La Pop Art provocatoria e surreale di Mel Ramos

Mel Ramos, Della Monty, 1972. Courtesy Galerie Gmurzynska

Nato a Sacramento nel ‘35 da una famiglia portoghese, Mel Ramos, fu uno dei primi artisti Pop. Si distinse dai colleghi della east-coast per il colore californiano e una certa libertà rappresentativa, ma soprattutto per aver rivisitato, con insistenza, il tema del nudo femminile in chiave pop.

Aveva esplorato l’astrattismo per poi dedicarsi ad opere figurative. Fu allievo e poi amico di Wayne Thiebaud (che di Ramos si è spinto a dire: “Farò una dichiarazione molto audace e dirò che Mel è un pittore molto più importante, interessante e più grande di Andy Warhol"), ma ebbe un rapporto molto stretto anche con Roy Lichtenstein. Di cui in seguito raccontò : “Ero a New York con un mio amico che si chiama Roy Lichtenstein, la cui fidanzata all'epoca lavorava nella mia galleria. E quando ero a New York […] di solito stavamo da lui nel suo loft. E andavamo a cena fuori e parlavamo di arte e di vita".

Dipingeva i personaggi dei fumetti (fu uno dei primi a farlo) e bellissime ragazze nude che affiancava ai prodotti di consumo. Queste ultime, sbucavano dal fondo monocromo, privo di profondità, per nascondersi (ma mai più di tanto) dietro a bottiglie di ketchup o tubetti di dentifricio, facendo il bagno in enormi coppe di Martini o emergendo da banane e pannocchie.

La maggior parte di queste rappresentazioni era ingenuo e le donne di Ramos troppo stereotipate per essere pensate come esseri reali. Altre immagini, però, erano meno candide, ai limiti della pornografia.

In generale, le signore ammiccanti nei dipinti di Ramos, ricordano le pin-up della pubblicità degli anni ‘50-’60 del secolo scorso. Quindi le sue opere possono essere viste come un commento critico al consumismo. Ed in effetti, così vennero interpretate all’inizio. Ma con il tempo, e l’affermarsi dei movimenti femministi, il lavoro dell’artista venne guardato meno benevolmente dalla critica, che cominciò a sottolineare come le donne nei lavori di Ramos si facessero oggetti. Un critico donna, negli anni ‘70, parlò apertamente di natura feticista e umiliante dell’immagine femminile nella sua opera.

Ramos si giustificò in vari modi nel corso del tempo, ma sempre negando queste letture. Diceva che le donne apparivano così nel suo lavoro, perchè per lui, in quanto uomo, erano oggetto di desiderio.

D’altra parte, se Thiebaud, dipingeva file di cheese cakes o apple pies pronte al consumo, invece di mazzi di fiori o quant’altro fino ad allora aveva definito la Natura Morta, non era strano che Ramos sostituisse le modelle in carne ed ossa con le loro rappresentazioni deformate da un nuovo immaginario collettivo. A loro volta tramutate in merci.

"Non credo che i dipinti parlino di erotismo e non credo che siano dipinti erotici. Penso che abbiano a che fare con un'intera idea sociale che viene perpetuata e alimentata. I dipinti si concentrano semplicemente su quella condizione sociale, non necessariamente la confermano o la negano".

In compenso, va detto che le donne di Ramos, anche quando hanno il volto di personaggi famosi (da Marilyn a Uma Thurman), non sono affatto realistiche. A cavallo tra le conigliette di Play Boy e le rappresentazioni dei fumetti, sono strettamente bidimensionali anche quando di dimensioni ne hanno tre. Oltre ad essere un pò kitch.

Lui parlando in generale della sua opera, negli anni ‘80 ha spiegato: "Il mio lavoro è radicato nel Surrealismo, sicuramente (...) Ogni serie di dipinti che ho fatto sembra avere come tema centrale e pervasivo questa nozione di congiunzione, cioè di un simbolo con un altro simbolo". 

Sia come sia, i nudi di Ramos anticipano certe soluzioni adottate in seguito da Jeff Koons e, dietro la loro apparente leggerezza, si fanno carico del peso di una società lacerata da un cambiamento dei costumi inesorabile e psicologicamente violento. Adesso la sua opera è conservata in importanti collezioni tra le quali quella del Guggenheim Museum di New York, del MoMa di New York, del MOCA di Los Angeles, del Museum Moderner Kunst di Vienna e del Whitney Museum of Art (ancora New York).

Per qualche inesplicabile ragione, l’opera di Mel Ramos, è stata sempre particolarmente apprezzata in Germania. Forse anche per questo, la sede di Zurigo della famosa Galerie Gmurzynska, gli ha dedicato un’ampia mostra. Intitolata, “The Suspence is Terrible, I Hope it will Last: Mel Ramos”, mette in fila quattro dipinti e ben undici sculture (alcune opere sono iconiche). L’esposizione è stata, inoltre, organizzata in contemporanea con la retrospettiva di Wayne Thiebaud alla Fondation Beyeler, nella non lontana Basilea ed è accompagnata da un bel catalogo. Si concluderà il 31 maggio.

The Suspence is Terrible, I Hope it will Last: Mel Ramos Installation view. Courtesy Galerie Gmurzynska

The Suspence is Terrible, I Hope it will Last: Mel Ramos Installation view. Courtesy Galerie Gmurzynska

The Suspence is Terrible, I Hope it will Last: Mel Ramos Installation view. Courtesy Galerie Gmurzynska

The Suspence is Terrible, I Hope it will Last: Mel Ramos Installation view. Courtesy Galerie Gmurzynska

The Suspence is Terrible, I Hope it will Last: Mel Ramos Installation view. Courtesy Galerie Gmurzynska

Mel Ramos, Peek a Boo Blonde, 1988. Courtesy Galerie Gmurzynska

The Suspence is Terrible, I Hope it will Last: Mel Ramos Installation view. Courtesy Galerie Gmurzynska

Mel Ramos in his studio Courtesy Galerie Gmurzynska

I fiori e le zucche inquietanti e giocosi di Yayoi Kusama (più una nuova "Infinity Mirror Room") sono in mostra a New York

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery. All photos © David Zwirner Gallery

Nata in Giappone nel ‘29, a 93 anni, Yayoi Kusama, non si ferma un attimo. E mentre i negozi di Louis Vuitton di tutto il mondo, continuano a celebrare la seconda collaborazione della casa di moda con la famosa artista, Kusama, è già impegnata in un’estesa mostra alla David Zwirner Gallery di New York. Si intitola: "I Spend Each Day Embracing Flowers" ed è la più grande esposizione mai realizzata da Kusama in una galleria commerciale (occupa tutti e tre i numeri civici in cui si divide l’ampia palazzina di Zwirner ed è completamente composta da opere nuove). Tuttavia non è il suo primo show di questi mesi, e precede di nemmeno 30 giorni l’importante retrospettiva "Yayoi Kusama: 1945 to Now", che, dal 6 giugno, le dedicherà il Guggenheim di Bilbao in Spagna.

Ad ogni modo, "I Spend Each Day Embracing Flowers", non sembra risentire della fitta agenda di Kusama, e mette in fila due gruppi di sculture monumentali, decine di dipinti e una nuova “Infinity Mirror Room” (a queste stanze immersive, tempo fa, aveva dedicato una mostra lo Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, che poi era stata portata in giro per tutti gli Stati Uniti tanto era l’interesse). L’artista, che dal ‘57 al ‘72 visse nella Grande Mela, ha anche condiviso con il pubblico della mostra di New York un messaggio: "I’ve Sung the Mind of Kusama Day by Day, a Song from the Heart./ O Youth of Today, Let Us Sing Together a Song from the Heart of the Universe!" (che in italiano si traaduce più o meno così: "Ho Cantato la Mente di Kusama Giorno per Giorno, una Canzone dal Cuore. / O Giovani di Oggi, Cantiamo Insieme una Canzone dal Cuore dell'Universo!”). In cui sembra far riferimento, parlando della sua mente come di altro da se, alle allucinazioni di cui soffre fin da bambina (dal suo ritorno in Giappone negli anni ‘70 risiede in una struttura per la salute mentale, da cui esce ogni o giorno per andare nel suo studio a lavorare) .

Molti dei motivi iconici di Kusama, infatti, sono nati da visioni, oltre che da frammenti di ricordi infantili. La ripetizione ossessiva dei pois, ad esempio (che come fa giustamente notare la galleria unisce suggestioni “microscopiche e macroscospiche”), ha origine nella paura dell’artista di essere cancellata, insieme a tutto intorno a lei, da una massiccia schiera di puntini. E, sempre per lo stesso motivo, non si può prescindere dal Surrealismo quando si elencano i movimenti (come Pop Art e Minimalismo) che hanno influenzato l’opere di Kusama, senza tuttavia definirlma completamente.

La mostra di New York si apre con tre monumentali sculture che rappresentano dei coloratissimi fiori. Si chiamano "I Spend Each Day Embracing Flowers" (2023) e hanno dato il titolo all’esposizione. Ispirate all’amore dell’artista per la natura, sono composte da forme curvilinee che serpeggiano qua e là, imprimendo curiose torsioni ai fiorelloni multicolori, riccamente decorati. Questi ultimi, da parte loro, non sembrano del tutto amichevoli: giganti, sovrastano lo spettatore e ne catturano il riflesso tra i toni innaturali e fin troppo giocosi dei petali e delle foglie. E poi, i loro pistilli, assomigliano vagamente a delle grandi zanne. Non a caso, Kusama, con queste opere vuole sottolieare il paradossale ruolo celebrativo che la società umana assegna ai fiori, usati allo stesso modo per eventi felici e tragedie.

E poi ci sono le zucche. Grandi, tentacolari, psichedeliche, che qui assumono contemporaneamente le forme di un muro, un labirinto ed avvolgenti spire. Un luogo in cui perdersi certo ma anche di smarrimento. Del soggetto Kusama ha detto: “Le zucche mi sono state di grande conforto sin dall’infanzia; mi parlano della gioia di vivere. Sono umili e divertenti allo stesso tempo, e le celebrerò e celebrerò sempre nella mia arte”.

La nuova “Infinity Mirror Room”, invece, si intitola "Dreaming of Earth’s Sphericity, I Would Offer My Love" (2023) ed ha la particolarità di unire luce naturale e artificiale per far provare allo spettatore una sensazione di straniamento e meraviglia. Si tratta, come sempre, di un’installazione immersiva, che però possedendo delle seppur ingannevoli finestre, può essere circumnavigata prima di varcare la sua soglia. All’interno, colori vivissimi e tanti specchi (colorati e non, di forme diverse), fanno perdere allo spettatore il senso dello spazio e del proprio corpo spingendolo a forza in un universo alternativo.

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers" rimarrà alla David Zwirner Gallery di New York fino al 21 luglio, mentre "Yayoi Kusama: 1945 to Now" al Guggenheim di Bilbao andrà in scena dal 6 giugno all’8 ottobre 2023 . Ma dal 17 novembre 2023 al 14 gennaio 2024 l'artista originaria di Matsumoto sarà anche in Italia, al Palazzo della Ragione di Bergamo, con la mostra "Yayoi Kusama. Infinito Presente"

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

"Yayoi Kusama: I Spend Each Day Embracing Flowers"Installation view.  David Zwirner Gallery

Wayne Thiebaud che dipingeva torte, ritratti e paesaggi rubati al sogno americano

Wayne Thiebaud, Pie Rows, 1961 Oil on canvas, 55.9 x 71.1 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Matthew Kroening

Nato nel 1920 e mancato nel 2021, Wayne Thiebaud, ha documentato 100 anni di storia americana. A modo suo, senza rappresentare importanti avvenimenti o mode. Per lo più dalla provincia, con discrezione, uno stile privo di sensazionalismo, e una pittura magistralmente padroneggiata, in bilico tra realismo ed astrazione.

Di solito dipingeva torte, rossetti, distributori di caramelle, lecca lecca o altri oggetti di consumo. Rimanendo fedele all’intuizione giovanile che ne fanno un precursore della Pop Art. Ma anche ritratti e paesaggi. Rivisitando, in ultima analisi, tre generi pittorici classici della storia dell’arte (natura morta, ritratto, paesaggio). Con una padronanza del mezzo magistrale.

D’altra parte Thiebaud, poco conosciuto in Europa, per quanto collocabile tra i massimi esponenti dell'arte figurativa americana, lavorerà nel solco creato da pittori come Edward Hopper e Georgia O'Keeffe, e nominerà per primo Diego Velázquez, Paul Cézanne, Henri Rousseau e Piet Mondrian come importanti pietre miliari. Senza contare l’opinione positiva che esprimerà verso altri artisti a lui più o meno contemporanei, come come Willem ed Elaine de Kooning (che conobbe durante un soggiorno a New York negli anni '50).

Ma gli influssi che si ritrovano nella sua arte vanno oltre i salotti buoni delle avanguardie storiche europee, o le gallerie di tendenza degli espressionisti astratti statunitensi, e si calano nella cartellonistica e nelle scelte di artisti prettamente commerciali. Senza dimenticare che Wayne Thiebaud, nato a Mesa, in Arizona, e cresciuto a Long Beach, in California, trascorse l'estate del 1936 lavorando nel dipartimento di animazione dei Walt Disney Studios (dove imparò tra l'altro a disegnare Topolino). E, mentre prestava servizio nell'esercito, si occupò della serie a fumetti per il bollettino della Mather Air Force Base.

Fu uno stimatissimo professore di pittura per tutta la vita. E proprio il suo amore per questo mezzo espressivo gli fece rifiutare l’etichetta di artista pop, malgrado la sua opera venne insclusa, insieme a quella di  Roy Lichtenstein , Andy Warhol, Jim Dine, Phillip Hefferton, Joe Goode, Edward Ruscha e Robert Dowd, nella storica mostra " New Painting of Common Objects " (1962, segnò l’inizio della Pop Art).

La sua opera, basata su un impianto frontale, i colori pastello, l’assenza di prospettiva e la sostanziale monocromia dello sfondo, passa da un resoconto della sua contemporaneità (come quando sostituisce espositori di dolci a frutta o fiori nelle sue nature morte), a commenti umoristici sul consumismo (ad esempio in "Eating Figures (Quick Snack)", una coppia guarda i propri hot dog con espressione sconcertata), fino ad instillare nell’osservatore un senso di nostalgia.

Ma l’aspetto più impressionante del lavoro di Thiebaud è il doppio registro che si ritrova in ogni sua opera. Da una certa distanza, infatti, il realismo della rappresentazione non conosce cedimenti, è solido, i soggetti definiti in ogni particolare non hanno segrati; mentre avvicinandosi alla tela le pennelate vibrano di vita propria e si liberano nell’astrazione. Spesso sono ricche, tattili. Tanto che il fumettista Saul Steinberg paragonò il suo lavoro ai mosaici romani.

Nei ritratti amava mettere particolari poco appariscenti strettamente legati alla moda dell’epoca ed abbinarli a pose dei soggetti composte, ma naturali, lievemente sgraziate. Mentre i paesaggi li dipingeva dall’alto, lascindo che il soggetto della rappresentazione e l’astrazione insita nella sua pittura, per un momento, si avvicinassero.

Thiebaud, tuttavia, rimane conosciuto soprattutto per le sue nature morte. Scaffali di cherry pies e cheese cake, distributori di caramelle e gomme da masticare, ma anche rossetti, giocattoli e peluches. Tutti, per qualche ragione, così smaccatamente americani. Lui in un’intervista, rilasciata nel 2017 ad Apollo Magazine, ha così commentato: "Dopo tutto, sono un americano. Ho attraversato il paese in macchina e vedi la stessa cosa in ogni ristorante da Sacramento a New York. Le stesse torte di meringa. Quindi ha cominciato ad avere molto senso dipingerli ed è stato molto intrigante".

La Fondazione Beyeler di Basilea (Svizzera) da gennaio ha in corso una mostra dedicata a Wayne Thiebaud. L’esposizione, è importante perchè l’artista, anche dopo la scomparsa, rimane poco conosciuto in Europa, ma soprattutto per la consistente quantità di disegni e dipinti che i visitatori avranno la possibilità di ammirare. Ben 65, provenienti principalmente da collezioni pubbliche e private americane.

Intitolata semplicemente “Wayne Thiebaud” e curata da Ulf Küster  (che è Senior Curator della Fondazione Beyeler), la mostra, rimarrà aperta fino al 21 maggio 2023.

Wayne Thiebaud, Eating Figures (Quick Snack), 1963 Oil on canvas, 181.6 x 120.7 cm Private Collection, Courtesy Acquavella Galleries © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Pie Rows (detail), 1961 Oil on canvas, 55.9 x 71.1 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Detail of Photo: Matthew Kroening

Wayne Thiebaud, Two Paint Cans, 1987 Oil on paper mounted on cardboard, 34.9 x 50.5 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Matthew Kroening

Wayne Thiebaud, Student, 1968 Oil on canvas, 152.7 x 122.2 cm The Doris and Donald Fisher Collection at the San Francisco Museum of Modern Art © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Katherine Du Tiel

Wayne Thiebaud, Three Cones, 1964 Oil on cardboard, 33 x 37.5 cm Collection of Bill and Donna Acquavella © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Girl with pink hat, 1973 Oil on canvas, 91.4 x 74.9 cm San Francisco Museum of Modern Art Donation by Jeannette Powell © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Katherine Du Tiel

Wayne Thiebaud, 35 Cent Masterworks, 1970-72 Oil on canvas, 91.4 x 61 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundatio © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Flood Waters,2006/2013 Oil on canvas, 121.9 x 152.4 cm Private Collection, Courtesy Acquavella Galleries © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich

Wayne Thiebaud, Untitled (City View9, 1993 Oil on canvas, 50.8 x 40.6 cm Collection of the Wayne Thiebaud Foundation © Wayne Thiebaud Foundation/2022, ProLitteris, Zurich Photo: Matthew Kroening