Noor Riyadh, il festival delle installazioni luminose dell'Arabia Saudita. Tra ambiente, intelligenza artificiale e droni

SpY, Earth, 2021. Image courtesy the artist. Copyright Noor Riyadh 2022, a Riyadh Art program.

Da oggi nella capitale dell’Arabia Saudita va in scena l’esposizione annuale di installazioni luminose Noor Riyadh. Si tratta di una mostra estesa, costituita per lo più di opere d’arte pubblica (accessibili gratuitamente), che colpisce sia per il numero di artisti chiamati a partecipare (130 tra sauditi e internazionali), che per la quantità (190 lavori) e qualità dei progetti realizzati.

Il tema su cui gli artisti sono stati chiamati a portare il loro contributo è: "We Dream of New Horizons". Gli organizzatori della manifestazione spiegano: "E' incentrato su un senso di speranza per il futuro, con connotazioni positive, ottimistiche e che riflettono una fiducia nel rinnovamento e nella trasformazione". In effetti, Noor Riyadh, non si limita a mettere in mostra installazioni luminose ma fa anche un massicio uso di nuove tecnologie come droni, intelligenza artificiale (IA o AI a seconda se si preferisca fare ricorso all’abbreviazione italiana o inglese) e realtà virtuale. Oltre a sculture effimere, percorsi d'arte e proiezioni su edifici.

Tra i punti forti della manifestazione ci sono ben 90 opere realizzate su commissione appositamente per Noor Riyadh. Tra questi The Garden of Light dello scozzese Charles Sandison, (una video proiezione che indaga l'orizzonte virtuale creatosi tra la storiae il mondo digitale). O Amplexus della peruviana-statunitense Grimanesa Amorós (una scultura di luce che avvolge e abbracciando l'architettura).

Ci sono poi due impressionanti spettacoli di droni dello statunitense Marc Brickman. Il primo si intitola The Order of Chaos: Chaos in Order e vede esibirsi nel cielo di Riyadh ben 2.000 velivoli.

Alcuni artisti, oltre a esplorare le potenzialità creative della luce, focalizzano il loro interessse sul vetro e su come può modificare la percezione dello spettatore. Lo fanno con pezzi monumentali. E come si potrebbe pensare il contrario visto che si tratta di nomi del calibro di: Larry Bell, Sabine Marcelis, Daniel Buren e Douglas Gordon.

Tra questi ultimi anche la polacco-tedesca Alicja Kwade di cui abbiamo già parlato su Artbooms, insieme ai giapponesi di Eness, al designer olandese Daan Roosegaarde e all’artista turco-statunitense Refik Anadol. Due artisti al Noor Riyadh, infine, stanno rappresentando il loro paese alla Biennale di Venezia 2022: Muhannad Shono (Arabia Saudita) e Zineb Sedira (Francia è stata anche premiata)

La manifestazione si sviluppa in tutti i luoghi d’interesse della città saudita. Ed è affiancata dalla mostra "From Spark to Spirit" al JAX 03 (nel distretto JAX) che si protrarrà fino al 4 febbraio 2023.

Noor Riyadh- ha detto direttore del programma artistico di Riyadh, architetto o Khalid Al-Hazan- è una parte importante dei piani per trasformare in modo creativo la capitale del regno in una città globale vibrante e cosmopolita, attraverso l'arte e la cultura".

Il festival della light art dell’Arabia Saudita Noor Riyadh è curato da a Hervé Mikaeloff, Dorothy Di Stefano e Jumana Ghouth. Durerà fino al prossimo 19 novembre. E va sottolineato che presenta opere di un consistente numero di donne.

United Visual Artists, Vanishing Point 3_1, 2019. Image courtesy the artist. Photo © Noor Riyadh 2022, a Riyadh Art program

Grimanesa Amoros, Amplexus, 2022. Image courtesy the artist. Copyright Noor Riyadh 2022, a Riyadh Art program.

Bruno Ribeiro, Vibrance, 2022. Image courtesy the artist. Copyright Noor Riyadh 2022, a Riyadh Art program

Charles Sandison, The Garden of Light, 2022. Image courtesy the artist. Copyright Noor Riyadh 2022, a Riyadh Art program.

Eness, Cupid’s Koi Garden, 2022. Image courtesy the artist. Copyright Noor Riyadh 2022, a Riyadh Art program.

Eternal, Hika-Rakuyo, 2022. Image courtesy the artist. Photo © Noor Riyadh 2022, a Riyadh Art program

Muhannad Shono, I See You Brightest in the Dark, 2022. Image courtesy the artist. Photo © Noor Riyadh 2022, a Riyadh Art program

Zineb Sedira, Dreams Have No Titles #2, 2022. Image courtesy the artist. Photo © Noor Riyadh 2022, a Riyadh Art program

Zahra Bundakji, The Voice of Listening, 2022. Image courtesy the artist. Copyright Noor Riyadh 2022, a Riyadh Art program

Biennale di Venezia| Storia della Notte e Destino delle Comete il Padiglione Italia 2022 che finalmente parla con una voce sola. Quella di Gian Maria Tosatti

Gian Maria Tosatti, “Storia della Notte e Destino delle Comete”, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Amato dalla maggioranza e inserito da autorevolissime voci internazionali tra gli imperdibii della 59esima Esposizione Internazionale d’Arte, Storia della Notte e Destino delle Comete, il Padiglione Italia di Gian Maria Tosatti è un racconto malinconico, a tratti struggente, fatto di immagini. Anzi di macchinari diventati obsoleti, che Tosatti ha prelevato da curatori fallimentari sparsi per tutto lo Stivale e riposizionati alla Biennale di Venezia 2022 trasformandoli in sculture. Questi ultimi, loro malgrado, sono i testimoni silenziosi del viaggio del visitatore attraverso l’infinita notte italiana.

Si tratta di una grande opera d’arte ambientale che ricorda la scenografia di un film. E’ teatrale, certo, ma affonda salda le radici nell’estetica cinematografica, oltre che, naturalmente, nelle arti visive. Tosatti l’ha pensata perchè il visitatore possa attraversarla in solitudine, senza essere disturbato dai rumori (in teoria si dovrebbe entrare uno alla volta ed è vietato scattare fotografie). Diventando protagonista della storia, durante il tempo necessario a percorrere le varie stanze che compongono il pecorso espositivo.

Quest’anno il Padiglione Italia, infatti, non si trova ai Giardini come quasi sempre succede ma alle Tese delle Vergini nell’Arsenale di Venezia. Si tratta di una superficie importante da occupare (1800 metri quadri) e l’edificio è vincolato (“quindi inviolabile” come specifica il curatore Eugenio Viola) , perciò l’artista romano di nascita e napoletano d’adozione, ha progettato l’intervento appositamente per la Biennale 2022.

All’atto pratico, ed escludendo l’ultima stanza, Tosatti ha ricostruito le aree produttive degli anni del boom economico con apparecchiatura dell’epoca (almeno per la maggior parte). L’attenta illuminazione e il preciso posizionamento hanno fatto il resto. Si comincia con un ambiente spoglio in cui una macchina per timbrare i cartellini e poco altro introducono il visitatore alla prima stanza e, contemporaneamente, nel vivo della mostra. La seconda, invece, è lo spazio più scultoreo e surreale di questa carrellata, composta com’è da semplici aspiratori che pendono dal soffitto. C’è luce chiara, le pareti sono state ridipinte di bianco, il pavimento non è d’epoca, in breve i grandi tubi diventano forme base, flessibili, all’apparenza persino vagamente concettuali.

Da questo capannone- scrive Viola sul catalogo- si accede a un appartamento, ricavato da una sua porzione, di quelli che erano occupati dal custode della fabbrica o dal suo proprietario, se la scala di produzione investiva una dimensione familiare. Un’atmosfera raggelante, spoglia e minimale, avvolge gli interni (…), violati nella loro intimità (…). Un terzo capannone è abitato da macchine tessili,illuminate da una luce fioca. Sono ancora lì, ordinatamente disposte nello spazio, come se gli operaiche le animano si fossero momentaneamente allontanati per la pausa pranzo. Alle pareti, una seriedi faldoni ci ricordano che in questo posto una volta è scorsa la vita, scandita dai registri dientrata e di uscita, dai libri delle fatture e dei bilanci.”

L’ultima stanza, invece, è completamente buia, grande, l’acqua che la inonda sbatte sulle pareti, avrà un soffitto ma non lo si vede quasi. Da una breve passerella si può guardare l’orizzonte, che potrebbe anche essere lontanissimo, e là ci sono dei lampioni. Il colpo d’occhio è identico a quello del mare la notte, solo che qui a un certo punto compare uno schiame di lucciole ad illuminare il cielo.

Insomma, Tosatti ci regala la poesia, la speranza di un nuovo sogno e ci libera dai fantasmi che ci hanno perseguitato per tutto il viaggio.

Su cosa significi si sono spese molte parole. L’industrializzazione e il costo ambientale del progresso sono solo una sfacettatura del padiglione e nemmeno la più importante. Come si evince dal fatto che quasi tutti i macchinari in mostra appartengono a un periodo storico ormai lontano. Morto inseme alla sua gioiosa e ingenua vitalità più o meno nel ‘68 e mai ritornato. La pandemia e il disastro economico che ha portato è una risposta più convincente, ma non la sola. L’artista ha, infatti, recentemente puntualizzato che si tratta di una metafora della vita di ognuno e che a seconda della nostra storia personale sta a noi darle un significato.

Storie di lavoro- ha detto in un'intervista- storie che hanno a che fare con i nostri sogni, con i sogni che abbiamo costruito e che continuiamo a costruire, forse con gli errori che facciamo e in cui cadiamo continuamente. Abbiamo usato l’industria per parlare d'altro”.

Va sottolineato, infine, che il Padiglione 2022 dona finalmente anche all'Italia la possibilità di parlare con una sola voce. La libertà di essere rappresentata da un solo artista (come del resto tutti gli altri Paesi già fanno da anni). Un passo che potrebbe sembrare scontato ma che non era mai stato fatto da quando la Biennale di Venezia è stata fondata (sembra incredibile ma è così). E tutti ci auguriamo che d’ora in avanti diventi consuetudine.

Storia della Notte e Destino delle Comete, il Padiglione Italia di Gian Maria Tosatti (che nel 2023 sarà protagonista di un’importante personale al Pirelli Hangar Bicocca, come già era successo a Giorgio Andreotta Calò prima di lui) si potrà visitare per tutta la durata della Biennale di Venezia 2022 (fino al 27 novembre)

Gian Maria Tosatti, “Storia della Notte e Destino delle Comete”, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Gian Maria Tosatti, “Storia della Notte e Destino delle Comete”, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Gian Maria Tosatti, “Storia della Notte e Destino delle Comete”, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Gian Maria Tosatti, “Storia della Notte e Destino delle Comete”, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Gian Maria Tosatti, “Storia della Notte e Destino delle Comete”, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Gian Maria Tosatti, “Storia della Notte e Destino delle Comete”, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Gian Maria Tosatti, “Storia della Notte e Destino delle Comete”, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Gian Maria Tosatti, “Storia della Notte e Destino delle Comete”, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC - MiC

Scopri i nidi impermanenti e poetici di Tadashi Kawamata nascosti nel centro di Milano

Nest, Tadashi Kawamata, Fondazione Cariplo. Photo: Daniele Perani

L’artisita giapponese Tadashi Kawamata ha disseminato il centro di Milano con delle installazioni site-specific pensate per essere smantellate alla fine dell’esposizione (Nests in Milan, fino al 23 luglio). Le opere pubbliche riproducono dei grandi nidi, attraverso una fitta griglia di assi di legno. Collocate, talvolta sulle facciate, altre sui tetti degli edifici, non sono immediate da individuare.

Nato nel ‘53 sull’Isola di Hokkaido, Tadashi Kawamata, a soli 28 anni è già un astro in ascesa. Nell’82 rappresenterà il Giappone insieme ad altri artisti alla Biennale di Venezia e poi pareteciperà a due edizioni consedutive di Documenta di Kassel. In seguito insegnerà all’Università di Belle Arti di Tokyo, prima e all’Accademia Nazionale di Belle Arti di Parigi, poi. I suoi interventi, nel tempo, sono stati ospitati da locations molto prestigiose tra le quali: Palazzo Strozzi a Firenze, il Madison Square Park di New York, il Centre Pompidou di Parigi e Place Vendôme sempre a Parigi.

La sua opera dialoga strettamente con l’architettura e il tessuto urbano. Ma anche con psicologia e sociologia. Ed è anche per questo che gli piace proporre la forma del nido. Costruzione archetipica essenziale che "rimanda-spiegano gli organizzatori dell'evento- alla necessità universale di costruire, sia nel mondo animale che in quello umano, un luogo in cui trovare riparo". Il senso di vulnerabilità e la presenza di potenziali pericoli sono quindi sottintesi. Allo stesso modo il nido comunica sicurezza e la laboriosa gioia della primavera. Un senso di serena freschezza sottolineato dai colori discreti delle installazioni.

Ma le opere di Kawamata sono ingannevoli. E i suoi nidi hanno un lato oscuro. Se da una parte, infatti , non fanno altro che spingerci a riflettere sugli edifici in cui viviamo e sugli spazi che ci circondano. Dall’altra, sono simili a bozzoli, corpi estranei che si insionuano nel tessuto urbano pronti ad ospitare una creatura aliena. Per non parlare, poi, di quando l’artista gira i nidi su se stessi, trasformandoli in igloo tratteggiati ed insidiosi.

Com’è successo nell’antico palazzo parigiono di cui Artbooms ha parlato tempo fa. Questa volta i nidi di Tadashi Kawamata sono stati, invece, collocati sul Grand Hotel et de Milan, al Centro Congressi Fondazione Cariplo e nel Cortile della Magnolia di Palazzo Brera. Tutti edifici scelti per il loro valore simbolico, sia civile che culturale. Le tre opere pubbliche sono state realizzate in occasione della mostra Nests in Milan (a cura di Antonella Soldaini) che si terrà alla Building gallery dal 31 di marzo. Per l’inaugurazione Kawamata realizzarà anche un quarto intervento sulla facciata dell’edificio che ospita la galleria.

Nest, Tadashi Kawamata, Fondazione Cariplo. Photo: Daniele Perani

Nest, Tadashi Kawamata, Cortile della Magnolia Photo: Daniele Perani

Nest, Tadashi Kawamata, Cortile della Magnolia Photo: Daniele Perani

Nest, Tadashi Kawamata, Grand Hotel et de Milan. Photo: Daniele Perani

Nest, Tadashi Kawamata, Grand Hotel et de Milan. Photo: Daniele Perani

Tadashi Kawamata, Tree Huts at Place Vendôme, 2013 Installation in situ, Place Vendôme, Parigi Ph. Fabrice Seixas © Tadashi Kawamata Courtesy of the artist

Tadashi Kawamata, Tree Huts, 2013 Installation in situ, Palazzo Strozzi, Firenze Ph. Martino Margheri, Markus Bader © Strozzina, Fondazione Palazzo Strozzi, Firenze Courtesy of the artist

Tadashi Kawamata, The Shower, 2017 Installazione in situ, Fondazione Made in Cloister, Chiostro della Chiesa di Santa Caterina a Formiello, Napoli Ph. Riccardo Piccirillo © Fondazione Made in Cloister, Napoli Courtesy of the artist

Tadashi Kawamata, Nests in Milan, 2020, matita, pastello e penna su carta / pencil, crayon, and pen on paper, 29,7 × 21 cm disegno preparatorio, progetto per la facciata del Grand Hotel et de Milan / preliminary sketch, project for the facade of Grand Hotel et de Milan, via Monte di Pietà 24, Milano Ph. Paolo Riolzi Studio