Shimabuku affila un Macbook Air e lo usa per affettare mele alla Biennale di Venezia 2017

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In ‘Sharpening a Macbook Air’ l’artista giapponese Shimabuku affila un computer portatile per poterlo usare come un coltello da cucina. Ovviamente, una volta ultimata la trasformazione, se ne serve per tagliare a metà una mela. La video installazione, presentata alla Biennale di Venezia 2017 nell’ambito della mostra VIVA ARTE VIVA curata da Christine Macel, è un opera minimale ed ironica in linea con lo spirito acuto e divertito dell’artista.

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale photo: artbooms

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale photo: artbooms

La sua installazione di video e di vetrine con oggetti costituisce delle narrazioni che investono la vita quotidiana, la natura e il mondo animale, che gli è particolarmente caro- scrive Christine Macel nell’introduzione al catalogo di VIVA ARTE VIVA- In un’estetica minimalista e frugale, egli introduce una fiction a volte surrealista, con delle scene improbabili (…). Shimabuku inietta fantasia nelle sue opere spesso giocose, le cui riflessioni, in particolare sui legami tra l’uomo e la tecnologia, rivelano uno sguardo malizioso e senza illusioni".

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", frames da video

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", frames da video

Shimabuku, insomma, porta l’assurdo nel quotidiano e viceversa. In ‘Sharpening a Macbook Air’, ad esempio, affilando a mano, su una pietra, il margine inferiore del portatile fino a farne una lama, l’artista, riporta in modo ludico la tecnologia alla concretezza. Non senza smontare il marketing aziendale che ha fatto del Mac un oggetto di desiderio.

‘Sharpening a Macbook Air’ (video e computer ridotto a coltello) di Shimabuku si trova nel Padiglione della Terra della Biennale di Venezia 2017 (Christine Macel ha deciso di dividere VIVA ARTE VIVA in nove famiglie di artisti o capitoli) in Arsenale.

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale (particolare)

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale (particolare)

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", la video installazione alla biennale di Venezia 2017, photo: artbooms

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", la video installazione alla biennale di Venezia 2017, photo: artbooms

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale (particolare)

Shimabuku, 'Sharpering a Macbook Air", il comuputer affilato esposto in biennale (particolare)

Biennale di Venezia 2017| Il Padiglione Nuova Zelanda di Lisa Reihana e lo splendido video che misura 23 metri x 10 anni di lavoro

in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

La personale di Lisa Reihana che rappresenta la Nuova Zelanda alla Biennale di Venezia 2017 si intitola “Emissaries“ (Emissari) ed è composta da oggetti e fotografie ma soprattutto da un video bello da mozzare il fiato.

“In pursuit of Venus [infected]” sembra un antico dipinto ambientato ai tropici invece è una video-installazione monumentale. I personaggi non sono figure create a tavolino ma performers che si muovono sullo sfondo lussureggiante.

Questo tramutarsi della realtà in pittura è frutto di un mix di tecnologie cinematografiche e di animazione. Proiettate su una superficie di 23 metri e mezzo di lunghezza (per 3.3 d’altezza).
D’altra parte, l’opera ha richiesto quasi 10 anni di lavoro. 

Lisa Reihana ha creato “In pursuit of Venus [infected]” ispirandosi al ciclo francese di pannelli dipinti su carta Les Sauvages de la Mer Pacifique (1804–05), anche conosciuto come “I viaggi del Capitano Cook” (prodotto da Joseph Dufour & Cie e illustrato da Jean-Gabriel Charvet).

Quest’ultimo, fa riferimento alle leggendarie spedizioni di Jean-François de La Pérouse, Louis Antoine de Bougainville e del capitano James Cook. Ma naturalmente la grande scenografia neoclassica viene re-inventata dall’artista neozelandese. La cultura dei nativi emerge prepotente, l’ottica dei colonizzatori azzerata, il confronto tra le due etnie si fa infezione che corrode la patina irreale della rappresentazione originale. Tutto però è storicamente corretto, sia che si tratti di una scena effettivamente svoltasi, sia che l’artista l’abbia inventata. 

Reihana colloca la morte di Cook alle Hawaii come il momento drammatico di rottura- spiega il materiale informativo del Padiglione Nuova Zelanda- Questa e altre storie sono messe in scena all’interno di un mondo di immagini e di suoni senza fine dove il tempo è ciclico.
 Un accompagnamento sonoro che combina scene riprese dal vivo, il ticchettio di un orologio originale utilizzato nei viaggi di Cook, e rare registrazioni di taonga pūoro (strumenti musicali Māori) che Cook raccolse esalta lo sviluppo emotivo dell’opera
“.

Il titolo del video vuole evocare il termine “punto di vista” (in inglese point of view) e, al contempo alludere attraverso la parola “Venere” alla missione scientifica internazionale per misurare i cieli documentando il transito di Venere nel 1769 (al fine di determinare la distanza tra la Terra e il Sole). 

A livello tecnico ci sono 1500 strati individuali digitali per un totale di 33 milioni di pixel in ogni singola inquadratura  di “In pursuit of Venus [infected]”. L’opera è proiettata con molteplici proiettori laser DLP  e ha una risoluzione di 15K.

Oltre a questo video l’artista presenta due grandi fotografie e oggetti antichi e non.

Sarà possibile visitare il Padiglione Nuova Zelanda di Lisa Reihana, alle Tese dell’Isolotto in Arsenale, per tutta la durata della Biennale di Venezia 2017. “In pursuit of Venus [infected]”, invece, lo si potrà vedere anche nell’autunno del 2018 alla “Royal accademy of arts al centro di una grande mostra sull’arte dell’Oceania organizzata per celebrare 250esimo compleanno dell’istituzione londinese.

NOTA: Le immagini a seguire di "Porsuit of Venus [infected]" sono tutti particolari. Il video di sotto è la versione breve realizzata in precedenza

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Dufour et Cie, printer & publisher, Jean-Gabriel Charvet, designer The Voyages of Captain Cook (Les Sauvages de la mer Pacifique) 1805, woodblock, printed in colour from multiple blocks hand-painted gouache through stencils, printed image (overa…

Dufour et Cie, printer & publisher, Jean-Gabriel Charvet, designer The Voyages of Captain Cook (Les Sauvages de la mer Pacifique) 1805, woodblock, printed in colour from multiple blocks hand-painted gouache through stencils, printed image (overall) 170 x 1060 cm, National Gallery of Australia, Canberra, purchased from admission charges 1982–83.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Captain James Cook. Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Captain James Cook. Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice.

Lisa Reihana. Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice

Lisa Reihana. Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice

Biennale di Venezia 2017| I migranti si trasformano in personaggi di un noir on the road nel sofisticato Padiglione Australia di Tracey Moffatt

Tracey Moffatt,  Mother & Baby (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Mother & Baby (Passage Series)

C’è un porto dove si radunano misteriosi personaggi in bilico tra passato e presente; hanno già fatto o stanno per fare una scelta difficile; si percepisce che hanno una storia. Ma c’è anche una cameriera che continua ad occuparsi delle faccende domestiche, con tanto di uniforme, in un rudere. E poi navi, anzi barconi, in balia di un mare agitato e degli sguardi delle star della Hollywood degli anni d’oro.

Il Padiglione Australia dell’artista Tracey Moffatt porta un’atmosfera sospesa tra sogno e realtà alla Biennale di Venezia 2017. Attraverso una fotografia studiata e pittorica. Ma soprattutto spiccatamente cinematografica. Come se ogni immagine in mostra fosse un film condensato.

Intitolata “My Horizon” (“Il mio Orizzonte”), l’esposizione di Tracey Moffatt, presenta 2 serie di fotografie (“Passage”- “Traversata”-; “Body remembers” -Il corpo ricorda-) e 2 video (“Vigil” - “Veglia”-; “The white ghosts sailed in” - “I fantasmi bianchi giunsero dal mare”) . E’ curata dal critico Natalie King.

“Succede a volte nella vita di riuscire a vedere ‘ciò che viene sull’orizzonte’- dice Tracey Moffatt - ed è questo il momento di attivarsi oppure di non fare nulla e stare ad aspettare qualsiasi cosa stia per arrivare”.
Ogni serie è ricca di riferimenti letterari e cinematografici ma a colpire è quanto l’artista riesca a rendere naturali i virtuosismi stilistici e a fonderli con una sensibilità decisamente femminile per la storia e i personaggi.

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Passage (Traversata): è un racconto aperto, ambientato in un porto. La collocazione geografica della storia non è chiara e anche il periodo in cui si svolge non vuole esserlo. L’atmosfera oscilla tra quella di un colossal a sfondo epico, di un noir, di un western fino al sapore della pelliccola on-the-road. E non contenta di tutto questo cinema, la Moffatt, è riuscita a mettere anche un bel po’ di pittura in ogni scatto (da Turner a Hopper) e (perché no?!) anche quel tanto di fumetto che basta.
I personaggi misteriosi e tormentati di questa serie sono tutti quelli che intraprendono un lungo viaggio: “Ciò che Tracy Moffat intende evocare sono gli ardimentosi viaggi per mare- scrive Natalie King nel catalogo della mostra- (…) Smantellando le convenzioni del narrare, racconta per immagini una storia di viaggio e rifugio, di fuga e oblio”. Insomma anche l’artista australiana è stata catturata dal tema dei richiedenti asilo e ne ha fatto i principali protagonisti di “Passage”.
Body remembers (Il corpo ricorda): declinata sull’ocra è una serie più intima, con una connotazione autobiografica. Racconta di una cameriera che torna nella casa in cui fu a servizio tanti anni prima.

Per visitare il sofisticato Padiglione Australia di Tracey Moffatt e togliersi la voglia di fotografia con la “f” maiuscola, basterà andare ai Giardini prima della fine della Biennale di Venezia 2017.

Tracey Moffatt, Touch (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Touch (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt,  Tug (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Tug (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Weep (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt,  Weep (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Mad Captain (Passage Series)

Tracey Moffatt, Mad Captain (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Hell (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Hell (Passage Series)

Tracey Moffatt, Shadow Dream (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Shadow Dream (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Window Man (Passage Series)

Tracey Moffatt, Window Man (Passage Series)

Tracey Moffatt, Cop and Baby (Passage Series)

Tracey Moffatt, Cop and Baby (Passage Series)

Padiglione Australia, My Horizon, Biennale di Venezia 2017

Padiglione Australia, My Horizon, Biennale di Venezia 2017