Le illustrazioni di flora e fauna di Amok Island che creano un gigantesco atlante naturalistico sui muri del mondo

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Come un moderno naturalista lo street-artist di origine olandese Amok Island quando visita un angolo del pianeta fa illustrazioni della flora e della fauna. Solo che invece di usare fogli di carta e acquerelli Amok Island si serve di muri e grandi barattoli di colore. Anche lo stile minimale influenzato com’è dalle tendenze del design farebbe storcere il naso agli antichi esploratori. La palette di colori così attentamente abbinati tra loro, poi, desterebbe autentico sconcerto. Ma i tempi cambiano si sa. Quello che resta è la passione per lo spettacolo della natura e la voglia di raccontarlo a chi in quel luogo non andrà mai o ricordarlo agli altri.

Amok Island che adesso vive in Australia ha creato enormi murali in venticinque paesi. Le sue opere si basano sempre su immagini di specie autoctone. Ha una particolare predilezione per la vita sottomarina e la flauna costiera. Non a caso ha scelto un nome d’arte che sembra quello di un’ allegra isoletta dei mari del sud (amok significa baldoria).

Se non fosse un artista, sarebbe un biologo-dice il suo sito internet- Fortemente ispirato alle illustrazioni scientifiche dei primi naturalisti, il suo lavoro racchiude l'accuratezza e la precisione rappresentative dei disegni tecnici, utilizzati a fini identificativi. Il tema dell'esplorazione naturale e della conservazione è una corrente sotterranea forte e costante nella sua pratica artistica.”

Oltre alle grandi opere pubbliche Amok Island dipinge dei quadri in cui mantiene inalterati stile e soggetti. Fa anche delle graziose stampe. Il suo lavoro si può consultare scorrendo il sito web o dando un’occhiata ai suoi account Facebook e Instagram. (via Colossal)

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Biennale di Venezia 2017| I migranti si trasformano in personaggi di un noir on the road nel sofisticato Padiglione Australia di Tracey Moffatt

Tracey Moffatt,  Mother & Baby (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Mother & Baby (Passage Series)

C’è un porto dove si radunano misteriosi personaggi in bilico tra passato e presente; hanno già fatto o stanno per fare una scelta difficile; si percepisce che hanno una storia. Ma c’è anche una cameriera che continua ad occuparsi delle faccende domestiche, con tanto di uniforme, in un rudere. E poi navi, anzi barconi, in balia di un mare agitato e degli sguardi delle star della Hollywood degli anni d’oro.

Il Padiglione Australia dell’artista Tracey Moffatt porta un’atmosfera sospesa tra sogno e realtà alla Biennale di Venezia 2017. Attraverso una fotografia studiata e pittorica. Ma soprattutto spiccatamente cinematografica. Come se ogni immagine in mostra fosse un film condensato.

Intitolata “My Horizon” (“Il mio Orizzonte”), l’esposizione di Tracey Moffatt, presenta 2 serie di fotografie (“Passage”- “Traversata”-; “Body remembers” -Il corpo ricorda-) e 2 video (“Vigil” - “Veglia”-; “The white ghosts sailed in” - “I fantasmi bianchi giunsero dal mare”) . E’ curata dal critico Natalie King.

“Succede a volte nella vita di riuscire a vedere ‘ciò che viene sull’orizzonte’- dice Tracey Moffatt - ed è questo il momento di attivarsi oppure di non fare nulla e stare ad aspettare qualsiasi cosa stia per arrivare”.
Ogni serie è ricca di riferimenti letterari e cinematografici ma a colpire è quanto l’artista riesca a rendere naturali i virtuosismi stilistici e a fonderli con una sensibilità decisamente femminile per la storia e i personaggi.

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Passage (Traversata): è un racconto aperto, ambientato in un porto. La collocazione geografica della storia non è chiara e anche il periodo in cui si svolge non vuole esserlo. L’atmosfera oscilla tra quella di un colossal a sfondo epico, di un noir, di un western fino al sapore della pelliccola on-the-road. E non contenta di tutto questo cinema, la Moffatt, è riuscita a mettere anche un bel po’ di pittura in ogni scatto (da Turner a Hopper) e (perché no?!) anche quel tanto di fumetto che basta.
I personaggi misteriosi e tormentati di questa serie sono tutti quelli che intraprendono un lungo viaggio: “Ciò che Tracy Moffat intende evocare sono gli ardimentosi viaggi per mare- scrive Natalie King nel catalogo della mostra- (…) Smantellando le convenzioni del narrare, racconta per immagini una storia di viaggio e rifugio, di fuga e oblio”. Insomma anche l’artista australiana è stata catturata dal tema dei richiedenti asilo e ne ha fatto i principali protagonisti di “Passage”.
Body remembers (Il corpo ricorda): declinata sull’ocra è una serie più intima, con una connotazione autobiografica. Racconta di una cameriera che torna nella casa in cui fu a servizio tanti anni prima.

Per visitare il sofisticato Padiglione Australia di Tracey Moffatt e togliersi la voglia di fotografia con la “f” maiuscola, basterà andare ai Giardini prima della fine della Biennale di Venezia 2017.

Tracey Moffatt, Touch (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Touch (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt,  Tug (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Tug (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Weep (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt,  Weep (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Mad Captain (Passage Series)

Tracey Moffatt, Mad Captain (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Hell (Passage Series)

Tracey Moffatt,  Hell (Passage Series)

Tracey Moffatt, Shadow Dream (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Shadow Dream (Body Remembers Series)

Tracey Moffatt, Window Man (Passage Series)

Tracey Moffatt, Window Man (Passage Series)

Tracey Moffatt, Cop and Baby (Passage Series)

Tracey Moffatt, Cop and Baby (Passage Series)

Padiglione Australia, My Horizon, Biennale di Venezia 2017

Padiglione Australia, My Horizon, Biennale di Venezia 2017

La street-art di Rone che porta mega ritratti di giovani donne su edifici che stanno per essere abbattuti

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Il progetto, realizzato in una cartiera abbandonata di Melbourne dallo street-artist Rone, si intitola “The Alpha Project” e ha richiesto oltre 3 mesi di lavoro. In questo lasso di tempo l’artista australiano, armato di rulli e bombolette spray, ha dipinto ben cinque ritratti femminili. Ovviamente enormi.

Di tanto impegno però non rimarranno che le fotografie. Perché l’edificio è inagibile e da tempo destinato alla demolizione.

“The Alpha Project” è nato come un opera effimera che Rone ha deciso di mostrare solo a un ristretto numero di amici, nonché di realizzare senza farne parola. Ed è proprio quest’aura di mistero e segretezza ad accrescere il fascino dei murali.

Lo street-artist australiano è già tanto famoso da essersi meritato la commissione della National Gallery of Victoria per un lavoro da svolgere in collaborazione con Jean Paul Gaultier. Alcune sue opere sono state acquisite dalla National Gallery of Australia. Tutti i suoi progetti si sviluppano sul tema del ritratto, declinato come fosse un gigantesco disegno a matita. Il contrasto tra la bellezza dei volti femminili effigiati e la grigia decadenza degli edifici su cui vengono dipinti fa il resto.

Anche “The Alpha Project” gioca su questa contrapposizione. Tanto che i grandi spazi della cartiera abbandonata sembrano una scena di guerra e i murali una sorta di apparizione.

Per vedere altre immagini della street-art di Rone si può visitare il suo sito internet o seguire il suo account Instagram. (via Streetartnews)

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