Ai Weiwei crea un’enorme scultura con 1254 biciclette nelle strade di Buenos Aires

Ai Weiwei. Forever Bicycles, 2017; 1254 biciclette in metallo 950 x 1600 x 290 cm. photo: Gian Paolo Minelli.

Ai Weiwei. Forever Bicycles, 2017; 1254 biciclette in metallo 950 x 1600 x 290 cm. photo: Gian Paolo Minelli.

Ai Weiwei è instancabile. Il suo documentario dedicato ai migranti ‘Human Flow’ è fresco di proiezione e la grande mostra di arte pubblica ’Good Fences make good neighbours’ continua a New York, nel frattempo l’artista e attivista cinese ha inaugurato l’esposizione ‘Inoculacion’ alla Fodazione PROA di Buenos Aires. 
33 opere, tra le quali ‘Forever Bicycles’, che consegna alla città sudamericana un monumento ai mutamenti sociali fatto con… 1254 biciclette di metallo.

In questo nuovo evento, curato dal critico brasiliano Marcello Dantas, Ai Weiwei ha usato tutte le sale del museo, bar e bookshop compresi, dando prova del suo talento da architetto. Con l’obbiettivo di ritrarre il proprio percorso professionale e, in ugual misura, i suoi due cavalli di battaglia (ingiustizia cinese e migrazioni). 
In quest’occasione Ai Weiwei ha deciso di esporre alcune opere particolarmente importanti. Di creare installazioni con carta da parati per prendere possesso di ogni sala della Fondazione. E di invadere l’area antistante il museo con una grande opere di arte pubblica.
Forever Bicycles, scultura monumentale costruita con 1254 biciclette, di 16 metri di lunghezza per 9 metri di altezza- spiega la direttrice di PROA, Adriana Rosemberg- si trova sul marciapiede di fronte alla facciata della fondazione, mostrando al Barrio de la Boca un'icona del modo di vivere e dei costumi in Cina. Questo gesto di Proa verso il quartiere mira a mettere a disposizione del passante casuale, dei bambini, una delle opere più belle costruite con oggetti della vita quotidiana.”

Ai Weiwei, Sunflower Seeds, 2010 Porcellana 15 tonnellate; 116,5 m2. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Ai Weiwei, Sunflower Seeds, 2010 Porcellana 15 tonnellate; 116,5 m2. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Va poi ricordato che all’interno sarà possibile vedere la famosissima installazione ‘Sunflower seeds, fatta con 15 tonnellate di semi di girasole in porcellana dipinti a mano, uno ad uno, da artigiani cinesi. E con la quale Weiwei conquistò la Turbine Hall della Tate Gallery di Londra nel 2010.

Ai Weiwei, He Xie, 2011, 28 x 8 x 2 cm. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Ai Weiwei, He Xie, 2011, 28 x 8 x 2 cm. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Da citare anche ‘He Xie’ esposta anche in occasione di ‘Ai Weiwei: Libero’ a Palazzo Strozzi (ne ho parlato qui) e ‘Moon chest’ composta da alcune casse in legno lavorate secondo un’antica tecnica cinese (le casse sono in fila e su ognuna c’è un foro; per il leggero sfalsamento tra le pareti dei mobili se si guarda nel buco si possono vedere decine di fasi di un’eclisse lunare).

Ai Weiwei, Moon Chest, 2008 legno di Huang Hua Li (Huali) 320 x 160 x 80 cm cada uno. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Ai Weiwei, Moon Chest, 2008 legno di Huang Hua Li (Huali) 320 x 160 x 80 cm cada uno. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Ai Weiwei sarà a Buenos Aires fino al 3 di aprile del prossimo anno. Ma c’è da credere che prima di allora sarà possibile vedere le sue opere un po’ più vicino.

Ai Weiwei, Sunflower Seeds, 2010 Video, color. 14 42. Courtesy Tate Digital © Tate 2017

Ai Weiwei, Sunflower Seeds, 2010 Video, color. 14 42. Courtesy Tate Digital © Tate 2017

Ai Weiwei, Stacked Porcelain Vases as a Pillar, 2017 Porcellana 312 x 50,5 x 27 cm total. 52 x 50,5 x 27 cm per vaso. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 201

Ai Weiwei, Stacked Porcelain Vases as a Pillar, 2017 Porcellana 312 x 50,5 x 27 cm total. 52 x 50,5 x 27 cm per vaso. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 201

Ai Wewei, Taifeng, 2015 Bamboo e seta. 167 x 86 x 200 cm. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Ai Wewei, Taifeng, 2015 Bamboo e seta. 167 x 86 x 200 cm. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Ai Weiwei, Making of Sunflower Seeds, 2010 Color Impression. Copia per la mostra misure variabili

Ai Weiwei, Making of Sunflower Seeds, 2010 Color Impression. Copia per la mostra misure variabili

Ai Weiwei, Map of China, 2017 Wallpaper, digital print. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Ai Weiwei, Map of China, 2017 Wallpaper, digital print. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Ai Weiwei, 320 Photos Related to Refugees, 01.12 - 01.27, 2015 Wallpaper. Digital Print. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017 Medidas variables

Ai Weiwei, 320 Photos Related to Refugees, 01.12 - 01.27, 2015 Wallpaper. Digital Print. photo © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017 Medidas variables

Au Weiwei, Free Speech Puzzle, 2015 Porcellana. 51 x 41 x 0,8 cm. image © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Au Weiwei, Free Speech Puzzle, 2015 Porcellana. 51 x 41 x 0,8 cm. image © Ai Weiwei Studio, Berlín, 2017

Ai Weiwei barrica le finestre del museo Kunsthal Charlottenborg di Copenhagen con 3500 giubbotti di salvataggio dei rifugiati

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

L’artista cinese Ai Weiwei torna a parlare di migrazioni con la grande installazione ‘Soleil Levant’, che dal 20 giugno adorna la facciata principale del museo Kunsthal Charlottenborg di Copenhagen.

L’opera è composta da 3500 giubbotti di salvataggio appartenuti ai rifugiati, ergonomicamente piegati e impilati nelle grandi finestre dell’edificio, fino a farne delle barricate impenetrabili.

Inutile sottolineare che gli indumenti sono sempre quelli recuperati da Ai Weiwei e dal figlio nel campo profughi dell’Isola di Lesbo e già utilizzati dall’artista per l’installazione alla Konzerthaus di Berlino (ne ho parlato qui), mentre per ‘Reframe’ a Palazzo Strozzi in occasione della mostra ‘Ai Weiwei. Libero’ aveva usato dei gommoni (ne ho parlato qui).
‘Soleil Levant’, invece, si discosta completamente dalla grande mostra ‘Maybe, Maybe not’, che l’artista ha in corso all’ Israel Museum di Gerusalemme, e dove, abbandonato il tema delle migrazioni, Mr. Ai è tornato a riflettere sulla sua patria (qui).

“L’installazione prende il nome dal dipinto impressionista di Claude Monet, Soleil Levant del 1872- spiegano alla Kunsthal Charlottenborg- che descrive il porto di Le Havre alla fine della guerra Franco-Prussiana del 1870-71. Mentre la pittura paesistica di Monet cattura la realtà politica e sociale del suo tempo con le sue gru, i vaporetti e l'industrializzazione, Soleil Levant di Ai Weiwei richiama l'attenzione sulla realtà politica e sociale di oggi attraverso i giubbotti di salvataggio dei rifugiati.”

La scultura monumentale è stata realizzata in occasione della ‘Giornata Mondiale delle Nazioni Unite per i Rifugiati’ (20 giugno) e rimarrà sulla facciata della Kunsthal Charlottenborg fino all'1 ottobre 2017.

L’installazione ‘Soleil Levant’ di Ai Weiwei è curato da Luise Faurschou del progetto per l’arte contemporanea sostenibile ART 2030 e Michael Thouber del museo Kunsthal Charlottenborg.

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm.

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm.

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by Anders Sune Berg

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Ai Weiwei, "Soleil Levant", 2017. Installation view, Kunsthal Charlottenborg, 2017. Courtesy of the artist. Photo by David Stjernholm

Ai Weiwei pianta degli enormi alberi di ferro nel parco del Museo di Israele

ai weiwei: maybe, maybe not; ‘iron tree’all images © eli posner

ai weiwei: maybe, maybe not; ‘iron tree’
all images © eli posner

L’estate per l’artista ed attivista cinese Ai Weiwei non sarà un periodo di vacanza, in attesa del grande progetto che lo vedrà protagonista in autunno a New York (“Good fences make good neighbours”). Anzi.

Ai Weiwei, infatti, ha appena inaugurato “Maybe, maybe not” (“potrebbe essere, potrebbe non essere“) al Museo di Israele a Gerusalemme. Una grande mostra che mette in fila alcune tra le installazioni monumentali più importanti realizzate negli ultimi anni e le affianca ad opere nuove.

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Si comincia proprio con delle sculture create da Ai Weiwei per la personale. Si chiamano “Iron trees” e sono appunto degli alberi di ferro. Degli enormi alberi di ferro (8 metri d’altezza per un peso di 14 tonnellate). Posizionate nel percorso che conduce al Museo di Israele, le opere, si integrano alla vegetazione circostante (composta prevalentemente da ulivi e arbusti) sia per la forma che per il colore (creato dalla naturale l’ossidazione del metallo).

Gli “Iron trees”, che conducono lo spettatore verso la mostra vera e propria, fanno riferimento a un’altra famosa installazione di Ai Weiwei (“Trees“, 2009; in esposizione una versione del 2010).
Sembrano semplicemente dei grandi tronchi dai rami ricurvi, ma sono in realtà frutto dell’assemblaggio di tanti calchi in ferro (rami, tronchi, radici), ricavati da alberi raccolti nel sud della Cina e venduti nei mercati di Jingdezhen.
“Maybe or maybe not” è proprio una riflessione sulla molteplicità che diventa un unico elemento e sul suo rapporto con l’individuo. Come nella società in cui tante persone vengono percepite come un corpo collettivo ma mantengono una tensione all’unicità.

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In quest’ottica è stata inserita nella mostra del Museo di Israele anche l’installazione che consacrò Ai Weiwei alla fama internazionale: “Sunflower seeds” del 2010. La scultura monumentale, che venne esposta alla Tate Modern, è composta da milioni di semi di girasole in porcellana, fatti a mano e dipinti uno per uno dagli artigiani dello Jingdezhen.
Bisogna aggiungere che, come nel caso dei granchi di fiume (vedi qui), i semi di girasole sono molto apprezzati dai cinesi e questo li accomuna agli abitanti di Israele.

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Altre opere importanti sono esposte al Museo di Israele come: “Soft ground” (tappeto, 2009), “dropping a han dynasty urn” (mosaico in mattoncini lego, 2016)  e “Trees” (parti d’albero riassemblate, 2010). “Maybe or maybe not” di Ai Weiwei è curata da Mira Lapidot, Yulla e Jacques Lipchitz e sarà possibile visitarla fino al 28 ottobre 2017. (via Designboom)

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