L’opera pazza ed elusiva di Leigh Bowery viene celebrata alla Tate trent’anni dopo la morte dell’artista

Fergus Greer, Leigh Bowery Session 1 Look 2 1988 ©Fergus Greer. Courtesy Michael Hoppen Gallery. 

Leigh Bowery alla Tate Modern
il museo londinese celebra l'artista (lettura automaatica)

Leggendo le parole con cui chi lo conosceva ha ricordato lo stilista e performer Leigh Bowery, in occasione di una importante mostra a lui dedicata in corso alla Tate Modern di Londra, si ha l’impressione di trovarsi di fronte alle descrizioni di persone diverse. C’è chi lo racconta come un uomo “timido e ben educato”, chi “silenzioso e riservato” e ancora qualcuno lo dipinge come “sfrontato e provocatorio”. Del resto lui che metteva al centro della sua opera i concetti di rinascita, mutamento e reinvenzione (e li applicava prevalentemente a se stesso), di fronte alla domanda di un giornalista che gli chiedeva in quali occasioni gli fosse capitato di mentire, aveva risposto “Quando pensi mi succeda di respirare?

Ugualmente elusivo, il suo lavoro sfugge alla categorizzazione. “Se mi etichetti, mi neghi” disse nel ’93, un anno prima di morire a soli 33 anni di AIDS. Era vero allora come adesso e forse anche per questo non è mai diventato davvero famoso. Almeno al di fuori del suo elemento: la Londra underground degli anni ’80: post-punk e new romantic in cui giovani festaioli e talvolta scapestrati si ritrovavano a ballare gomito a gomito con le celebrità del momento.

La stessa capitale inglese che torna a rivivere nell’antologica “Leigh Bowery!”.

La mostra della Tate è segnalata più o meno da tutti come uno degli appuntamenti più importanti dell’anno. Innanzitutto per la completezza del materiale esposto: fotografie, video, oggetti e costumi (il più delle volte completamente ricostruiti per “la sporcizia da discoteca” che li aveva ricoperti); oltre agli splendidi dipinti di Lucian Freud per cui ha fatto da modello. Ma anche perché, sebbene l’influsso dell’opera del signor Bowery sia ormai universalmente riconosciuto, è un errore piuttosto comune quello di collocarlo soprattutto nell’ambito della moda. Mentre lui, oggi icona drag e del movimento Lgbtqi+, è stato anche personaggio televisivo, club kid, promotore di locali, musicista, performer e artista.

Fergus Greer, Leigh Bowery Session 4 Look 19 August 1991 ©Fergus Greer. Courtesy Michael Hoppen Gallery.

Nato nel 1961 a Sunshine (un sobborgo di Melbourn in Australia), Leigh Bowery proveniva da una famiglia piuttosto rigida e conservatrice (in proposito la sorella minore, Bronwyn, ha recentemente detto: "Quando cresci in quel tipo di ambiente, hai due scelte: conformarti o reagire. Leigh ha scelto di reagire. Fin da bambino, era istintivamente spinto dal desiderio di sfidare e sconvolgere lo status quo, sia a casa che nella comunità”). Probabilmente anche per questo a soli diciannove anni si trasferì a Londra. Dove arrivò con pochi soldi, una valigia e una macchina da cucire portatile. Nel giro di pochissimo tempo però diventò una presenza fissa dei club più di tendenza dell’epoca. Conosceva tutti e si mise a fare lo stilista; ma la moda non faceva per lui: le sue creazioni erano troppo bizzarre e trasgressive per il pubblico, mentre a lui non piaceva vestire altri e disprezzava la parte commerciale del mestiere.

Così si dedicò a ideare e produrre costumi sempre più radicali ed elaborati, fatti con tutto quello che gli capitava tra le mani per sé stesso (a un certo punto si copriva anche il volto con maschere o passamontagna multicolore), che, una volta indossati, lo trasformavano in una scultura vivente. Allo stesso modo il trucco (coloratissimo e spesso tattile) era un modo per dipingere usando il corpo come supporto. Usava anche parrucche e scarpe dai tacchi altissimi che lo rendevano ancora più imponente di quanto non fosse già (aveva una corporatura robusta e secondo la sorella era alto un metro e 87 centimetri). L’amico e cantante Boy George l’ha descritto in questo modo a un quotidiano statunitense: “Quando vedi le drag queen che fanno riferimento a Leigh è meraviglioso, ma troppo raffinato. Leigh era molto rozzo e aveva la corporatura di un giocatore di rugby, e non era né grazioso né fatato". Anche Marina Abramović ha scritto di lui: “Era un uomo enorme” (Leigh fece un costume da “regina dei topi” per Abramović nel ’94, quando lei rappresentò “Delusional”, in cui alla fine lei si calava nuda in una botola in cui erano intrappolati 400 topi vivi).

Leigh Bowery con la collaboratrice, amica e moglie Nicola Bateman Dave Swindells, Daisy Chain at the Fridge Jan '88: Leigh & Nicola 1988 (c) Dave Swindell

Tuttavia il signor Bowery ambiva a superare i limiti del proprio corpo e ad usarlo come fosse creta o stoffa: per questo si sottoponeva a bendaggi del torace, modellava il collo con bustini contenitivi e teneva ferme le maschere attraverso piercing al volto. Una volta ha affermato: “La carne è il tessuto più favoloso”.

Malgrado qualsiasi sua uscita fosse una mise en scene, la carriera ufficiale di performer per Leigh Bowery, inziò nell’88 alla Anthony D'Offay Gallery di Londra. Durante la mostra si distendeva su un divano del XIX secolo disposto dietro uno specchio unidirezionale (come quelli nella sala interrogatori dei film e delle serie tv), ogni tanto si alzava, si sistemava il trucco e rimirava il proprio riflesso. Contemporaneamente nello spazio riservato al pubblico (che lo osservava senza essere visto) venivano diffusi suoni e odori. Lo show durò una settimana, nel corso della quale l’artista si presentò con un costume diverso ogni giorno, parlando di storia dell’arte ma anche del guardare ed essere guardati.

Amico del coreografo britannico Michael Clark, il signor Bowery, per un certo periodo creò i costumi per gli spettacoli di Clark e, a volte, si esibì come solista. La sua performance più famosa però richiedeva molto più impegno. Intitolata “Birthing”, l’esibizione lo vedeva cantare e ballare con un pesante costume di velluto finchè non si sdraiava per terra e, aprendo le gambe davanti al pubblico, partoriva la sua assistente Nicola Bateman che usciva dall’imbracatura (nascosta sulla pancia dell’artista), ricoperta di sangue di scena e con una fila di salsicce al posto del cordone ombelicale. A conclusione dello spettacolo, già stupefacente di per se, Bowery tagliava anche il finto cordone ombelicale e nutriva Bateman, facendo cadere nella bocca di lei una cucchiaiata di minestrone (che era riuscito a conservare, non si sa come, sotto il costume). Potete vederne una rappresentazione qui.

Lucian Freud, Nude with Leg Up (Leigh Bowery) 1992 © The Lucian Freud Archive. All Rights Reserved 2024.

Nella sua storia, il fatto che nell’85 l’artista abbia fondato Taboo (un locale notturno londinese rivolto soprattutto alla clientela gay ma frequentato anche da etero) ha un peso. Innanzitutto per il successo del club, in cui gente di ogni tipo si mischiava a celebrità come Bryan Ferry, George Michael e Mick Jagger. “Di questi tempi- scrisse la giornalista Alix Sharkey su ID, bibbia dello street style dell’epoca- il giovedì sera nel West End di solito significa Taboo, il club più squallido, più kitsch e più stronzo del momento a Londra, pieno di stilisti, modelle, studenti, feccia e, si spera, alla moda (…)” E poi perché fu un palcoscenico a sua misura che gli permise di farsi conoscere e conoscere (qui, per esempio, incontra l’artista Cerith Wyn Evans che gli presenterà il famoso pittore Lucian Freud e comincerà l’amicizia con la sua futura collaboratrice, la stilista Nicola Bateman).

Il signor Bowery era apertamente gay ma appena pochi mesi prima di morire sposò Bateman. In merito a questo improbabile matrimonio nel corso del tempo sono girate varie spiegazioni (si erano sposati per il permesso di soggiorno, per ragioni fiscali ecc.) e lo stesso sposo ha definito la cerimonia “una performance artistica personale" ma Sue Tilley (amica strettissima dell’artista) ha detto che in ospedale lui le aveva confessato di temere che Nicola lo lasciasse per un altro uomo.

Solo a Bateman e Tilley, lui confidò di avere l’AIDS (che ai tempi era un killer senza scampo né pietà). Morì la notte di capodanno del ’94, Freud pagò il rimpatrio della salma in modo che potesse riposare accanto alla madre. Ma al momento della sepoltura i famigliari si resero conto che la fossa era troppo piccola per la grande bara che conteneva le spoglie dell’artista e dovettero rimettersi a scavare.

Leigh Bowery!”, organizzata dal museo inglese in collaborazione con Nicola Rainbird (nata Bateman) e curata da Fiontán Moran, resterà alla Tate Modern di Londra fino al 31 agosto 2025.

Fergus Greer, Leigh Bowery Session 4 Look 17 August 1991 ©Fergus Greer. Courtesy Michael Hoppen Gallery.

Leigh Bowery! Tate Modern. Installation view. Tate Photography: Larina Annora Fernandes

Fergus Greer, Leigh Bowery Session 7, Look 37 June 1994 ©Fergus Greer. Courtesy Michael Hoppen Gallery.

Leigh Bowery! Tate Modern. Installation view. Tate Photography: Larina Annora Fernandes

9. Dick Jewell Still from What's Your Reaction to the Show 1988 © Dick Jewell.

Leigh Bowery! Tate Modern. Installation view. Tate Photography: Larina Annora Fernandes

17. Lucian Freud, Leigh Bowery 1991 © The Lucian Freud Archive. All Rights Reserved 2024.

Leigh Bowery! Tate Modern. Installation view. Tate Photography: Larina Annora Fernandes

Fergus Greer, Leigh Bowery Session 3 Look 14 August 1990 ©Fergus Greer. Courtesy Michael Hoppen Gallery.

Leigh Bowery! Tate Modern. Installation view. Tate Photography: Larina Annora Fernandes

Leigh Bowery! Tate Modern. Installation view. Tate Photography: Larina Annora Fernandes

L'iconica "The Artist is Present" di Marina Abramović ritorna per aiutare l'Ucraina. Stop alle offerte entro domani

Marina Abramović: The Artist Is Present at the Museum of Modern Art (2010). Photo by Marco Anelli. All images courtesy of Sean Kelly, New York

The Artist is Present”, l’iconica performance di Marina Abramović, ritornerà per qualche ora al solo scopo di raccogliere fondi a favore della popolazione ucraina. Come nel 2010, quando l’evento diventò il cuore pulsante della retrospettiva dedicata all’’artista di orgine serba dal Museum of Modern Art di New York, a scattare le immagini sarà il fotografo italiano Marco Anelli. Chi siederà di fronte a lei, invece, si deciderà entro stasera, quando scadrà il termine per partecipare all’asta benefica.

Per Marina Abramović, nata nel ‘46, “The Artist is Present” è stata uno sforzo fisico importante. Costretta per ore, seduta immobile di fronte al pubblico, concentrata, fissando il suo partner del momento senza dimostrare alcun tipo di emozione. Sarebbe dovuta essere un’esperienza irripetibile. Il coronamento di una lunga carriera. Ma il conflitto in Ucraina ha spinto molti a un gesto di solidarietà, e Abramović, che ai tempi venne toccata da vicino dalla guerra in Bosnia, non è stata da meno.

Consacrata da un Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del ‘97 per la performance Balkan Baroque (in cui cercava di pulire delle ossa di mucca dal sangue, a simboleggiare l’impossibilità di eliminare la vergogna da ogni guerra), l’artista, ha recentemente mandato un accorato messaggio di solidarità alle persone colpite dal conflitto in corso.

Un attacco all'Ucraina è un attacco a tutti noi-ha detto- È un attacco all'umanità e deve essere fermato”.

Le offerte per "The Artist is Present: A Benefit Auction for Ukraine" di Marina Abramović, che si svolgerà alla galleria Sean Kelly di New York il 16 aprile 2022, potranno essere presentate attraverso la piattaforma Artsy entro la mezzanotte di oggi negli Stati Uniti (dall’Italia ci saranno 6 ore in più per la differenza di fuso orario). A disposizione ci sono due lotti. Chi si aggiudicherà il primo (per cui sono state già presentate 27 offerte nel momento in cui questo articolo viene redatto) verrà ritratto individualmente da Marco Anelli. Il secondo permetterà invece due ritratti (in questo momento le offerte sono 17). Il ricavato verrà devoluto all’organizzazione no-profit Direct Relief.

I video messaggi di Jeff Koons, Tomas Saraceno, Marina Abramovic e Ai Weiwei all'Italia colpita dall'epidemia

Ai Weiwei, Tomás Saraceno, Marina Abramović e adesso anche Jeff Koons. Sono già quattro i video messaggi di sostegno raccolti da Palazzo Strozzi nel nuovo spazio digitale IN CONTATTO. Un angolo virtuale aperto mentre le porte del museo restano chiuse. Mentre la splendida mostra personale Aria dell’artista di origine argentina Tomás Saraceno, a pochi giorni dall’inaugurazione, rimane serrata.

Ed è proprio Tomás Saraceno con il suo:“Per un suono lento dell’aria” uno dei famosi artisti che partecipano a questo abbraccio corale a un Paese simbolo della cultura colpito dal virus prima degli altri. Lo fa con un video messaggio razionale, didattico, ma non per questo meno poetico. Saraceno, infatti, prende le mosse da Particular Matter(s) Jam Session esposta a Palazzo Strozzi ( nell’opera un fascio di luce illumina le particelle che fluttuano nell’aria , spostate da ciò che accade intorno a loro, nel frattempo dei sensori rilevan il loro movimento e lo traducono in suoni) per parlare di “conndivisione, consapevolezza e solidarietà” come ha spiegato il Direttore di Palazzo Strozzi Arturo Galasino.

Ecco le parole di Saraceno: "Questo è un modo per sonorizzare il modo in cui ci muoviamo sulla Terra o il movimento delle particelle nell’aria. Questo significa che se in questo momento dobbiamo muoverci più lentamente, il suono sarebbe diverso e le particelle si muoverebbero più lentamente. Questo significa solidarietà per tutte le persone in Italia, in Europa e nel mondo. Speriamo di diventare consapevoli delle nostre azioni, di come l’aria si muove oggi e di quanto il nostro movimento possa influenzare le cose, e anche di come possiamo limitare il movimento di alcune delle particelle che oggi sono diventate così dannose per molte persone sul pianeta Terra"

L’intervento di Saraceno, pur rimanendo fedele all’immagine dell’artista, è il più riflessivo. Non l’unico però, e neppure il primo.

A dare l’avvio a questo succedersi di lettere nella bottiglia lanciate nel mare della rete è stato il cinese Ai Weiwei che, dopo la frase infelice pubblicata sul suo profilo Instagram (“Il Coronavirus è come la pasta. I cinesi lo hanno inventato, ma gli italiani lo diffonderanno in tutto il mondo”) ha detto:

"La vita è una lotta e la vita è piena di cose inaspettate. Credo sia fondamentale in questo momento essere pienamente consapevoli della situazione che stiamo vivendo e assumere un atteggiamento positivo: stare a casa ma rimanere uniti. Grazie."

Anche Marina Abramović ha dato il suo contributo con un video messaggio molto carico dal punto di vista emotivo, pur se statico e formale nello stile delle immagini. Abramović d’altra parte ha un rapporto stretto con l’Italia sia professionale che personale, a cui tutt’ora la legano contatti, amicizie e ricordi.

Ha detto: "Questo è il mio messaggio per l’Italia e per gli italiani, che io amo profondamente. Sappiamo che questo è un momento di crisi e che il virus ormai è ovunque. Ma allo stesso tempo dobbiamo imparare una lezione da questi disastri. Gli italiani stanno dimostrando grande coraggio, un profondo senso di comunità e umanità. Dobbiamo combattere insieme. (...) Italia, ti amo. Il mio cuore è con voi."

Jeff Koons, che in autunno sarà protagonista dell’attesa mostra Jeff Koons. Shine di Palazzo Strozzi, si è espresso con il consueto stile impeccabile e vagamente distante (spesso questo suo modo di parlare è stato oggetto di critica per l’impossibilità dell’osservatore di cogliere la personalità e la sinceità dell’uomo che sta dietro il messaggio ma è un fatto che per lui sia peculiare). Koons da collezionista di opere d’epoca e conoscitore di Storia dell’Arte non ha mancato di sottolineare l’importanza dell’Italia nella cultura globale e il prestigio che godono alcuni suoi musei.

"L'Italia sta attraversando un momento davvero difficile, ma voi italiani avete una forza straordinaria. Siete in grado di affrontare il coronavirus e alla fine sarete in grado di sconfiggerlo.L'Italia è un paese straordinario. Come popolo avete affrontato tanti momenti difficili e sconfiggerete il virus. Culturalmente, tutto il mondo è davvero grato per tutto ciò che ci avete dato. Palazzo Strozzi e tutte le altre meravigliose istituzioni italiane saranno in grado di dare all'umanità una luce, una direzione in cui saremo in grado di trovare la nostra strada nel futuro. Quindi, grazie Italia per tutto il vostro contributo culturale. Palazzo Strozzi, grazie. Italia puoi farcela!"

Oltre ai video messaggi degli artisti lo spazio IN CONTATTO contiene dei bei testi d’approfondimento del direttore di Palazzo Strozzi Arturo Galasino e della storica dell’arte Ludovica Sebregondi. E naturalmente altri se ne aggiungeranno, fin quando, finalmente, il museo non potrà riaprire e tutti noi tornare alle nostre vite.

Video by Studio Tomás Saraceno

Video by Studio Tomás Saraceno