Le opere dell’artista statunitense Alex Da Corte proprio non ci stanno a passare inosservate. Assomigliano a quei sistemi che fulminano gli insetti attirandoli con la luce verso l’elettricità. E Da Corte di colori psichedelici, led e quant’altro fa un largo uso. Ma una volta dentro le sue installazioni immersive il cortocircuito è in agguato. Perchè nulla è come sembra.
“The decorated Shed” realizzata da Alex da Corte per la Biennale d’Arte di Venezia 2019, “May Yuo Live in Interesting Times” (curata da Ralph Rugoff), ad esempio, a prima vista potrebbe sembrare un semplice diorama. La rappresentazione di una cittadina americana dall’aria vintage, ingenuamente calata nella quiete notturna. In realtà è la copia del plastico della serie tv per l’infanzia “Mister Roger’s Neighborhood”. Piazzata su un tavolo di mogano in stile federale, riempita di insegne al neon di famose catene di ristoranti, e messa al centro di una stanza le cui pareti sono state ricoperte con una tappezzeria floreale in velluto, che cita in un colpo solo Prince e gli architetti di Philadelphia Robert Venturi e Denise Scott Brown.. Un vero tripudio del pop, con riferimenti alla cultura alta, a rendere più allucinatorio il tutto.
D’altra parte il fine di Alex Da Corte è proprio quello di spingerci ad abbandonare il pensiero razionale per entrare in un mondo del memorabilia il cui linguaggio assomiglia a quello del sogno. Dove passato e presente sono sincronizzati, dove l’eccesso è di casa e il paradosso dietro l’angolo, ma anche dove le radici della purezza personale e collettiva riemergono anche se per un solo, sfavillante, istante.