“Venetian Rhapsody” di Cody Choi accoglie i visitatori del Padiglione Corea della Biennale di Venezia 2017 con un gioco di neon multicolore. Che trasformano la facciata dell’edificio in un motel.
Il look architettonico dell’installazione dell’artista asiatico, si ispira agli alberghi a ore di Las Vegas, ma prende simboli a piene mani anche dal patrimonio visivo di Macao. Secondo Cody Choi, infatti, Venezia avrebbe in comune con le altre due grandi città la capacità di indurre una sorta di fascinazione, forte ma irreale. Una malia, frutto del convergere della Storia e di una decisa vocazione commerciale.
“Ho avuto l’opportunità di riflettere sulle implicazioni geo-culturali della città di Venezia- spiega Cody Choi- Per diverse generazioni o più, Venezia è stata un città turistica che ha costruito il suo successo sulla fusione di pittoresco e commercio. E’ stata anche una città che ha seminato sogni grandiosi nell’animo di molti artisti (…). Mi è sembrato che gli artisti e le autorità delle arti che partecipano alla Biennale di Venezia siano influenzate dal suo "potere" e vantino i loro successi. Forse, io non farò eccezione. Così ho cominciato a cercare altre città che condividono con Venezia il potere di far sognare le persone e che sono anche dominate da uno spirito commerciale nella politica e nella cultura. Me ne sono venute in mente due: Las Vegas a ovest e Macao a est.”
L’artista asiatico usa spesso il neon nel suo lavoro e ama appropriarsi di immagini molto conosciute per poi reinventarle. Al centro della sua ricerca la forte occidentalizzazione della Corea e il modo in cui i conflitti culturali influenzino la socializzazione e l’assimilazione di concetti distanti.
C’è da credere che a pesare sulla scelta di creare “Venetian Rhapsody” sia stata anche l’immagine del Padiglione coreano. Architettonicamente troppo vecchio per essere considerato contemporaneo e troppo recente per essere visto come antico o semplicemente d’epoca. Ultimo nato tra gli spazi espositivi dei Giardini il padiglione coreano è stato eretto nel 1995, a un centinaio d’anni di distanza dal corpo espositivo centrale.