Le straordinarie installazioni di Dineo Seshee Bopape al Pirelli Hangar Bicocca che parla con l'acqua e intesse la terra

Dineo Seshee Bopape “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

L’artista sudafricana, Dineo Seshee Bopape, parla d’Africa, colonialismo, memoria, identità e spiritualità ma lo fa con un vocabolario talmente semplice ed evocativo da risultare spiazzante. Come quando costruisce una sorta di memoriale alle vittime del del movimento Panafricano ("Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting)") semplicemente stringendo nella mano chiusa a pugno delle manciate di fango (mischiato di volta in volta con cenere, piante, carbone). E poi mette in fila i calchi. O quando per alludere ai concetti di comunità, femminilità e cura, costruisce delle capanne ( per esempio “Mothabeng”). A volte arriva persino a raccontare pensieri decisamente complessi, come quelli connessi alla nazionalità o al senso di appartenenza, esponendo delle sezioni di terreno, che lavora fino a renderle simili ad arazzi o dipinti astratti (ad esempio “Mabu,mubu,mmu, sa_ _ke lerole, (sa lerole ke_ _)").

Dineo Seshee Bopape è atttualmente in mostra al Pirelli Hangar Bicocca di Milano. L’antologica, la prima italiana dell’artista nata a Polokwane e residente a Johannesburg, si intitola “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]” (è stata inaugurata la settimana scorsa).

Il titolo sottolinea la poesia dei suoi interventi. Ma scopre anche le carte di fronte al visitatore. Seshee Bopape, infatti, ha deciso di sfruttare la luce naturale per condurre chi osserva attraverso le opere posizionate nell’ex complesso industriale milanese. Si comincia con l’oscurità e poi si raggiungono le vetrate che cancellano l’atmosfera avvolgente e permettono di percepire gli interventi diversamente. In questo modo l’artista lega ancor più strettamente il suo lavoro alla Natura e lo rende malleabile allo scorrere del tempo ed alle condizioni metereologiche.

D’altra parte la frase “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]” vuole anche evocare un senso di rinascita o transizione. Perchè "Bopape incoraggia a ripensare il concetto stesso di opera d’arte-spiegano gli organizzatori della mostra- non più intesa in senso monumentale e museale, ma come tramite tra mondi materiali e immateriali, esperienze e tempi differenti."

L’artista coinvolge tutti i sensi. E passa dell’uso degli elementi più semplici (come terra e luce solare) a riprese video ma anche a canto e disegni a parete. L’aria è impregnata dall’odore del suolo e delle piante. A tratti luccicano cristalli o foglia d’oro nella semioscurità. L’insieme richiama alla mente panorami e luoghi. Come si trattasse di paesaggi (reali o dell’anima, nell’opera di Bopape, infatti, collettivo e personale, concreto e spirituale si fondono) meticolosamente decotruiti. Ma non per questo meno belli e capaci di trasmettere emozioni.

Tra le opere, un video a tre canali, “Lerato laka le a phela le a phela le a phela / my love is alive, is alive, is alive” (2022), girato dall’artista alle Isole Salomone, in Giamaica, e presso le rotte della tratta degli schiavi. Già presentano all’ Ocean Space a Venezia è stato coprodotto dal Pirelli Hangar Bicocca. Sugli schermi riprese marittime, fiori e frutti che si inabissano sembrano offerte votive, mentre le mani dell’artista si muovono nell’acqua. La voce di Bopape si fonde al rumore delle onde.

L’artista ha detto che l’acqua in quell’occasione continuava a “trasmetterle messaggi”. Ma non solo i luoghi anche i sogni le davano delle indicazioni. Finchè una notte non si svegliò piangendo. Durante il sogno aveva sentito una canzone, che ora fa parte della colonna sonora dell'opera. Il titolo " my love is alive, is alive, is alive" altro non è che una frase del testo.

All’interno di “Mothabeng” c’è una scultura sonora realizzata per il Pirelli Hangar Bicocca. E’ stata creata dalle registrazioni effettuate in una cava di marmo sugli Appennini toscani. “Grazie all’ambiente raccolto, i suoni prodotti dagli elementi naturali della montagna echeggiano e accompagnano in un metaforico viaggio nelle profondità della terra, e inducono a concepire modalità di connessione e comunicazione inedite con organismi ed entità non umane.”

La mostra “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]” di Dineo Seshee Bopape, è curata da Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli. E rimarrà al Pirelli Hangar Bicocca di Milano fino al 29 gennaio 2023. Per tutta la durata dell’esposizione si potrà visitare, semplicemente continuando il percorso fino allo spazio delle Navate, anche l’importante retrospettiva dedicata a Bruce Nauman.

Dineo Seshee Bopape lerato laka le a phela le a phela le a phela / My love is alive, is alive, is alive, 2022 (still) Installazione video a tre canali, suono, colore 17’ Courtesy l’artista Commissionato da TBA21–Academy e coprodotto da Pirelli HangarBicocca

Dineo Seshee Bopape Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting), 2018 (particolare) Terra, argilla, pigmenti, carbone, cenere, salvia, oro, suono Dimensioni varibili Courtesy l’artista e Sfeir-Semler Gallery, Beirut/Amburgo

Dineo Seshee Bopape “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape Mabu,mubu,mmu, sa_ _ke lerole, (sa lerole ke_ _), 2022 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape “Born in the first light of the morning [moswara’marapo]”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting), 2017 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista, Sfeir-Semler Gallery, Beirut/Amburgo e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting), 2017 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Courtesy l’artista, Sfeir-Semler Gallery, Beirut/Amburgo e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape Mothabeng, 2022 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Commissionato e prodotto da Pirelli HangarBicocca Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape Mothabeng, 2022 (particolare) Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Commissionato e prodotto da Pirelli HangarBicocca Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape lerato laka le a phela le a phela le a phela / My love is alive, is alive, isalive, 2022 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Commissionato da TBA21–Academy e co-prodotto da Pirelli HangarBicocca Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Dineo Seshee Bopape lerato laka le a phela le a phela le a phela / My love is alive, is alive, is alive, 2022 (still) Installazione video a tre canali, suono, colore 17’ Courtesy l’artista Commissionato da TBA21–Academy e coprodotto da Pirelli HangarBicocca

Dineo Seshee Bopape lerato laka le a phela le a phela le a phela / My love is alive, is alive, is alive, 2022 (still) Installazione video a tre canali, suono, colore 17’ Courtesy l’artista Commissionato da TBA21–Academy e coprodotto da Pirelli HangarBicocca

Dineo Seshee Bopape lerato laka le a phela le a phela le a phela / My love is alive, is alive, is alive, 2022 (still) Installazione video a tre canali, suono, colore 17’ Courtesy l’artista Commissionato da TBA21–Academy e coprodotto da Pirelli HangarBicocca

Dineo Seshee Bopape Ritratto Foto Dineo Seshee Bopape

Biennale di Venezia 2022| The Sámi Pavilion, pittura brutale, danze rituali e sculture sospese, il padiglione dei Paesi Nordici parla per la prima volta il sami

Pavilion of NORDIC COUNTRIES, The Sami Pavilion, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, The Milk of Dreams. Photo by: Marco Cappelletti Courtesy: La Biennale di Venezia

Quest’anno, per la prima volta, i Paesi Nordici (Norvegia, Finlandia e Svezia) hanno ceduto il loro padiglione della Biennale di Venezia al popolo Sami. L’installazione affidata ai tre artisti indigeni Pauliina Feodoroff, Máret Ánne Sara, Anders Sunna si intitola semplicemente The Sámi Pavilion e racconta, sostanzialmente, della difficoltà di mantenere fede a se stessi in un mondo che parla una lingua diversa dalla tua e che, spesso, preferisce far finta di non sentirti. Ma propone anche una prospettiva pacificatoria. Oltre a evocare atmosfere lontane.

I Sami, chiamati erroneamente lapponi, sono l’unica popolazione indigena europea. Occupano una porzione di territorio freddo e vasto che chiamano Sapmi e comprende porzioni di quattro nazioni (Norvegia, Finlandia, Svezia e Russia). Ci sono notizie del loro insediamento fin dal 551 anche se le loro lingue (ne esistono diverse) sono sempre state tramandate oralmente. All’origine erano nomadi. Si dedicavano alla pesca, alla caccia e ad allevare renne. Quest’ultima attività non è venuta meno neppure oggi dopo che hanno smesso di spostarsi. E’ talmente diffusa che tutti e tre gli artisti chiamati a rappresentare i Paesi Nordici hanno familiari che praticano questo mestiere.

Ma allevare renne può non essere per niente facile. I problemi dei Sami sono cominciati con quello che viene definito colonialismo nordico: le loro terre sono state sfruttate mentre i missionari cercavano di convertirli dallo sciamanesimo e dall’animismo che erano le loro tradizionali religioni. La pastorizia nel frattempo è diventata motivo di dissapori. E di cause giudiziarie. Alla base di queste incomprensioni la differenza culturale e la tendenza occidentale a interpretare le dispute con i propri canoni.

The Sámi Pavilion propone “dei modi di guarire, sanare e far rinascere la mentalità Sami oggi” a partire da un modello di curatela molto particolare. Ad occuparsene infatti, è stato un gruppo composto da una studiosa sami (Liisa-Rávná Finbog), dalla direttrice dell'OCA (Office for Contemporary Art Norway) Katya García-Antón e dalla guardiana della terra sami Beaska Niillas. Ma non solo. Seguendo l'usanza Sami di imparare dagli anziani della comunità, gli artisti selezionati hanno anche beneficiato della guida individuale di alcuni di loro.

Nonostante ciò i progetti esposti sono venati d’amarezza, a tratti le opere si fanno persino brutali. Pauliina Feodoroff, Máret Ánne Sara, Anders Sunna, in ogni caso, risolvono il padiglione con equilibrio. Senza che nessuna voce risulti disarmonica. Usando una certa varietà di mezzi espressivi e lasciando respirare i lavori, cullati dalla luce naturale che entra dalle grandi vetrate del padiglione modernista.

Con la performance in tre atti Matriarchy, registrata su video digitali, la regista teatrale Feodoroff parla di deforestazione per sollecitare un cambio di passo. “Il mio lavoro-ha detto- propone modi per proteggere le ultime vecchie foreste rimaste in crescita e lasciare che le aree disboscate abbiano il tempo di guarire. Il nostro messaggio è, per favore, non comprare la nostra terra, compra invece la nostra arte.

Illegal Spirits of Sápmi, dell’unico uomo del gruppo, mette invece insieme tecnica mista, suono e documenti d'archivio, per creare un polittico dolente in cui esperienza personale e di comunità procedono in parallelo. La famiglia di Sunna, infatti, ha una storia di resistenza nei confronti di una legge dello Stato svedese che ha profondamente colpito i pastori. Nel tempo questa disputa si è inasprita “Quando lo stato- spiega il sito del progetto- ha rimosso i segni delle renne Sunna, ereditati da generazioni, trasformandoli in fuorilegge nella loro stessa terra.” Producendo al contempo cumuli di documenti giudiziari e aprendo una ferita insanabile nei protagonisti. L’artista racconta la rabbia e l’impotenza con dei quadri in cui predominano i colori primari e la complessa narrazione scorre con regole proprie, quasi oniriche. L’ultimo l’ha addirittura bruciato.

I toni forti del lavoro di Sunna evaporano nella leggerezza poetica delle sculture di Máret Ánne Sara. Le opere, composte da parti di renne morte di morte naturale (stomaci, tendini, tessuti), piante della tundra essiccate e odori, fluttuano nello spazio come disincarnate. E alludono alla sofferenza ma anche alla memoria, alla cura e ai saperi tradizionali. Oltre ad una spiritualità che non può prescindere dal profondo legame con la natura.

The Sámi Pavilion con le opere di Pauliina Feodoroff, Máret Ánne Sara, Anders Sunna, rimarrà ai Giardini della Biennale di Venezia per tutta la durata della 59. Esposizione Internazionale d’Arte (fino al 27 novembre 2022).

Pavilion of NORDIC COUNTRIES, The Sami Pavilion, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, The Milk of Dreams. Photo by: Marco Cappelletti Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of NORDIC COUNTRIES, The Sami Pavilion, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, The Milk of Dreams. Photo by: Marco Cappelletti Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of NORDIC COUNTRIES, The Sami Pavilion, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, The Milk of Dreams. Photo by: Marco Cappelletti Courtesy: La Biennale di Venezia

Pavilion of NORDIC COUNTRIES, The Sami Pavilion, 59th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, The Milk of Dreams. Photo by: Marco Cappelletti Courtesy: La Biennale di Venezia

L'enorme installazione di Kaarina Kaikkonen fatta con più di mille camicie legate insieme a Milano

Tied together, Kaarina Kaikkonen, Rotonda di via Besana. Photo Lorenzo Palmieri

Da oggi sarà possibile visitare l’enorme installazione di Kaarina Kaikkonen, al Colonnato della Rotonda di via Besana di Milano. L’opera si intitola Tied Together ed è stata realizzata in occasione della personale dell’artista finlandese alla galleria M77. Per crearla Kaikkonen ha legato l’una all’altra oltre mille camicie usate.

Nata nel ‘52, Kaarina Kaikkonen, è conosciuta soprattutto per le sculture e installazioni fatte con gli indumenti usati. Che utilizza per evocare vari concetti in un colpo solo e per la loro duttilità. Nelle mani dell’artista, infatti, i capi di vestiario assemblati tra loro e manipolati cambiano forma. A volte Kaikkonen li dispiega in modo massivo, come un esercito disincarnato, senza rinnunciare però alla loro leggerezza. Altre li irrigidisce e unisce fino a fargli assumere forme inspettate, che, caso per caso, possono ricorare, serpenti, oggetti stilizzati, strane creature e persino ossa.

Gli interventi possono essere giocosi, ironici, appena velati di nostalgia o profondamente malinconici.

Tied Together, ideato per il cortile del complesso tardobarocco, spinge a guardare verso le arcate, facendo contemporaneamente riferimento al passato dello spazio in cui è collocato. Così le camicie fluttuano di fronte allo spettatore come una parata di fantasmi. La Rotonda della Besana, infatti, è un ex cimitero che conteneva quasi 150 mila corpi, e fino al 1700, era il luogo di sepoltura delle salme provenienti dall’ospedale Maggiore. Come ancora oggi ricorda il porticato con le sue decorazioni a forma di piccoli teschi.

Francesca Alfano Miglietti, curatrice della mostra e dell'intervento di arte pubblica di Kaikkonen, che aveva già affrontato il tema degli abiti come involucro, memoria del corpo, nella mostra di Palazzo Reale, Corpus Domini Dal Corpo Glorioso alle Rovine dell’Anima, ha scritto: “Che legame c’è tra abiti, corpo e memoria? Le opere di Kaarina Kaikkonen sono poetiche riflessioni sull'umanità in questo tempo, in ogni atto immaginativo e creativo vive la stessa relazione che esiste tra l’ombra e il corpo che la proietta. Kaarina Kaikkonen sa bene che ricreare esperienze è ricordare, e mostra così l’altra faccia di una presenza, i vestiti contengono la presenza di chi li ha indossati, e la sua opera pone lo spettatore di fronte a qualcosa di nuovo e sconosciuto, ma allo stesso tempo di estremamente familiare e intimo

Recuperare il numero di camicie necessario a completare il progetto non è stato facile. Per farlo Kaikkonen ha collaborato con l’organizzazione umanitaria di cooperazione internazionale Humana People to People Italia. Quest’ultima le ha selezionate tra quelle depositate nei contenitori stradali (gestisce il servizio di raccolta di abiti usati in 42 province italiane). Al termine dell’evento le camicie verranno vendute contribuendo a finanziare dei progetti solidali.

Tied Together di Kaarina Kaikkonen rimarrà allestita alla Rotonda di via Besana fino al 6 novembre 2022. Si tratta di un progetto d’arte pubblica, accessibile a tutti gratuitamente. La mostra personale dedicata alla stessa artista finlandese dalla galleria privata milanese M77, invece, aprirà domani e chiuderà il 22 dicembre 2022.

Tied together, Kaarina Kaikkonen, Rotonda di via Besana. Photo Lorenzo Palmieri

Tied together, Kaarina Kaikkonen, Rotonda di via Besana. Photo Lorenzo Palmieri

Tied together, Kaarina Kaikkonen, Rotonda di via Besana. Photo Lorenzo Palmieri

Tied together, Kaarina Kaikkonen, Rotonda di via Besana. Photo Lorenzo Palmieri

Tied together, Kaarina Kaikkonen, Rotonda di via Besana. Photo Lorenzo Palmieri

Kaarina Kaikkonen, Vain tuulen henkäys / Only a Breath of Wind, 2010 Camicie da uomo 40 x 340 x 120 cm Photo: Lorenzo Palmieri Courtesy M77

Kaarina Kaikkonen, Forget Me Not / Don’t leave me Camicie da bambino Dimensioni variabili Photo: Lorenzo Palmieri Courtesy M77