L'imprenditrice Nzambi Matee che trasfrorma le bottiglie di plastica usate in pavimenti economici, indistruttibili e colorati

Nzambi Matee. Tutte le immagini tramite Thread Makers

Nzambi Matee. Tutte le immagini tramite Thread Makers

C’è chi la plastica usata la odia, la ventinovenne Nzambi Matee di Nairobi ha voluto vederci un’opportunità. Una scommessa che le ha permesso di aprire un’azienda tutta sua e che ha già creato un’occasione di lavoro per 122 persone della comunità. E con il tempo, chissà.

Laureata in Scienza dei Materiali, Nzambi Matee, alla Gjenge Makers, ad oggi ha riciclato più di 20 tonnellate di scarti plastici. E ogni giorno produce dalle 1000 alle 1500 piatrelle in plastica riciclata. Che, oltre ad essere colorate, hanno un punto di fusione a 350° Celsius e sono più durevoli delle competitors in calcestruzzo. Oltre ad essere economiche. In breve: un materiale ideale per pavimentare cortili scolastici, aree pubbliche e private, con la coscienza pulita.

Per recuperare il materiale plastico necessario (insieme alla sabbia) a creare queste piastrelle, basta recarsi in una discarica, in una fabbrica o in un centro di raccolta. La maggior parte delle volte Matee e il suo team lo ottengono gratuitamente.

La plastica- ha dichiarato l'imprenditrice- è un materiale che viene utilizzato in modo improprio e frainteso. Il potenziale è enorme, ma il suo dopo vita può essere disastroso ".

Matee ha inventato queste piastrelle mentre lavorava come ingegnere nell’industria petrolifera keniota. Si è licenziata e ha passato mesi a perfezionarle e a fare esperimenti nel cortile di sua madre per creare anche la macchina che sarebbe stata indispensabile per la loro produzione. L’occasione è arrivata quando ha vinto una borsa di studio per partecipare a un programma di formazione sull'imprenditoria sociale negli Stati Uniti. I laboratori dell'University of Colorado Boulder sono stati provvidenziale sia per testare ulteriormente il rapporto di sabbia e plastica ma anche per capire come costruire il macchinario che di fatto avrebbe messo in moto il suo progetto.

Nzambi Matee adesso spera di espandere la sua attività in tutta l’africa. Altre pavimentazioni in plastica riciclata create dalla Gjenge Makers si possono vedere sulla pagina Instagram dell’azienda keniota. (via Designboom)

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Il designer Yasuhiro Suzuki ha creato una nave-zip per aprire le acque del fiume Sumida come un k-way

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In tempi di scombussolati dalla pandemia, in attesa di un domani talmente prossimo da essere quasi oggi, ma ancora informe, è normale che i designers si approprino della zip, simbolo di velocità, comodità, viaggio e modernità. Ma anche di capovolgimenti perhè unisce e separa ciò che era diviso o annesso.

Lo aveva fatto, preveggentemente, Alex Chinneck in occasione della Milan Design Week 2019, e oggi il giapponese. Yasuhiro Suzuki, nel corso del DESIGNART di Tokyo torna a giocare con una zip, enorme e innaspettata. L’ artista, infatti, ha trasformato una barca in una grande zip per farla poi sfrecciare sulla superficie del fiume Sumida di Tokyo. Il progetto si chiama “Zip-Fastener Ship”.

L’impressione, è che la zip apra le correnti del corso d’acqua, come fosse il tessuto di una giacca sportiva. Il progetto, più complictato a livello concettuale di quello di Chinneck, fa riferimento all’unico fiume che attraversava (e quindi accomunava) ma separa anche, le antiche province di Musashi e Shimousa. Una sorta di riferimento ai mutamenti non sempre positivi della Storia e al dinamismo virtuoso e secolare della Natura.

A Yasuhiro Suzuki, l’idea per “Zip-Fastener Ship”, è venuta guardando dal finestrino di un aereo le navi che attraversavano la Baia di Tokyo. Le imbarcazioni che solcano il fiume, inoltre, secondo il designer cambiano il moto ondoso, modificando il modo inn cui si percepisce la vista della città. (via Designboom)

Images Courtesy of Sumiyume

Images Courtesy of Sumiyume

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Il Daisugi una tecnica giapponese vecchia di 600 anni per far crescere gli alberi sulla cima di altri alberi potrebbe salvarci dalla deforestazione

Image via Wrath of Gnon

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Il daisugi è una tecnica giapponese di silvicultora, nata 600 anni fa, ma utilizzata ancora oggi. Consiste nel far crescere sulla cima di solidi esemplari di cedro di Kitayama degli alberi leggeri, alti e diritti. Per riuscirci si usano metodi comuni nella trasfromazione di giovani piante in bonsai. L’effettto ottico è magico e surreale mentre quello pratico potrebbe essere di fermare la deforestazione.

Con il daisugi, infatti, non si taglia mai un albero vero e proprio ma delle sue propaggini. Lasciando il fusto e le radici liberi di prosperare. E se non bastasse il legno degli aberelli che crescono sulla cima è il 140% più flessibile del cedro standard e il 200% più denso e forte.

"Scritto come 台 杉 letteralmente significa cedro piattaforma , la tecnica produce un albero che assomigliaa a una palma aperta con più alberi che crescono, perfettamente verticali- dice Johnny Waldman di Spoon e Tamago- Se eseguita correttamente, la tecnica può prevenire la deforestazione e produrre legname perfettamente tondo e diritto noto come taruki , che viene utilizzato nei tetti delle case da tè giapponesi."

Nato tra il XV e XVI scolo in Giappone per sopperire alla carenza di legname e di terreno , il daisugi, infatti, ebbe il suo massimo sviluppo a Kyoto dove c’erno molte cas eda tè.

Sebbene il daisugi, in seguito, diventò soprattutto una tecnica decorativa per giardini e bonsai in vaso, adesso è in via di riscoperta. Sia per la qualità del legno che per i benefici n termini ecologici.

Image via openculture

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