Il ghiaccio del Mar Baltico si fa astratto nella fotografia di Bernhard Lang

BALTIC ICE II PAERNU 008 All images courtesy: © Bernhard Lang Strutture di ghiaccio sul mare vicino a Paernu, fotografate da un'altezza di circa 100 metri.

Baltic Ice”, la nuova serie di immagini del fotografo tedesco Bernhard Lang (di alcune delle precedenti Artbooms ha parlato qui), non ritrae quasi nient’altro che blocchi di ghiaccio e distese d’acqua. Qualche porto stretto nella morsa del freddo più intenso, alcune navi rompighiaccio che si fanno faticosamente largo in un ambiente aspro, ma la terra ferma, e la presenza dell’uomo (come di altri animali) si riducono questo. Il paesaggio marino invernale dell’estremo nord europeo, in compenso, è il protagonista assoluto di questi scatti aerei che lo tengono in bilico tra documentazione del reale ed astrazione.

Nato nel 1970 a Crailsheim, un’antica cittadina immersa nel verde della Germania meriodionale, Bernhard Lang, che adesso vive e lavora tra Monaco, Langenburg (in Germania) e Tallin (in Estonia), dal 2010 si dedica al progetto “Aerial Views”. Si tratta di immagini prese dall’alto, spesso molto in alto, che Lang non si limita a catturare con un drone ma scatta personalmente, noleggiando elicotteri o piccoli aereomobili. E’ stato in diversi continenti, anche se, per ovvie ragioni, più di frequente focalizza il suo interesse sull’Europa (in Italia ha fotografato le cave di marmo a Carrara e le sterminate distese di ombrelloni della riviera romagnola). Si soffferma sia sul paesaggio naturale che, più spesso, su quello industriale o, comunque sulle aree in cui la presenza dell’uomo ha avuto un forte impatto sull’ambiente.

E’ evidente quindi che Lang, non intenda limitarsi a stupire il pubblico con immagini inconsuete, ma cerchi di documentare l’impatto della presenza massiccia dell’uomo sul Pianeta. Senza dimenticare che lui, come altri fotografi, mostrandoci il mondo da un altro punto di vista, ci renda evidente quanto la nostra percezione del reale sia parziale e ingannevole.

Baltic Ice” è stata scattata in Finlandia e in Estonia e mostra il paesaggio nord europeo drasticamente trasformato da un rigido inverno. In alcune foto si vede come il ghiaccio arrivi fino all’acqua di un porto di Helsinki, in un’altra una spiaggia estone (che durante l’estate si riempie di turisti) completamente innevata e ghiacciata. E poi il Lago Peipus (sempre in Estonia) diventato solido e percorribile a piedi. Quest’ultimo, poco profondo, è un lago enorme, sette volte più largo del Lago di Costanza che, a sua volta, è più grande del maggior lago italiano (il Garda), e proprio in mezzo ad esso cade il confine con la Russia tracciato dalla Nato.

In questa serie, come in altre di Lang, il confine tra realtà e astrazione si fa labile. E alcune fotografie si spingono all’estremo limite mentre offrono agli occhi una danza di motivi bianchi sulla campitura di blu del mare.

Lang ha spiegato così la nascita di “Baltic Ice”: "Poichè in parte vivo in Estonia dal 2022 ho notato delle forme di ghiaccio dall'aspetto interessante che la natura ha creato e che si vedono partendo dal Mar Baltico durante  l'inverno"

 Baltic  Ice Kakumaee 002 Banchi di ghiaccio nel Mar Baltico al largo delle coste dell'Estonia, vicino alla capitale Tallinn.

BALTIC ICE II PAERNU 003 Il fiume Paernu, nell'Estonia meridionale, è mantenuto navigabile da piccole navi rompighiaccio.

 BALTIC ICE PEIPSIJAERV 016 L'immenso Lago Peipus (circa 7 volte più grande del Lago di Costanza) è completamente ghiacciato perché è profondo solo 2 metri. Il confine esterno della NATO con la Russia attraversa il centro del lago. I pescatori sul ghiaccio colmano le grandi distanze sul lago con auto appositamente costruite.

 BALTIC ICE II HELSINKI 014 A Helsinki, in Finlandia, anche il mare nei bacini portuali gela.

 BALTIC ICE PAERNU 008 La spiaggia di Paernu più visitata dell'Estonia in estate, è ghiacciata in inverno.

 BALTIC ICE PAERNU 010 Per diversi mesi il Mar Baltico è rimasto ghiacciato nella baia della località balneare di Paernu. Molti pescatori sul ghiaccio camminano per chilometri sul ghiaccio per dedicarsi a questa attività invernale che è molto popolare da queste parti.

Chiara Camoni, tra paesaggi condensati, poesia e bellezza dell’ordinario, conquista il Pirelli Hangar Bicocca

Chiara Camoni “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Costruita facendo riferimento alla pianta di un giardino tardorinascimentale Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse”, la mostra di Chiara Camoni in corso al Pirelli Hangar Bicocca di Milano, immerge i visitatori in un mondo misterioso e fiabesco, dove la sapienza artigianale e la bellezza dei materiali non sono il fine ma il mezzo per suscitare interrogativi sullo scorrere del tempo, sulla bellezza, sul mutevole e l’immutabile. Chi scrive l’ha visitata per voi.

Lo Shed, cioè la prima stanza che i visitatori del Pirelli Hangar Bicocca si trovano davanti al loro ingresso, non è affatto uno spazio semplice, con il soffitto alto e la moltitudine di segni che evocano il passato industriale dell’edificio milanese, e per di più, dove dovrebbero esserci candide e rassicuranti pareti ci sono porte e ampie vetrate che legano osmoticamente l’interno all’esterno. Chiara Camoni, quelle grandi finestre, quelle porte, durante “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse”, ha deciso di non oscurarle, anzi, di lasciarle socchiuse, per inondare di luce naturale l’impressionante parata di sculture che compone la sua personale, e di esporre alla brezza primaverile un universo che oscilla tra il fiabesco e il misterioso, tra l’ordinato e il selvaggio, tra il mutevole e l’immutabile, ma soprattutto tra il naturale e il culturale. Questa scelta, come quella di giocare la mostra sull’idea del giardino tardorinascimentale all’italiana, le ha permesso di vincere la sfida con lo spazio a sua disposizione, facendolo raccolto, anzi tramutandolo in un labirinto di siepi invisibili in cui il pubblico rimane intrappolato senza nemmeno accorgersene, abbandonandosi, come sotto l’effetto di un sortilegio, al piacere di continue, minuscole, scoperte.

D’altra parte è lei stessa ad affermare: “Ci sono delle piccole epifanie, momenti di grazia e di bellezza che sembrano rivelare il senso del vivere. Questi attimi, velocissimi, si coagulano intorno all’opera d’arte (…)”.

Chiara Camoni Cani (Bruno e Tre), 2024 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Prodotto da Pirelli HangarBicocca Courtesy l’artista; SpazioA, Pistoia, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio 

Uscita dall’Accademia di Belle Arti di Brera alla fine degli anni ‘90, Chiara Camoni, fa parte di una generazione di artisti che hanno riscoperto l’amore per la Natura e riletto il genere del Paesaggio in modi inaspettati. C’è chi si è affidato alle scoperte scientifiche, Camoni no, tutta la sua opera, adesso esposta a Milano, è esplorazione del territorio a lei vicino, manipolazione di materiali naturali, accentuata fascinazione dell’ordinario tanto da farlo diventare straordinario. E’ quello che succede, per esempio, ai due leoni (anzi leonesse) in pietra serena, dalle forme stilizzate e gli sfavillanti occhi di vetro e labradonite (Leonesse”, 2024) che accolgono i visitatori all’ingresso dello spazio espositivo, mostrando, a chi avrà la pazienza di fermarsi ad osservare, fossili vegetali ed animali nella tessitura della pietra arenaria particolarmente usata nell’architettura toscana. Questo è uno dei riferimenti, che l’artista originaria di Piacenza, fa alle colline in provincia di Lucca dove si è trasferita (vive a Serravezza un paesino di 12 mila abitanti non lontano delle cave di marmo). Ce ne sono tanti altri, perché il lavoro di Camoni è, in buona parte, un’ode alla bellezza fugace della quotidianità e del presente cui alludono i suoi due cani scolpiti in alluminio e adagiati su un tappeto, al termine del percorso espositivo (Cani (Bruno e Tre)”, non a caso il materiale che li compone a tratti sembra sgretolarsi).

Stesso discorso per, Senza titolo (Mosaico), parte della serie dei pavimenti realizzati per lo spazio espositivo (che contribuiscono al labirinto orizzontale ideato per la mostra), è composto da frammenti di marmo ritrovati durante le sue passeggiate in Alta Versilia. Qui però l’artista evoca in maniera più diretta il genere del Paesaggio (attraverso i materiali stessi che lo compongono) e la Land Art (le passeggiate intese come performances, la geografia che si fa mappa mentale ecc.). Ma quello di Camoni non è mai un lavoro freddo, cerebrale, asettico; così, nello stesso tempo, l’artista fa pensare ad antichi siti archeologici e ai vecchi pavimenti delle case, muti testimoni di storie mai raccontate e memorie dimenticate.

Chiara Camoni “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

All’intimità domestica fanno riferimento anche le sete su cui sono state impresse foglie, bacche, fiori. Le sagome che ne sono saltate fuori, sistemate in cerchio su una struttura in ottone, ricordano delle fatine. Camoni di queste opere ha detto: “Sono una mia sintesi di Pasaggio”. Guardandole da vicino si vede la tessitura di motivi vegetali, gli stessi che, a contatto con la stoffa, hanno rilasciato il loro colore.

In mostra c’è pure un tappeto fatto di fiori ed erbe intrecciate (“Living Room), su cui volteggia un gufetto di ceramica dall’aria buffa.

D’altra parte, tutti gli animali selvatici che fanno capolino nell’opera dell’artista, siano essi di grés smaltato (come i “Vasi Farfalla”, con quegli attimi di colore talmente lattiginoso da sembrare liquido denso), o porcellanato, come i “Tre Serpenti” (composti da piccole ciotole fatte a mano, una ad una), hanno tutti un’aria tutt’altro che minacciosa. Nemmeno toppo vagamente disneyani, danno l’impressione di prendere vita a porte chiuse e mettersi a ballare come i personaggi di “Fantasia”.

Chiara Camoni “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Le “Sisters”, invece, con il loro volto (talvolta bifronte) di terracotta nera, le braccia di rami secchi, e le candele colorate come offerte votive (lasciate sciogliere fino a mescolarsi con il corpo dell’opera, o sostituite) e magari con gli occhi di cristalli rossi, sono tutta un’altra storia. Dall’apparenza sia protettiva che malvagia, sembrano depositarie di formule magiche, di un voto remoto che non è possibile sciogliere. Figure ancestrali, un po’ esotiche e un po’ nostrane, ci attirano a sé con i loro manti fatti da migliaia di pezzetti d’argilla lavorati a mano, colorati o al naturale, simili a lunghissimi rosari buddisti, a collane di Paesi lontani, ma anche alla maglia dei braccialetti venduti ai turisti sul lungomare toscano. Del resto nello strascico di una di loro ci sono anche le conchiglie.

Forse per il loro nome, in queste laboriosissime sculture (di solito Camoni crea le parti delle collane che le vestono insieme ad altre persone), qualcuno ha voluto vedere un riferimento al femminismo. Lei le spiega diversamente: “Le Sisters sono delle figure che costellano la mostra che probabilmente fanno parte di una dimensione onirica e inconscia mia personale. Sono figure femminili ma mi verrebbe da dire che comprendono un po’ tutto: comprendono il maschile, l’animale, il vegetale, il minerale. E sono ambigue, accolgono gli opposti e le contraddizioni. Molte di loro hanno anche due facce, due personalità. Ognuna ha un suo portato, ha una sua attitudine e ci chiedono una relazione. Sono nel cambiamento”.

Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse” di Chiara Camoni rimarrà al Pirelli Hangar Bicocca di Milano fino al 21 luglio 2024. Curata da Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli, è un’esposizione molto poetica (ma anche soffusa di leggerezza), ben riuscita, perfettamente equilibrata, in cui quando dalla visione d’insieme ci si sposta al particolare (via via sempre più piccolo) l’immagine non va in frantumi ma si rafforza. E sta avendo un grande successo (meritato). Insieme a Camoni in mostra (nelle sale successive dell’edificio in cui un tempo si costruivano e assemblavano locomotive) c’è il giamaicano- newyorkese, Nari Ward, con delle monumentali sculture di rifiuti e dei raffinati video di denuncia sociale, che dal vivo riesce a far mancare il fiato e completa l’esperienza del visitatore introducendolo in un mondo completamente diverso da quello dell’italiana ma complementare.

Chiara Camoni I Tre Serpenti (particolare), 2024 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Prodotto da Pirelli HangarBicocca Courtesy l’artista; SpazioA, Pistoia, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Chiara Camoni Sister (Capanna), 2022 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Nicoletta Fiorucci Collection Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio 

Chiara Camoni Barricata #1, 2016 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca,Milano, 2024 Courtesy l’artista; SpazioA, Pistoia, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Chiara Camoni Sister, 2022 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Prodotta da Biennale Gherdëina Courtesy l’artista; SpazioA, Pistoia, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio 

Chiara Camoni “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Chiara Camoni Sister, 2020 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Courtesy l’artista; SpazioA, Pistoia, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio 

Chiara Camoni Leonesse, 2024 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Prodotto da Pirelli HangarBicocca Courtesy l’artista; SpazioA, Pistoia, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio 

Chiara Camoni Sister #04, 2021 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Collezione 54, Milano Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Chiara Camoni I Tre Serpenti, 2024 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Prodotto da Pirelli HangarBicocca Courtesy l’artista; SpazioA, Pistoia, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

“Dance with Daemons” alla Fondazione Beyeler, per dormire su un letto-robot di Höller con gli occhi al firmamento dell’arte contemporanea

INSTALLATION VIEW Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2024 Philippe Parreno, Membrane, 2023, cybernetic structure with sensorimotor capabilities and generative language processing; courtesy of the artist © Philippe Parreno; Fujiko Nakaya, Untitled, 2024, Potable water, 600 Meefog nozzles, High pressure pump motor system, Courtesy of the artist, © Fujiko Nakaya photo: Mark Niedermann

Fino all’11 agosto i visitatori della Fondazione Beyeler di Riehen (a una manciata di chilometri da Basilea, nella Svizzera tedesca) avranno la possibilità di vedere un museo del tutto trasformato, all’interno di un’esposizione temporanea concepita come “un organismo vivente” che si “evolve e muta nel tempo”. E poi potranno dormire in un’opera dell’artista tedesco Carsten Höller che, insieme al giovane (ma già molto affermato) scienziato Adam Haar, com’è sua abitudine, coglierà l’occasione per studiarli. Perché nell’opera “Dream Hotel Room 1: Dreaming Flying with Flying Fly Agarics” il letto del pubblico è un robot che rileva l’attività onirica delle persone e si muove di conseguenza.

L’esposizione, realizzata in collaborazione con la Luma Foundation di Zurigo, ha un titolo grintoso ed evocativo come “Dance with Daemons”, che ben si adatta ai concerti di musica elettronica che si terranno nel parco del museo per celebrare ed ammirare i tramonti d’estate con la giusta atmosfera. Ma soprattutto, sperimentale e (a suo modo) egualitaria, la mostra mette insieme un firmamento di stelle dell’arte contemporanea ma anche di molti altri campi. Gli organizzatori hanno, infatti, chiamato un gruppo di artisti e curatori (Sam Keller, Mouna Mekouar, Isabela Mora, Hans Ulrich Obrist, Precious Okoyomon, Philippe Parreno e Tino Sehgal) che, oltre ad ideare l’esposizione, a loro volta hanno chiesto di partecipare ad artisti, poeti, architetti, designer, musicisti, compositori, filosofi e ricercatori. “A tutti loro- ha scritto la fondazione svizzera- è stata data licenza di trasformare gli spazi della Fondation Beyeler, siano essi le sale, i giardini, le terrazze, ma anche gli ambienti non convenzionali come la biglietteria, la ‘green room’, lo shop, il foyer e il giardino d’inverno. Per il pubblico è un’opportunità imperdibile di riscoprire in modo inaspettato le sale espositive esistenti e di esplorare le aree meno abituali del museo”.

L’elenco completo comprende trenta nomi di diverse nazionalità (anche se sono molti gli statunitensi e diversi i francesi) e discipline (ma tutti almeno un po’ famosi, alcuni molto). Ci sono: l’artista britannico- keniota, Michael Armitage, la poetessa statunitense, Anne Boyer, il filosofo italiano, Federico Campagna, l’artista statunitense, Ian Cheng, il musicista e poeta statunitense, Chuquimamani-Condor, il musicista statunitense di origine indigena, Joshua Chuquimia Crampton, la pittrice sudafricana, Marlene Dumas, l’architetto messicana, Frida Escobedo, l’artista svizzero, Peter Fischli, l’artista francese, Cyprien Gaillard, il pittore rumeno, Victor Man, l’artista francese, Dominique Gonzalez-Foerster, l’artista statunitense, Wade Guyton, , Carsten Höller con Adam Haar appunto, l’artista francese, Pierre Huyghe, l’artista e cineasta statunitense, Arthur Jafa, l’artista coreana, Koo Jeong A (che quest’anno rappresenta la Corea alla Biennale di Venezia), l’artista statunitense, Dozie Kanu, l’artista brasiliano, Cildo Meireles, l’artista brasiliano, Jota Mombaça, l’artista giapponese, Fujiko Nakaya, la poetessa statunitense, Alice Notley, l’artista e poetessa nigeriano-americana, Precious Okoyomon, l’artista francese, Philippe Parreno, l’artista statunitense, Rachel Rose, l’artista tedesco- indiano, Tino Sehgal, l’artista di origine tailandese ed argentina (ora vive tra NYC, Berlino e Chiangmai), Rirkrit Tiravanija, l’artista franco-marocchino, Ramdane Touhami e lo sculture argentino, Adrián Villar Rojas.

Ad ogni modo gli ideatori, probabilmente prendendo spunto dalla struttura della scorsa edizione di Documenta (lì è stato un mezzo disastro, ma si trattava di collettivi del sud del mondo animati da uno spirito piuttosto sessantottino), hanno deciso di puntare sullo “scambio interdisciplinare e la responsabilità collettiva”. In sostanza si sono consultati a vicenda ma nell’ottica di un’organizzazione orizzontale.

Insieme hanno scelto di costruire la mostra come “un organismo vivente”, cioè di lavorare su un palinsesto dinamico. Sia nel senso che in ogni fase si si sono consultati tra loro, sia che l’hanno riempita con un ricco programma di eventi (mostre, momenti sociali, performance, concerti, letture di poesie, conferenze e attività svolte in comune), che non sono paralleli all’esposizione ma parte di essa e cambiano a seconda dell’ora del giorno in cui si entri nella Beyeler Foundation.

Una proposta dinamica più che statica- hanno spiegato con un linguaggio tutt’altro che chiaro, Parreno e Okoyomon- un progetto ontologico che si evolve e riflette la complessità e molteplicità insite nell’incontro di voci artistiche differenti sotto uno stesso tetto”.

Per tutta la durata dell’esposizione l’artista tedesco Carsten Höller presenterà “Dream Bed”, il suo ultimo progetto realizzato in collaborazione con lo scienziato cognitivo esperto di sonno e sogni, Adam Haar (co-inventore del dispositivo Dormio e della tecnica Targeted Dream Incubation che aiuta le persone a modificare i propri sogni, sta attualmente costruendo strumenti per il trattamento degli incubi). L’opera, che per esteso si chiama “Dream Hotel Room 1: Dreaming Flying with Flying Fly Agarics”, è una camera d’hotel posta all’interno del museo svizzero in cui i visitatori potranno schiacciare un pisolino durante il giorno al prezzo del biglietto, oppure dove potranno trascorrere un’intera notte di sonno (tra il venerdì e il sabato). Chi deciderà di provare l’opera di Höller diventerà, come sempre accade nel suo lavoro, una cavia da laboratorio. Il “Dream bed”, infatti, è un letto-robot che si muove in sincronia con l’attività onirica di chi lo usa, capace di rilevare i sogni attraverso sensori nel materasso (che misurano la frequenza cardiaca, la respirazione e i movimenti). Inoltre, quando l’ospite dell’opera sarà sul punto di addormentarsi o di svegliarsi, sopra la sua testa comincerà a ruotare la riproduzione di un fungo dai riflessi rossi.

Per dormire per davvero nella stanza con letto- robot di Höller bisogna prenotare online. I prezzi dovrebbero essere variabili per adattarsi a tutte le tasche ma, a parte la notte destinata agli studenti (già prenotata), non si possono dire molto abbordabili (mentre questo articolo viene redatto la camera è in vendita tra i 600 e i 2mila franchi svizzeri). Tuttavia, a pochi giorni dell’inaugurazione, oltre la metà delle date disponibili sono già andate esaurite.

Dance with Daemons” alla Beyeler Foundation di Riehen (Basilea) è stata inaugurata il 19 maggio scorso e durerà fino all’11 agosto 2024. “Nel corso della sua durata- promettono gli organizzatori- la mostra di gruppo interdisciplinare si evolverà e cambierà, proprio come un organismo vivente”. Di certo l’esposizione si trasformerà drasticamente, in seguito, quando verrà presentata ad Arles e in altre sedi della Luma Foundation.

INSTALLATION VIEW Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2024 © Gerhard Richter; Marlene Dumas; 2024, ProLitteris, Zurich photo: Mark Niedermann

INSTALLATION VIEW Wade Guyton, Untitled, 2023-24, Twenty-six paintings, all Epson UltraChrome HDX inkjet on linen Each painting: 213.4 x 175.3 cm Installation view photo: Courtesy der Künstler

INSTALLATION VIEW Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2024 Thomas Schütte, Hase, 2013, Patinated bronze; Fujiko Nakaya, Untitled, 2024, Potable water, 600 Meefog nozzles, High pressure pump motor system, Courtesy of the artist © 2024, ProLitteris, Zurich photo: Mark Niedermann

INSTALLATION VIEW Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2024 © Roni Horn; Josef Albers and Anni Albers Foundation; Mondrian/Holtzman Trust c/o HCR International Warrenton, VA USA; Ellsworth Kelly; 2024, ProLitteris, Zurich Photo: Mark Niedermann

INSTALLATION VIEW Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2024 Dominique Gonzalez-Foerster, Untitled (nuage), 2024, LED screen, courtesy of the artist © Dominique Gonzalez-Foerster photo: Mark Niedermann

RACHEL ROSE, WHAT TIME IS HEAVEN, 2024 © Rachel Rose

INSTALLATION VIEW Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2024 Adrián Villar Rojas, The End of Imagination VI, 2024, live simulations of active digital ecologies, and layered composites of organic, inorganic, human and machine-made matter, courtesy the artist © Adrián Villar Rojas photo: Mark Niedermann

INSTALLATION VIEW Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2024 Philippe Parreno, Membrane, 2023, cybernetic structure with sensorimotor capabilities and generative language processing; courtesy of the artist © Philippe Parreno; Fujiko Nakaya, Untitled, 2024, Potable water, 600 Meefog nozzles, High pressure pump motor system, Courtesy of the artist, © Fujiko Nakaya photo: Mark Niedermann