L’astrattismo drammaticamente contemporaneo di Julie Mehretu. A Palazzo Grassi ancora fino all’Epifania

Julie Mehretu, Among the Multitude XIII, 2021-2022, Private Collection Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Julie Mehretu è una pittrice astratta. Un’espressionista astratta. Si tratta di un’astrazione politicamente consapevole anche se emotivamente carica, densa di riferimenti ad artisti suoi contemporanei ed alla Storia dell’arte (che, tuttavia, si disintegrano nelle trame stratificate e complesse delle sue opere), ma sempre astrazione resta. Un linguaggio, quello disancorato dalla rappresentazione del reale, che, quando la signora Mehretu era agli esordi della sua carriera (tra gli anni’90 e i primi 2000), veniva considerato morto e sepolto, oltre ad essere liquidato con male parole (decorativo e noioso sono i termini più gentili usati dagli intellettuali dell’epoca). “E poi arriva un artista- ha scritto Jonathan Jones recensendo la signora Mehretu- che capovolge ogni cliché critico e dimostra che gli esperti non sanno nulla di dove sta andando l'arte”. Parole quelle del giornalista britannico testimoniate dai premi (tra i vari riconoscimenti nel 2015 ha ricevuto la medaglia delle arti del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti), dalle mostre e dalle quotazioni da lei raggiunte in asta (lo scorso anno ha venduto un dipinto per oltre 10 milioni e mezzo di dollari: un record per tutti gli artisti nati in Africa).

Dalla primavera scorsa Julie Mehretu è protagonista della retrospettiva “Ensemble” a Palazzo Grassi di Venezia. Si tratta della più grande mostra mai dedicata all’artista in Europa ed è composta da una selezione di oltre cinquanta dipinti e stampe realizzate da Julie Mehretu negli ultimi venticinque anni insieme a opere più recenti, prodotte tra il 2021 e il 2023. Curata da Caroline Bourgeois (conservatrice capo della collezione dell’imprenditore francese François Pinault, cui fanno capo sia il prestigioso museo che si affaccia sul Canal Grande che quello di Punta della Dogana), l’esposizione si estende sui due piani dell’edificio settecentesco e riunisce 17 opere della Pinault Collection oltre a prestiti provenienti dalla collezione dell'artista, da musei internazionali e da collezioni private.

Julie Mehretu, TRANSpaintings (hand), 2023, Courtesy of the artist and White Cube. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Ensemble” si chiama così, perché la signora Mehretu ha voluto che alla mostra partecipassero anche un gruppo di artisti con cui per un motivo o per l’altro ha condiviso molto (conversazioni, lavoro, vita in generale) da molto tempo. Così, i suoi dipinti, che costituiscono il filo conduttore della retrospettiva, si intrecciano di volta in volta con sculture, musica, film e altro. Gli autori sono, chi più chi meno, famosi, ed hanno quasi tutti in comune il fatto di essere nati al di fuori del paese in cui abitano. “Ma ero più interessata- ha detto l’artista- a qualcosa che è sempre stato il problema con gli artisti: non si può mai veramente assistere a una mostra di Duchamp senza vedere una fotografia di Man Ray, perché il loro lavoro è stato realizzato dialogando l’un con l’altro”.

Si va dall’ottantenne afroamericano David Hammons, alla cara amica di Mehretu, Tacita Dean, al suo ex collaboratore nella residenza per artisti Denniston Hill (nei Monti Catskill di New York), Jason Moran (pianista e compositore), alla sua ex compagna, l’astrattista australiana Jessica Rankin (con cui Mehretu ha due figli).

La maggior parte di noi in questo Ensemble- ha detto- appartiene alla generazione cresciuta durante il primo momento postcoloniale, e abbiamo affrontato le molte violenze che ne sono derivate: Nairy [Baghramian] viene dall’Iran, io dall’Etiopia, Huma [Bhabha] dal Pakistan. Sono luoghi in cui la rivoluzione e le promesse sono state completamente sfruttate e trasformate in dittature militari o religiose repressive”.

(Foreground - Left to right) Nairy Baghramian, S’accrochant (crépuscule), 2022; Se levant (mauve), 2022; S’accrochant (ventre de biche), 2022, Courtesy of the artist and kurimanzutto, Mexico City, New York; (Background- Left to right) Julie Mehretu, They departed for their own country another day, 2023, Courtesy YAGEO Foundation Collection, Taiwan; Nairy Baghramian, S’asseyant, 2022, Courtesy of the artist and kurimanzutto, Mexico City, New York; Julie Mehretu, Ghosthymn (after the Raft), 2019-2021, Private Collection. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

François Pinault, che è presidente di Palazzo Grassi (oltre ad essere, tra l’altro, proprietario della casa d’aste Christie’s) ha commentato, durante la presentazione della retrospettiva: “Ciò che mi affascina nella sua opera, da quando l’ho scoperta nei primi anni duemila, è la sensibilità con cui l’artista riesce a ritrascrivere il caos di un mondo in costante rivolgimento, grazie all’incrociarsi di influenze architettoniche, politiche, sociali e culturali. In un certo senso il suo lavoro riflette la sua storia personale (…)

Nata ad Adis Abeba (Etiopia) nel 1970 da un’insegnante montessori ebreo americana e da un professore universitario di geografia etiope, Julie Mehretu si è trasferita nel Michigan (Stati Uniti) con la famiglia quando aveva solo sette anni. Si è laureata in arte al Kalamazoo College di Kalamazoo (nel Michigan); durante quel periodo ha anche trascorso un anno di studi all’università di Dakar in Senegal (la Cheikh Anta Diop University). Ha poi conseguito un master in belle arti (alla Rhode Island School of Design di Providence) in Rhode Island (è un piccolo stato nella regione del New England) e frequentato una residenza per artisti al museo di Houston (Texas).

Julie Mehretu, Invisible Line (collective), 2010-2011, Pinault Collection. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

All’inizio della sua carriera la signora Mehretu sovrapponeva mappe, carte metereologiche, disegni tecnici di edifici e quant’altro, intervenendo poi sui tracciati, resi a tratti irriconoscibili, con segni e forme piatte. Le opere erano già grandi, solitamente sviluppate a patire dal centro della composizione attraverso un asse e permettevano di distinguere elementi figurali solo avvicinandosi. Era un lavoro semplice se vogliamo ma innovativo al tempo stesso, e conteneva in sé i germi di tutto quello che sarebbe venuto dopo.

Con il tempo ha sovrapposto disegni di luoghi distanti che la globalizzazione legava in modi inaspettati, come New York, il Cairo, Pechino o Adis Abeba, con nugoli di linee a mano libera in inchiostro sumi nero; fondendo la sua tecnica fatta di strati di vernice trasparente raschiati, immagini e calligrafia orientale. A questo punto l’ordine era rotto, il centro perduto: “(…) gli innumerevoli segni acquosi- ha scritto il critico Jason Farago in una recensione- si coagularono in sciami, che sembrano soffiare da un angolo all'altro del dipinto. I segni erano corpi in piazza Tahrir, o mercati finanziari sequestrati. Erano uccisioni di corvi; erano nuvole di gas lacrimogeni”.

Da una decina d’anni a questa parte le composizioni di Julie Mehretu si sono fatte ancora più mature, trovando una sintesi magistralmente sicura tra studiato e viscerale, sintesi e complessità. In genere parte da una fotografia o dal frame di un video di cronaca reso talmente sfumato da diventare irriconoscibile; ormai del tutto astratto eppure in potenza già disturbante. Una volta ha detto: “Lavoro con immagini che mi perseguitano, mi tormentano nel profondo”.

Julie Mehretu, Desire was our breastplate, 2022-2023, Pinault Collection. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

D’altra parte la signora Mehretu non si limita mai ad una sola immagine. Lei sovrappone: vernici, colori, elementi gestuali, tessiture ricercate ecc. Idee. Con in testa il doppio binario degli esordi (l’opera vista da vicino o da lontano dev’essere diversa). Della sua tecnica la professoressa all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi, Patricia Falguières, ha scritto nel catalogo di “Ensemble”: “Per quanto riguarda i dipinti, ogni strato di segni è rivestito da una miscela di acrilico e silicato che, asciugandosi, si solidifica come una superficie liscia e trasparente pronta per un nuovo strato di segni (. Così, una topografia dopo l’altra, un carattere dopo l’altro viene sepolto, sprofondato nella stratigrafia come i fossili nella sedimentazione geologica. Mehretu ha reinventato nella sua pratica il complicato gioco di quelli che un tempo erano detti ‘fondi’ della pittura (…)”.

La mostra “Ensemble” di Julie Mehretu (con Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Tacita Dean, David Hammons, Robin Coste Lewis, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin) a Palazzo Grassi di Venezia, si avvia alla chiusura prevista per il 6 gennaio 2025. Ma si potrà visitare durante tutte le feste.

Julie Mehretu, Among the Multitude XIII, 2021-2022, Private Collection. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Julie Mehretu, (from left to right), Sun Ship (J.C.), 2018, Pinault Collection, Loop (B. Lozano, Bolsonaro eve), 2019-2020, Pinault Collection. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Julie Mehretu, Your hands are like two shovels, digging in me (sphinx), 2021-2022, Courtesy of the artist and White Cube. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Julie Mehretu, Maahes (Mihos) torch, 2018-2019, Pinault Collection Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

(Left to right) Nairy Baghramian, S’allongeant, 2022; S’accrochant (ventre de biche), 2022, Courtesy of the artist and kurimanzutto, Mexico City, New York. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Julie Mehretu in un ritratto scattatole per NYT da Josefina Santos

La video-installazione di Arthur Jafa "Love is the Message, The Messsage is Deth" da stasera sarà in streaming per 48 ore

Installation view of Arthur Jafa's Love Is the Message, The Message Is Death, 2016, in the Hirshhorn's 2017 exhibition "The Message: New Media Works." CATHY CARVER/COURTESY ARTHUR JAFA AND GAVI N BROWN’S ENTERPRISE, NEW YORK/ ROME

Installation view of Arthur Jafa's Love Is the Message, The Message Is Death, 2016, in the Hirshhorn's 2017 exhibition "The Message: New Media Works." CATHY CARVER/COURTESY ARTHUR JAFA AND GAVI N BROWN’S ENTERPRISE, NEW YORK/ ROME

Il video ritmico e toccante dell’artista e cineasta afroamericano Arthur Jafa, “Love is the Message, The Message is Deth”, da stasera (26 giungno 2020 ore 20 qui) si potrà vedere in streaming per 48 ore. E’ la prima volta che succede, anche se l’opera è da tempo conservata in molti imporanti musei. Da domani inoltre sarà proiettata a Palazzo Grassi Punta della Dogana di Venezia.

Arthur Jafa, leone d’oro come miglior artista partecipante alla Biennale d’Arte di Venezia 2019 “May you Live in Interesting Times”, è conosciuto anche per essere direttore della fotografia nei film di Spike Lee e regista di molti video musicali. In una dichiarazione pubblicata sul sito della Tate ha detto: “Voglio fare cinema nero con il potere, la bellezza e l'alienazione della musica nera. Questo è il mio grande obiettivo "

“Love is the Message, The Message is Deth” del 2016, è un viaggio nella coscienza collettiva afroamericana, e di conseduenza nelle ragioni dei disordini di queste settimane, attraverso un collage di immagini provenienti da varie fonti (video youtube, riprese dell’artista stesso ecc.). L’opera segue il ritmo hip-hop del brano ispirato al Vangelo di Kanye West , “Ultralight Beam” e lo fa con un montaggio che è come una danza; mixando oggi e ieri, collettivo e personale, colore e bianco e nero.

L’opera, oltre ad essere visibile in streming sul sito di Palazzo Grassi Punta della Dogana di Venezia si potrà vedere anche nello spazio web di Dallas Museum of Art, Dallas, Texas ; Glenstone Museum, Potomac, Md. High Museum of Art, Atlanta, Ga.; Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington, DC; Museum of Contemporary Art, Los Angeles; Studio Museum in Harlem, New York, NY; Julia Collezione Stoschek, Berlino, Germania; Luma Arles, Arles, Francia; Luma Westbau, Zurigo, Svizzera ;Collezione Pinault, Parigi, Francia; Smithsonian American Art Museum, Washington, DC; Stedelijk Museum, Amsterdam, Paesi Bassi Tate, Londra. Tutti i musei coinvolti proietteranno anche la video installazione nei loro spazi fisici.

“Love is the Message, The Message is Deth” di Arthur Jafa dura 7 minuti. In basso ne allego un brano di bassa qualità trovata su Youtube, ma il sito di Palazzo Grassi Punta della Dogana ne avrà in streaming la versione completa e ad altadefinizione. Da vedere qui da stasera alle 20 fino a domenica alle 20.

Inoltre, alle ore 20 di sabato 27 giugno e di domenica 28 giugno, sarà possibile seguire online qui due tavole rotonde convocate dall'artista.

Dentro le stanze di “Treasures from the wreck of the unbelivable” la super-mostra di Damien Hirst a Palazzo Grassi. Tutte le foto

demon with bowl (exhibition enlargement)photo by prudence cuming associates | all images © damien hirst and science ltd. all rights reserved, DACS/SIAE 2017

demon with bowl (exhibition enlargement)
photo by prudence cuming associates | all images © damien hirst and science ltd. all rights reserved, DACS/SIAE 2017

A Palazzo Grassi va in scena il discusso e multi-milionario artista inglese Damien Hirst. Che abbandonate le provocazioni della gioventù mette in scena una fiaba, fatta di miti, scultura, corallo. E false opere d’arte dell’antichità.

La mostra, sviluppata da Hirst in 5mila metri quadri tra Palazzo Grassi e Punta della Dogana, si intitola “Treasures from the wreck of the unbelivable” (“Tesori dal relitto dell’incredibile”) ed à composta da fotografia e qualche accenno video ma soprattutto da tanta scultura. La precarietà dell’installazione è quasi del tutto assente. Ci sono, invece, numerosi riferimenti alla produzione del passato di Damien Hirst, dall’uso di materiali preziosi, al sapore ossessivo degli armadietti dei medicinali (che qui si trasformano in vasi).

hydra and kali discovered by four diversphoto by christoph gerigk

hydra and kali discovered by four divers
photo by christoph gerigk

Per questa mostra Damien Hirst si immagina il viaggio epico di uno schiavo liberato Aulus Calidius Amotan (figura leggendaria nota per la sua vasta fortuna), in mare, verso il tempio del Dio Sole. La nave affonda, ma i suoi tesori sopravvivono ai secoli e vengono ripescati ai giorni nostri.
“Treasures from the wreck of the unbelivable” è l’esposizione filologica e in grande stile dei tesori ritrovati. Con tanto di video che documenta la missione subacquea e di fotografie della spedizione. Ovviamente oggetti e materiale documentario sono opera di Hirst.

aspect of katie ishtar ¥o-landiphoto by prudence cuming associates

aspect of katie ishtar ¥o-landi
photo by prudence cuming associates

Forse il titolo come prosa potrà lascia un po’ a desiderare ma la mostra si regge su un progetto che ammicca al grande pubblico e ha richiesto ben 10 anni per essere realizzato. Come ogni kolossal che si rispetti.

Se volete visitare “Treasures from the wreck of the unbelivable” avete tempo fino al 3 dicembre. Per seguire le opere di Damien Hirst potete, invece, scegliere tra il suo sito e i suoi account Facebook e Instagram.

skull of a cyclopsphoto by prudence cuming associates

skull of a cyclops
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sphinxphoto by prudence cuming associates

sphinx
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(da sinistra a destra) hydra and kali (due versioni), hydra and kali beneath the waves (photography christoph gerigk)photo by prudence cuming associates

(da sinistra a destra) hydra and kali (due versioni), hydra and kali beneath the waves (photography christoph gerigk)
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the severed head of medusaphoto by prudence cuming associates

the severed head of medusa
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a collection of vessels from the wreck of the unbelievablephoto by prudence cuming associates

a collection of vessels from the wreck of the unbelievable
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proteus
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remnants of apollophoto by prudence cuming associates

remnants of apollo
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skull of a cyclops, skull of a cyclops examined by a diver (photography christoph gerigk)photo by prudence cuming associates

skull of a cyclops, skull of a cyclops examined by a diver (photography christoph gerigk)
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the sadnessphoto by prudence cuming associates

the sadness
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pair of masks (sinistra), sphinx (destra)photo by prudence cuming associates

pair of masks (sinistra), sphinx (destra)
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