Le fotografie di Noritaka Minami congelano l'intimità degli alloggi della Nakagin Capsule Tower prima della demolizione

“B1004” (2011). All images © Noritaka Minami

La demolizione dell’iconica Nakagin Capsule Tower, cominciata il 12 aprile scorso, procede molto lentamente ma dovrebbe essere ultimata per la fine dell’anno. E nonostante i problemi strutturali l’avessero resa inevitabile, di sicuro la mancanza del palazzo lascerà un vuoto. Che forse si colmerà in un prossimo futuro (nel Metaverso o nella realtà) visto che i diritti per la ricostruzione della torre dell’architetto Kishō Kurokawa sono attualmente in vendita sotto forma di NFT.

Difficilmente però la Nakagin Capsule Tower rinascerà nel quartiere di Shimbashi e sarà identica in tutto e per tutto alla prima versione.

Per questo molti hanno fotografato l’edificio finchè è stato possibile. Ma dall’esterno (era infatti severamente vietato a turisti e curiosi immortalarne l’interno). L’artista statunitense Noritaka Minami invece si è attardata in un gran numero di casette. Cercando di cogliere e mettere in evidenza le similitudini del design di ognuna e le differenti personalità degli abitandi attraverso la disposizione dei loro oggetti. Congelando l’intimità dei blocchi nelle sue fotografie e contemporaneamente raccogliendo una testimonianza preziosa.

La Nakagin Capsule Tower, progettata dall’architetto giapponese Kishō Kurokawa (che fu tra i fondatori del movimento metabolista), venne completata, dopo appena due anni, nel 1972. Composta da due torri collegate tra loro di 11 e 13 piani. Al centro di ognuna c’erano scale e ascensori, mentre ai lati sbucavano i 140 moduli prefabbricati. Questi ultimi non erano però collegati tra loro ma solo alla struttura portante centrale. Una caratteristica che creava problemi importanti all’edificio. D’altra parte i moduli erano stati concepiti per essere sostituiti ogni 25 anni. Ai tempi della progettazione venne persino inventato un macchinario per estrarre quelli vecchi e inserire quelli nuovi ma non fu mai usato. Semplicemente, all’atto pratico, non si poteva fare.

Al di là delle infiltrazioni e dell’usura, la Nakagin Capsule Tower non era antisismica. "Per noi- scrivono gli architetti Filipe Magalhães, Ana Luisa Soares che hanno abitato nell'edificio- vedere le cellule sbattere l’una contro l’altra è stata un’esperienza spaventosa. Ci siamo precipitati verso le scale in cemento, che sembravano un luogo più sicuro, e mentre correvamo giù abbiamo incontrato alcuni vicini che si comportavano come se niente fosse." L’interno dei moduli abitativi era caldissimo d’estate e freddissimo d’inverno. Gli inquilini avrebbero dovuto usare l’impianto di climatizzazione centralizzato per modulare la temperatura ma i tubi erano guasti in più punti e zeppi d’amianto.

Per questo alla fine si è deciso di abbattere l’edificio. Il panorama urbano giapponese è in continuo mutamento per via del concetto d’impermanenza, che permea l’architettura nipponica. Tuttavia la decisione di demolire la Nakagin Capsule Tower è arrivata dopo un lungo dibattito, che ha visto anche molte voci contrarie.

L’edificio, infatti, era un raro esempio di architettura del movimento metabolista.

All’interno i moduli, di circa 2 metri per quattro, erano essenziali. Gli elettrodomestici già presenti all’epoca della progettazione erano incassati nelle pareti, così come l’armadio. Poi c’era qualche ripiano, un bagno (che è stato descritto come “una capsula dentro la capsula”) e una finestra circolare (che si poteva schermare con una tenda circolare su misura).

E’ questo l’ambiente seriale fotografato da Noritaka Minami. Eppure, a seconda del padrone di casa, il minuscolo teatro cambiava diametralmente, riflettendone gusti e personalità.

Minami sottoilinea questa rivincita dell’individuo, mantenendo la camera nella stessa posizione in ogni scatto e consentendole di attardarsi solo su particolari creativi incongruenti con le dimensioni spartane dello spazio.

Noritaka Minami ha esposto le sue fotografie della Nakagin Capsule Tower nella mostra 1972/Accumulations (fino al 8 dicembre) in corso al MAS Context Reading Room di Chicago. Parecchie immagini si possono , comunque, vedere anche sul suo sito internet. (via Colossal)

La designer Nanako Kume con un temperino gigante crea lampade simili a trucioli di matite colorate

Tutte le immagini © Nanako Kume

La designer giapponese Nanako Kume ha sempre trovato belli i trucioli di matita colorata. Tanto da inventarsi un buffo macchinario per farne degli oggetti d’arredo. E dedicargli un’intera collezione.

La serie di lampade a sospensione Sharpener, infatti, imita alla perfezione i trucioli di matita colorata. Che appesi al soffitto in varie dimensioni, colori, tipi di legno e curvature, hanno effetti estetici diversi. Ma riescono comunque ad evocare il gioco, l’infanzia, l’ingenuità, la semplicità e la creatività nella sua forma più pura. Per ottenerle, Nanako Kume, usa un enorme temperino a manovella di sua invenzione.

"Fin dall'infanzia- ha scritto Kume- sono stata affascinata dalla forma e dalla fugacità dei trucioli che si ottengono quando si temperano le matite. Ho pensato che aumentando le dimensioni e lo spessore di ciò che deve essere scartato come rifiuto, sarebbe stato possibile creare nuovi prodotti mantenendo la bellezza della forma."

Con il mutare delle dimensioni però, il processo per ottenere i trucioli si fa più lungo e complicato. Come ha spiegato la stessa designer in un video condiviso su Youtube e Instagram. Nelle immagini, infatti, si vede Kume modellare i blocchi di legno per dargli la forma delle matite. Immergerli nell’acqua e metterli in un ambiente impregnato di vapore per renderli flessibili. Per poi colorarli con vernice a spruzzo e tagliarli.

La fase intermendia è la meno prevedibile ma serve a temperare il legno più facilmente senza romperlo e a imprimergli una forma duratura una volta asciutto.

La designer Nanako Kume, condivide le lampade a sospensione a forma di trucioli di matita colorata, su Instagram. A breve inoltre intende rendere le creazioni della serie Sharpener disponibili all’acquisto.

Una bambola kokeshi affamata e dei leoni komainu robotici salutano i visitatori al tempio Kiyomizu-dera di Kyoto

Fino al 13 marzo all’ingresso del tempio di Kiyomizu-dera, una gigantesca bambola tradizionale kokeshi accoglieva i visitatori insieme a una coppia di leoni guardiani komainu in versione robotica. Le opere, realizzate rispettivamente dal collettivo giapponese Yotta e dall’artista Kenji Yanobe sono state posizionate in occasione della fiera degli artisti di Kyoto 2022. E sono due rivisitazioni della scultura monumentale.

La bambola kokeshi, da sempre modellata in legno e dipinta con vari colori fino a riprodurre un kimono, resta un simbolo del Giappone, ma in passato fu talmente famosa da ispirare il design della matrioska russa. Quella del collettivo Yotta si chiama “Hanako” e si prende molte libertà rispetto alla sua antenata. Tanto per cominciare nelle dimensioni: la bambola posizionata all’ingresso del tempio patrimonio Unesco misura 12 metri e mezzo. Altezza monumentale, che contraddice, con la posizione (quella di un giocattolo caduto a terra). E con il peso. “Hanako”, infatti, è un leggerissimo gonfiabile.

Ma la bambola kokeshi del collettivo Yotta (composto dagli artisti: Kizaki Kimitaka, Kanetani Koji e Yamawaki) non si limita a questo. E’ anche parlante. Recita filastrocche, canta canzoncine allegre, borbotta e ogni tanto dice: “Ho fame!”

Stanno zitti e si limitano a 3 metri e 30, i komainu di Kenji Yanobe. I leoni giapponesi che fanno la guardia ai templi per allontanare gli spiriti maligni, qui, mixano tradizione e contemporaneità senza dimenticare l’ironia. Una ha le fauci splancate l’altra chiuse.

Wikipedia spiega: "La bocca aperta pronuncia la prima lettera dell'alfabeto sanscrito , che si pronuncia "a", mentre la chiuso è pronunciare l'ultima lettera, che si pronuncia "um", per rappresentare l'inizio e la fine di tutte le cose. Insieme formano il suono Aum , una sillaba sacra in diverse religioni come l'induismo , il buddismo e il giainismo" .

Ma nella versione di Yanobe i komainu si trsformani nei robottini di un manga e hanno pose da animale domestico.

Image Courtesy of @yanobekenji

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Image Courtesy of yanobe