Aziz Hazara è un giovane artista afgano e “Bow Echo” (”Eco ad Arco”, cioè una tempesta con forti venti che a volte si può osservare anche in Italia) è la sua opera più famosa. Si tratta di una poetica video installazione, che ritrae dei bimbi mentre cercano di arrampicarsi su una roccia per suonare una trombetta. Ma le cose non sono mai semplici come sembrano.
“Bow Echo”, che aveva già raccolto diversi riconoscimenti, si è recentemente aggiudicato anche il premio internazionale Future Generation Art Prize 2021, rivolto ad artisti under 35, del PinchukArtCentre (fondato dall’uomo d’affari miliardario e oligarca ucraino Victor Pinchuk). Tra i giudici c’era anche Ralph Rugoff (direttore della scorsa edizione della Biennale di Venezia).
Il premio significa prima di tutto 100mila dollari (60mila andranno direttamente ad Hazara, gli altri 40mila serviranno per finanziare la sua pratica artistica) ma anche una partecipazione alla mostra collettiva "Future Generation Art Prize 2019 @ Venice". Senza contare che il solo aggiudicarsi il podio dev’essere una bella soddisfazione, visto che i 21 finalisti sono stati selezionati tra oltre 11.700 persone, provenienti da quasi 200 Paesi.
Nato in Afghanistan vicino a Kabul (nella provincia di Wardak) nel 1992, Aziz Hazara, lavora attraverso vari medium (fotografia, video, suono, linguaggi di programmazione, testo e installazioni multimediali). Adesso vive tra Kabul e Gand (Belgio).
“Bow Echo”, infatti, è stato girato nei pressi di Kabul. La video installazione ritrae cinque bambini ( ognuno appare su uno schermo diverso) che cercano di salire su una roccia per suonare una colorata trombetta. Ma le raffiche di vento, che sferzano il paesaggio arido, rendono il gioco difficilissimo. Quasi impossibile. In sottofondo il suono, abituale in quell’area, di elicotteri e droni militari.
"Un'installazione multicanale eccezionale e sofisticata- ha commentato la giuria- Bow Echo si erge come un monumento effimero e avvincente nel nostro momento presente(...) Il pezzo racchiude molti paradossi in una scena semplice: la giocosità dell'infanzia, l'illimitatezza del dolore, la conquista della terra e del territorio e la precarietà del futuro."
Aziz Hazara, ha detto invece: “Il lavoro è stato ispirato dalla mia esperienza degli orrori ricorrenti degli attentati suicidi che hanno sconvolto la città di Kabul. Sono una sorta di 'gioco dell'orrore' e, dal 2001, si sono svolti in diverse parti della città, diventando parte integrante della sua storia recente. La domanda su come rappresentare al meglio questa storia e il suo effetto sulla vita degli individui è stata una delle domande più persistenti durante la realizzazione di questo lavoro. Molto spesso, l'idea della rappresentazione diventa un dilemma”.