Le sculture in legno di Willy Verginer sempre più oniriche e sospese

Detail of “Chimica del pensiero” (2019), lindenwood, acrylic color, 168 x 46 x 45 centimetri

Detail of “Chimica del pensiero” (2019), lindenwood, acrylic color, 168 x 46 x 45 centimetri

La scultura lignea iperrealista di Willy Verginer (ne ho parlato qui) è unica nel suo genere. Sia perché l’uso del legno non è molto diffuso nell’arte contemporanea (soprattutto come oggetto di scultura figurativa), sia perché si riappropria di una tradizione strettamente locale, nel tempo diventata pratica artiginale condivisa, e la rivisita in modo nuovo ma personale.

Verginer, che vive e lavora a Ortisei, mette insieme elementi di design, del folklore tirolese, della Storia dell’Arte, persino della fotografia e della moda, per riconciliare l’ieri con l’oggi. Spingere il fantasma dell’artigianato furori dal santuario dell’arte. E lo fa con maestria, mettendo insieme un iperrealismo maniacale con punti di intaglio lasciati liberi, per vezzo o conferire movimento a personaggi preferibilmente ritratti in pose statiche. D’altra parte le opere di Verginer sono metafore, i suoi soggetti si parano davanti a noi (il più delle volte non considerandoci nemmeno), per spingerci a leggere i messaggi che ci portano. Onirici e sospesi, parlano sopratutto di ecologia ma (meno di frequente) anche di altri temi d’attualità.

Nella serie di opere più recente, “Rayuela” (il termine spagnolo che indica il gioco della Campana), ispirata all’omonimo romanzo dalle moltepici letture (in italiano intitolato “Il gioco del mondo”) dell’argentino Julio Cortázar, Verginer , oltre a legare a filo stretto la letteratura alle sue sculture, le inserisce in un racconto aperto e in una riflessione filosofica sul divenire. Regala, insomma, loro quello che più sembrava mancargli di più: una storia con una dimmensione temporale più estesa.

"(Nel gioco della campana), i ragazzi delineano una mappa ideale sul terreno- ha detto Verginer al sito This is Colossal- che parte dalla terra e raggiunge il cielo, attraverso tappe intermedie contrassegnate da quadrati numerati, su cui saltano a seconda del punto in cui viene lanciato un sasso. Riesco a vedere una metafora della vita in questo gioco; la nostra esistenza è piena di questi salti e ostacoli. Ognuno di noi mira a raggiungere una sorta di cielo".

Willy Verginer sarà in mostra a giugno alla galleria Royer di Toronto e a settembre alla Zemack Contemporary Art Gallery di Tel Aviv. Nel frattempo, le opere della serie Rayuela e di altri cicli si possono ammirarare sul suo account instagram.

“Chimica del pensiero” (2019), lindenwood, acrylic color, 168 x 46 x 45 centimetri

“Chimica del pensiero” (2019), lindenwood, acrylic color, 168 x 46 x 45 centimetri

“Palvaz” (2019), legno di tiglio, colore acrilico, 95 x 70 x 47 centimetri

“Palvaz” (2019), legno di tiglio, colore acrilico, 95 x 70 x 47 centimetri

“I pensieri non fanno rumore” (2019), different types of wood, acrylic color, 150 x 100 x 107 centimetri

“I pensieri non fanno rumore” (2019), different types of wood, acrylic color, 150 x 100 x 107 centimetri

“Rayuela” (2020), tiglio, acrylic color, 123 x 110 x 90 centimetri

“Rayuela” (2020), tiglio, acrylic color, 123 x 110 x 90 centimetri

Le sculture in legno di Willy Verginer stravolte da vivaci strisce di colori-design

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L'artista Willy Verginer a dispetto del nome che potrebbe trarre in inganno è italiano. Vive e lavora ad Ortisei in Val Gardena. Ed è proprio nell’artigianato locale che affondano le radici le sue sculture.

L’artista realizza opere in bilico tra il ritratto e la metafora, intagliando solidi ceppi di legno di tiglio. Di sicuro è abile nel modellare le forme delle figure che intende rappresentare ma quello che lo affranca con decisione dalla tradizione scultorea delle montagne in cui vive, sono delle fasce monocrome che tagliano le sue statue e le reinterpretano. Colori accesie brillanti, persino modaioli, che a volte si sommano a dei motivi decorativi pronti ad irrompere imprevedibili nelle composizioni.

Il modo in cui dipinge le sue statue è uno degli elementi che lo distingue dai figli Matthias e Christian. Entrambi scultori a loro volta.

I soggetti di Willy Verginer non sono mai atemporali ma riflettono i problemi del nostro tempo. In particolare l’artista si sofferma spesso sull’inquinamento e la necessità di salvaguardare l’ambiente e le sue biodiversità.

Adesso è appunto impegnato nella mostra collettiva che tocca questi temi “After industry”, al Wasserman Project della lontana Detroit (fino al 8 aprile 2017). Va ricordato che nel 2011 fu inserito nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia.
Per vedere altre colorate sculture ecologiste di Willy Verginer si può anche seguire il suo account Instagram. (via Fubiz)

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