprerà per 995 dollari, attirata dalla descrizione: “Borsa gonfia con cerniera per il ritorno dei campioni lunari con polvere lunare”. Dopo essersela aggiudicata, Carlson, vuole saperne di più e la spedisce al Johnson Space Center di Houston (in Texas). Dove ne analizzano il contenuto e si rifiutano di restituirgliela: "questo manufatto, crediamo, appartenga al popolo americano e dovrebbe essere esposto al pubblico". Carlson fa causa allo Space Center e il giudice, comprensibilmente, le da ragione. Questo le frutterà oltre 1 milione e 800 mila dollari (oltre 1 milione e 600 mila euro al cambio attuale), quando il campione andrà all’asta da Sotheby’s per la prima volta nel 2017.

Il 13 aprile 2022 il campione torna all’asta per la seconda volta ed è stimato tra gli 800 mila e il milione e 200 mila dollari. Cifra più modesta di quella pagata la prima volta ma che potrebbe crescere se la vendita avrà successo. L’asta si chiama “Space History Featuring the First Lunar Sample” e oltre alla polvere lunare presenterà altri lotti come un frammento di alluminio originale dello Sputnik 1. (via Artnet)

Image Courtesy of Bonhams

Image Courtesy of Bonhams

A Katharina Fritsch e Cecilia Vicuña vanno i Leoni d'oro alla carriera della Biennale Arte 2022

Katharina Fritsch, Rattenkönig / Rat King 1993, Resina poliestere, vernice, 110¼ × 511¾ × 511¾ pollici ; 280 × 1300 × 1300 cm. Image: Matthew Marks Gallery

La Biennale Arte 2022, che quest’anno sarà curata da Cecilia Alemani e si intitolerà Il Latte dei Sogni, con l’attribuzione dei Leoni d’oro alla carriera si conferma sempre più al femminile. I due importanti riconoscimenti, infatti, sono stati attribuiti all’artista tedesca Katharina Fritsch e alla cilena Cecilia Vicuña.

Classe ‘56, Katharina Fritsch vive e lavora tra Wuppertal e Düsseldorf. Conosciuta per le sue grandi e coloratissime sculture, figurative, riconoscibilissime ma anche stranianti e misteriose. Iperrealiste eppure surreali. Vuoi per la grande scala, vuoi per il luogo in cui le colloca o i colori. Le sue opere più famose riproducono animali, conchiglie, statuaria devozionale, oggetti di uso comune e figure umane. Ma nelle mani di Fritch ognuno di questi soggetti perde parte del proprio significato per assumerne uno nuovo e non del tutto chiaro.

Cecilia Alemani di lei ha detto: “La prima volta in cui ho visto un’opera di Katharina Fritsch di persona è stato proprio alla Biennale di Venezia, nell’edizione del 1999, curata da Harald Szeemann, la prima Biennale che ho visitato. L’imponente opera che occupava il salone principale del Padiglione Centrale si intitolava Rattenkönig, il re dei topi, una scultura inquietante in cui un gruppo di topi giganteschi è disposto in cerchio, le code annodate, come in uno strano rituale magico. Da quel momento in poi, a ogni incontro con una scultura di Fritsch, ho provato lo stesso senso di stupore e di attrazione vertiginosa. Il contributo di Fritsch nel campo dell’arte contemporanea e, in particolare, in quello della scultura non ha paragoni. Il suo lavoro si distingue per opere figurative al contempo iperrealistiche e fantastiche: copie di oggetti, animali e persone rese nei più minuscoli dettagli ma trasformate in apparizioni perturbanti. Spesso Fritsch modifica le dimensioni e la scala dei suoi soggetti, miniaturizzandoli o ingigantendoli e avvolgendoli in campiture di colori stranianti: è come trovarsi al cospetto di monumenti di civiltà aliene, o di fronte a reperti esposti in uno strano museo postumano.”

Del tutto diversa l’opera di Cecilia Vicuña, nata nel ‘48 a Santiago (attualmente vive tra New York e la capitale cilena). Centrata sulla precarietà e su un sovrapporsi di vari medium espressivi con il costante obbiettivo di omaggiare la storia e la cultura degli indigeni cileni. Lei oltre a essere un’artista è anche poetessa, cineasta e attvista.

Vicuña è un’artista e poetessa- ha detto Alemani- e ha dedicato anni a preservare le opere letterarie di molti scrittori e scrittrici dell’America Latina, svolgendo un encomiabile lavoro di traduzione e redazione di antologie di poesie sudamericane che, senza il suo intervento, sarebbero andate perdute. Vicuña è anche un’attivista che da anni lotta per i diritti delle popolazioni indigene in America Latina e in Cile. Nel campo delle arti visive si è distinta per un’opera che spazia dalla pittura alla performance, fino alla realizzazione di assemblage complessi. Al centro del suo linguaggio artistico c’è una forte fascinazione per le tradizioni indigene e per le epistemologie non occidentali. Per decenni ha lavorato in disparte, con precisione, umiltà e ostinazione, anticipando molti dibattiti recenti sull’ecologia e il femminismo e immaginando nuove mitologie personali e collettive. La maestria di Vicuña consiste nel trasformare gli oggetti più modesti in snodi di tensioni e forze. Molte delle sue installazioni sono realizzate con materiali trovati e detriti abbandonati che l’artista intesse in delicate composizioni, nelle quali il microscopico e il monumentale sembrano trovare un fragile equilibrio: un’arte precaria, al contempo intima e potente”.

La cerimonia di premiazione si svolgerà il 23 aprile , durante l’inaugurazione della Biennale Arte di Venezia Il Latte dei Sogni.

Hahn/Cock (2013) by Katharina Fritsch on the National Gallery of Art's East Building Roof Terrace; glass fiber reinforced polyester resin fixed on stainless steel supporting structure National Gallery of Art, Washington Gift of Glenstone Foundation Image: National Gallery of Art

Cecilia Vicuña, Skyscraper Quipu (2006), New York, NY image: Cecilia Vicuña