Alla Biennale Arte 2022 non ci sarà la Russia. Artisti e curatore si dimettono. Il Padiglione rimarrà chiuso

La notizia è di domenica. Alla Biennale di Venezia 2022 il Padiglione della Russia non ci sarà. I giovani artisti Kirill Savchenkov e Alexandra Sukhareva oltre al curatore Raimundas Malasauskas hanno dato le dimissioni. Per loro un sogno va in frantumi ma non se la sono sentita di rappresentare il loro Paese dopo l’inizio del conflitto in Ucraina.

Come spiega con partecipazione Savchenkov in un post congiunto con Sukhareva su Instagram e Facebook: "Non c'è posto per l'arte quando i civili muoiono sotto il fuoco dei missili, quando i cittadini ucraini si nascondono nei rifugi, quando i manifestanti russi vengono messi a tacere".

Va detto che il lavoro di Kirill Savchenkov, profondamente calato nelle contemporaneità, ha da prima della guerra una vena critica marcata nei confronti del Cremlino. Ma il conflitto in Ucraina non è andato giù a parecchi, il New York Times riferisce che migliaia di artisti e amministratori culturali hanno firmato petizioni online per esprimere l'opposizione alla guerra. Ma soprattutto sia il prestigioso Garage Museum of Contemporary Art che il neonato GES-2 hanno sospeso eventi e mostre fino alla fine del conflitto. In entrambi i casi tra i maggiori finanziatori ci sono figure molto vicine al Cremlino. D’altra parte l’economia russa si stà inesorabilmente piegando (è di ieri la notizia che il rublo ha raggiunto i minimi storici) e il mondo dell’arte insieme a lei.

La Biennale, che quest’anno si chiamerà Il Latte dei Sogni e sarà curata da Cecilia Alemani, ha dato la notizia delle dimissioni, definendo la scelta di artisti e curatore “nobile” e “coraggiosa”. L’account Instagram del padiglione russo ha chiarito che lo spazio espositivo dedicato alla Federazione (situato proprio all’interno dei Giardini della Biennale). com’era prevedibile, rimarrà chiuso fino alla fine dell’esposizione: “Il Padiglione Russo è una casa per artisti, arte e creativi. Abbiamo lavorato a stretto contatto con gli artisti e il curatore sin dal primo giorno su questo progetto e abbiamo atteso le loro decisioni indipendenti, che rispettiamo e soprattutto sosteniamo. Kirill Savchenkov, Alexandra Sukhareva e Raimundas Malašauskas hanno appena annunciato che non faranno parte del progetto del Padiglione Russo alla 59a Biennale di Venezia e di conseguenza il Padiglione Russo rimarrà chiuso.”

Anche la partecipazione dell’Ucraina alla Biennale Arte è però in bilico. La scorsa settimana l'artista Pavlo Makov e i curatori Lizaveta German, Maira Lanko e Borys Filonenko, hanno dichiarato di sperare di riuscire a realizzare il padiglione ma di trovarsi in seria difficoltà: "Non siamo stati in grado di continuare a lavorare al progetto del padiglione a causa del pericolo per la nostra vita”.

Fireworks and Gunpowder, Kirill Savchenkov, 2018. immagine dal sito dell’artista

Alexandra Sukhareva,Goodbye, Gaze, 2015 Installation detail Courtesy of the artist dal sito di Garage Museum

The Mast Collection: da Man Ray a David Lynch la Storia di Industria e Fotografia con la maiuscola in 500 immagini

THOMAS DEMAND Space Simulator, 2003 © Thomas Demand by SIAE 2022, courtesy of Esther Schipper, Berlin

Da oggi la Fondazione Mast di Bologna propone la prima grande esposizione dedicata alla propria collezione. Ben 500 immagini tra fotografie, album e video. L’esposione si intitola: THE MAST COLLECTION Un alfabeto visivo dell'industria, del lavoro e della tecnologia. E consentirà per la prima volta di dare uno sguardo complessivo agli sforzi del colosso di soluzioni per l’industria e packaging, Coesia (costituito da 23 aziende, è uno dei 2 soci della fondazione), di costruire un’importante collezione a partire dal semplice materiale promozionale e documentaristico d’archivio.

Per farlo, Fondazione Mast, oltre a tenere stretto ciò che conservava nei propri magazzini, ha acquisito pezzi da collezioni private, gallerie d'arte, fotografi ed artisti. Arrivando a raccogliere oltre 6000 pezzi incentrati su industria e lavoro. A dare una forma a tutto questo materiale ha poi pensato il noto curatore tedesco Urs Stahel, che è anche il registra di questa mostra.

COME UN ALFABETO DI PAROLE E FOTO:

L’esposizione si sviluppa come un alfabeto (per ogni lettera una parola, per ogni parola alcune immagini) e raggruppa autori molto famosi, insieme ad altri del tutto sconosciuti, di diverse epoche storiche. Ci sono molte opere d’arte e ma anche fotografie nude e crude di eventi o persone (non si tratta di ritratti ma di rappresentazioni, spesso stereotipate, di vari ruoli professionali). Il tutto è diviso in 53 capitoli per dare maggiotre forma alle idee.

"La fotografia documentaria incontra l'arte concettuale- spiega il curatore, Urs Stahel - gli antichi processi di sviluppo e di stampa su diverse tipologie di carta fotografica, come le stampe all'albumina, si confrontano con le ultime novità in fatto di stampe digitali e inkjet; le immagini dominate dal bianco e nero più profondo si affiancano a rappresentazioni visive dai colori vivaci. I paesaggi cupi caratteristici dell’industria pesante contrastano con gli scintillanti impianti high-tech, il duro lavoro manuale e la maestria artigianale trovano il loro contrappunto negli universi digitali, nell’elaborazione automatizzata dei dati. Alle manifestazioni di protesta contro il mercato e il crac finanziario si affiancano le testimonianze visive del fenomeno migratorio e del lavoro d’ufficio".

GLI ARTISTI:

Tra gli artisti in mostra: Paola Agosti, Richard Avedon, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Margaret Bourke-White, Henri Cartier-Bresson, Thomas Demand, Robert Doisneau, Walker Evans, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Mimmo Jodice, André Kertesz, Josef Koudelka, Dorotohea Lange, Erich Lessing, Herbert List, David Lynch, Don McCullin, Nino Migliori, Tina Modotti, Ugo Mulas, Vik Muniz, Walter Niedermayr, Helga Paris, Thomas Ruff, Sebastiao Salgado, August Sanders, W. Eugene Smith, Edward Steichen, Thomas Struth, Carlo Valsecchi, Edward Weston.

STORIA, FOTOGRAFIA E INDUSTRIA A BRACCETTO:

I periodi storici che si incontrano visitando THE MAST COLLECTION sono vari e spesso si fluidificano in funzìone del racconto. Tuttavia il XIX secolo fa eccezione. Affrontato separatamente, in una sezione dedicata alle fasi iniziali dell’industrializzazione e della storia della fotografia. In sintesi la Storia dell’Industia e quella della Fotografia, qui vanno adirittura di pari passo.

"Il parallelismo tra industria, mezzo fotografico e modernità - prosegue Urs Stahel - produce a tratti un effetto che può disorientare. La fotografia è figlia dell'industrializzazione e al tempo stesso ne rappresenta il documento visivo più incisivo, fondendo in sé memoria e commento"

Interessante anche l’analogia suggerita tra evoluzione degli strumenti a disposizione dei fotografi e sviluppo dei robot.

THE MAST COLLECTION Un alfabeto visivo dell'industria, del lavoro e della tecnologia alla Fondazione Mast di Bologna, si potrà visitare fino al 22 maggio 2022. L’ingresso è gratuito

HENRI CARTIER-BRESSON, Gli ultimi giorni del Kuomintang (crollo del mercato), Shanghai, China, 1948-1949 © Fondation Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos

BRIAN GRIFFIN, Addetta al magazzino (con olio che le cola dalle mani), 2013 © Brian Griffin, courtesy of the artist

RUTH HALLENSLEBEN, Carbone e carburante sul Rhein-Herne-Kanal a Gelsenkirchen, 1995 © Ruth Hallensleben Archive, courtesy of Anton Laska

PAOLO WOODS, GABRIELE GALIMBERTI The Heavens. Annual Report, 2013 © Paolo Woods, Gabriele Galimberti, courtesy of the artists

DOROTHEA LANGE, Madre migrante, 1936

PETER FRASER, Robotic Arm with seven degrees of movement, dalla serie "Deep Blue" © Peter Fraser

SEBASTIÃO SALGADO, Pozzo petrolifero, Burhan, Kuwait © Sebastiao Salgado/Amazonasm Images/Contrasto

MAN RAY, Elettricità. La casa, 1931 © Man Ray Trust by SIAE 2022

OTTO STEINERT, Saarland, paesaggio industriale 3, 1950 © Estate Otto Steinert, Museum Folkwang, Essen

FLORIAN MAIER-AICHEN Senza titolo, 2007© Florian Maier-Aichen, courtesy of the artist and Blum & Poe, Los Angeles/New York/Tokyo

Trovata in Olanda una ciotola romana in vetro blu. E' stata sottoterra per 2000 anni ma non ha un graffio

Tutte le immagini courtesy courtesy Marieke Mom. via Colossal

La scoperta è stata fatta nei pressi di Nimega (Nijmegen), una piccola città dei Paesi Bassi ai confini con la Germania, che un tempo fu accampamento militare romano. Si tratta di una semplice ed elegante ciotola in vetro blu con motivi curvilinei in rilievo. Nulla di speciale, se non fosse per lo straordinaio stato di conservazione del manufatto.

Si stima, infatti, che la ciotola sia stata creata circa 2000 anni fa e che sia rimasta sepolta nell’insediamento agricolo di Bataven per centinaia d’anni. Nonostante ciò è stata rinvenuta integra: senza crepe, scheggiature o graffi di sorta.

Adesso gli studiosi si stanno battendo per darle una degna collocazione: “Ho visto oggetti di vetro simili conservati nei musei italiani.” ha detto alla stampa olandese, l’archeologo Pepijn van de Geer, attualmente alla guida degli scavi.

Per fabbricarla gli artigiani dell’epoca avrebbero usato uno stampo e modellato i motivi decorativi a mano mentre il vetro era ancora caldo. Il colore invece, sarebbe stato ottenuto aggiungendo ossido di metallo.

Le origini della manifattura sono ancora oggetto di dibattito. La ciotola, infatti, è stata realizzata secondo il gusto e le tecniche di lavorazione utilizzate all’epoca dai romani, ma potrebbe provenire dalle colonie tedesche di Xanten o Colonia, oppure dalla stessa Italia.

In quest’ultimo caso, la popolazione che all’epoca abitava l’area di Nimega, potrebbe essersela procurata commerciando con i romani, o come pagamento per prestazioni militari.

Già da anni gli studiosi sapevano che sotto il ivello del suolo c’era un antico cimitero ma ultimamente un progetto residenziale ha reso urgente un’analisi approfondita dell’area, riferisce il quotidiano De Stentor.

Così gli archeologi olandesi, oltre alla ciotola blu, hanno rinvenuto resti umani ma anche brocche, coppe e gioielli.