Le fotografie aeree che catturano tutta la bellezza dei cimiteri di biciclette cinesi

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Recentemente The Guardian ha pubblicato una galleria di immagini, composta prevalentemente da fotografie aeree, che focalizza l’attenzione sui cimiteri di biciclette cinesi.

Mettendo in evidenza tutta la bellezza di questi luoghi simbolo di uno sviluppo frenetico ed ingenuo.

I siti, più grandi di un campo da calcio, sono riservati ai mezzi che venivano usati per il bike sharing fino a poco prima in città come Pechino, Nanjing, Wuhan e Shanghai. Questi depositi a cielo aperto sono spesso stipati con più strati di biciclette, fino a raggiungere un’altezza tale da rendere necessario l’intervento di una gru per movimentare il materiale. Eppure l’accumularsi di oggetti sempre uguali, disposti in una sorta di ordine, crea dei motivi decorativi involontari che si ripetono e conferiscono a questi luoghi una bellezza autentica e inaspettata.

Certo, a rendere distopica questa bellezza resta il fatto che le biciclette accumulate non sono quasi mai carcasse. Vuoi perché l’industria del bike sharing in Cina è nata e fiorita troppo in fretta e con un eccesso di ottimismo imprenditoriale (ben tre le compagnie leaders nel settore; tra cui la recentemente defunta Buegogo). Vuoi perché si è scelto di dare totale libertà al cliente: è possibile noleggiarle con una app sul telefonino e si possono lasciare ovunque. Così vengono spesso sequestrate.

E poi ce ne sono tantissime. Talmente tante che i marciapiedi delle grandi città cinesi erano diventati impraticabili per i pedoni.

Da questa sproporzione tra domanda e offerta, dal fallimento di uno dei tre colossi del bike sharing cinese e dal consistente numero di sequestri, nascono i cimiteri delle biciclette in affitto cinesi. Così piacevoli da guardare e al tempo stesso così incomprensibili per noi occidentali da essere quasi un simbolo della distanza che ci divide dal gigante orientale. (via Faith is Torment)

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Tutti i volti di Marilyn Monroe in una serie di rare fotografie di Milton Greene

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Il sodalizio tra Marilyn Monroe e il fotografo e produttore cinematografico statunitense Milton H. Greene diede vita a un vero e proprio archivio di immagini dell’iconica attrice. Ben cinquemila scatti in cinquantadue diverse locations, che raccontano la metamorfosi di Marilyn da stereotipo in persona. 
La mostra “Up Close with Marilyn: Portraits by Milton H. Greene” alla Proud Central Gallery di Londra ripercorre questo rapporto ma soprattutto svela tutti i volti di Marilyn, che Green riuscì a catturare nei suoi scatti.

Milton H. Greene quando incontrò la Monroe era già un famoso fotografo. Conosciuto per i suoi servizi su Vogue, nel tempo avrebbe ritratto tutte le celebrità dell’epoca, dalla Cardinale alla Hepburn, passando per Hitchcock, Elizabeth Taylor, Cary Grant, Groucho Marx, Newman, la Dietrich, la Bacall e molte altre. Con Marilyn fondò addirittura una società di produzione (la Marylin Monroe Production). Ma soprattutto la convinse ad abbandonare lo stereotipo della bionda svampita che l’aveva resa famosa per incarnare una personalità ben più complessa e sfaccettata.

Così la Marilyn Monroe che ci restituisce l’obbiettivo di Milton Greene è di volta in volta naturale o raffinata, dolce e scherzosa o sensuale ma anche indipendente ed enigmatica. E il fotografo in molti scatti riesce a far prevalere un clima di intimità che non frappone barriere tra chi guarda e la persona ritratta.

La mostra “Up Close with Marilyn: Portraits by Milton H. Greene” alla Proud Central Gallery di Londra si concluderà il 24 giugno. (via Fubiz)

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Le ville e i castelli europei abbandonati insieme ai loro pianoforti nelle poetiche fotografie di Romain Thiery

Romain Thiery, 'Requiem for pianos'. All Photos Courtesy Romain Thiery

Romain Thiery, 'Requiem for pianos'. All Photos Courtesy Romain Thiery

Nei castelli e nelle ville europee del passato un pianoforte non poteva mancare. E’ facile figurarsi la scena. Meno immediato è immaginare come alcune di quelle stanze, un tempo lussuose, appaiano oggi, dopo decenni di abbandono. E soprattutto che in ognuna di esse ci sia ancora un pianoforte. 

Lo ha scoperto il fotografo francese Romain Thiery, che ha deciso di dedicare una serie di immagini a questa curiosa circostanza. L’ha chiamata ’Requiem for Pianos’ e per realizzarla ha girato tutta Europa.

“Io stesso pianista- scrive sul suo sito web- sento l’emozione prendere il sopravvento quando scopro un piano lasciato all’abbandono. E’ il punto culminante della mia arte: le mie due passioni si ritrovano infine riunite in un solo ed unico sentimento.

Nella serie ‘Requiem for Pianos’, Romain Thiery, mixa romanticismo e inquietudine, struggimento e rifiuto.

D’altra parte Thiery parla della bellezza di fronte allo scorrere del tempo. In qualche modo della morte. Un tema che poteva risultare ostico se il fotografo non avesse livellato le asperità con una luce uniforme ma non innaturale. Il risultato è raffinato: quasi tono su tono. I tagli ariosi e il più possibile simmetrici (in contrasto con la sporcizia e il disordine di una casa abbandonata) fanno il resto.

“In un disordine che da solo pone mille domande si erige quindi un piano che anche se coperto di spessa polvere, non smette di imporre la sua nobiltà, questa grandezza radicata nel profondo della nostra cultura. E sta alla tecnica del fotografo tirare fuori questa bellezza arrogante che spesso relega tutto il resto in secondo piano.”

Per vedere altre fotografie di Romain Thierry, sia della bellissima ’Requiem for Pianos’ che di altre serie, si può dare uno sguardo al suo sito internet. E’ anche possibile seguirlo via Instagram o Facebook.

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