Gli scatti ingenui e spettacolari di Emile Rakotondrazaka, il padre della fotografia in bianco e nero del Madagascar

ÉCLIPSE SOLAIRE À ANTANANARIVO DU 21-06-2001 (photos prises toutes les 10 minutes, entre 16h et 17h)

Gli scatti del fotografo Emile Rakotondrazaka o Ramily, raccontano il Madagascar come una terra poetica ed atemporale. E lo fanno con la tecnologia della prima metà del secolo scorso (fotografia in bianco e nero stampata su carta al bario). Senza bizze: tra un paesaggio, un tramonto e un ritratto. Ma con una costruzione dell’immagine solida, che ne fanno una colonna portante nella ricerca contempomporanea del Paese insulare dell’Oceano Indiano.

Emile Rakotondrazaka nasce nel 1939 e dalla seconda metà degli anni ‘50 comincia ad appassionarsi e dedicarsi alla fotografia. Farà l’assistente di un fotografo itinerante girando nelle aree rurali a scattare foto-tessera per le carte d’identià. Dagli anni ‘60 in poi sarà uno dei primi proprietari di uno studio fotografico e tecnico della fotografia in Madagascar. Il suo lavoro raggiungerà la fama e la maturità tra gli anni ‘70 e gli anni ‘90 del secolo scorso. In particolar mondo in quel lasso di tempo, il suo laboratorio diventerà un punto di riferimento per le più eminenti personalità della cultura e della politica del Madagascar. Dai primi anni del nuovo millennio vivrà costretto su una sedia a rotelle ma morirà in tempi relativamente recenti (nel 2017).

Il suo soggetto preferito era il paesaggio. E il gusto con cui costruiva i suoi scatti, ingenui ma comunque spettacolari, è un mix di influssi, in cui l’Oriente è stranamente molto presente. Inutile dire che gli è suopravvissuto un grande archivio, composto da centinaia di paesaggi, stampe artisticamente lavorate, scatti di matrimoni in bianco e nero, ma anche eventi solenni e poesie.

Ramily è considerato il padre della fotografia in bianco e nero del Madagascar e la sua opera ha fortemente influenzato tutte le generazioni successive. Tra gli altri ha lavorato con Pierrot Men (anche lui malgascio, ma nato nel 1954). Adesso la sua opera è in mostra nella capitale del Madagascar, Antananarivo, nello spazio espositivo senza scopo di lucro, Hakanto Contemporary (ben 300 metri quadri), finanziato dall’amministratore delegato di Filatex (immobiliare ed energia pulita) e collezionista, Hasnaine Yavarhoussen.

Ma a volere dedicare questa retrospettiva- tributo al fotografo, Emile Rakotondrazaka, è stato il direttore: l’artista Joël Andrianomearisoa (conosciuto per aver rappresentato il Madagascar alla Biennale di Venezia 2019). L’esposizione si intitola RAMILY ILAY NANAO NY MARAINA (Ramily: The one who will reveal the day) e ne ripercorre l’intera carriera. Sarà visitabile dal 28 aprile fino al 31 luglio, anche se nel non proprio vicinissimo Paese insulare africano.

LES DEUX VISAGES DU LAC ANOSY.

LES AMOUREUX D’IHOROMBE (BESSA SY LOLA). 1998.

LES REFLETS DU COUCHER DE SOLEIL À SOAVINANDRIANA.

AUTOPORTRAIT

AUTOPORTRAIT

I favolosi swinging sixties ghanesi di James Barnor

James Barnor, Two friends dressed for a church celebration with James’ car, Accra, 1970s Modern Silver Gelatin Print © James Barnor/Autograph ABP, London

Nato nel 1929 in Ghana, James Barnor, ha catturato con la sua fotografia al tempo stesso spontanea e pensata, ironica e appariscente, lo spirito di sei decenni in due diversi continenti. Al centro delle sue immagini, bianco e nero negli esordi e coloratissime durante i favolosi sixties, sempre la comunità africana. La musica, la moda, il costume, il desiderio di emancipazione, la sconfitta e la diaspora.

Alla base delle grandi carriere c’è sempre una componente personale e una affidata al puro caso. Non c’è dubbio che la fotografia di James Barnor risenta positivamente del clima di attesa gioiosa che investiva il Ghana mentre lui muoveva i suoi primi passi nella professione. Il paese africano, infatti, si stava progressivamente affrancando dal colonialismo inglese e riponeva molte speranze nell’astro nascente del leader Kwame Nkrumah. La musica highlife si stava imponendo e il boxeur ghanese Roy Ankrah mostrava il suo talento all’estero.

Dopo un periodo da ritrattista, Barnor, comincia a documentarre quel che succede in strada. “Se avevo bisogno di una foto -dirà anni dopo- o di una nuova storia, mi precipitavo al mercato di Makola, dove la gente si comporta in modo più simile a se stessa. Questo mi piaceva di più della fotografia in studio. Usavo una piccola macchina fotografica. Era ottimo per trovare storie”.

Di lì al fotogiornalismo il passo è stato breve e Barnor è diventato collaboratore del Daily Graphic. Tra le sue foto quella di un giovane Kwame Nkrumah, mentre, appena scarcerato per assumere a furor di popolo la guida del Paese, calcia un pallone. Ma anche di Roy Ankrah tra allenamenti e tempo libero.

Da quel momento in poi, James Barnor, continuerà a raccontare la realtà intorno a se, spostandosi con abilità dall’attualità da giornale, alle copertine dei dischi, fino alla moda.

Nel ‘59 si trasferirà a Londra dove racconterà i favolosi anni sessanta mettendo al centro della sua opera la comunità afro-inglese. Lavorerà tra l’altro per la rivista sudafricana Drum (baluardo anti-apartheid), dove metterà in copertina modelle di orgine africana come come Erlin Ibreck e Marie Hallowi.

Lì studierà le tecniche della fotografia a colori presso il Colour Processing Laboratories (principale laboratorio della Gran Bretagna). Per poi tornare in Ghana e portare questo nuovo modo di documentare il presente anche là: “Il colore ha davvero cambiato le idee della gente sulla fotografia- racconta- Il kente è un tessuto ghanese intrecciato con molti colori diversi e la gente voleva essere fotografata dopo la chiesa o in città indossando questo tessuto, quindi la notizia si diffuse rapidamente”.

Inutile dire che col tempo i suoi scatti diventeranno l’archivio del costume di un popolo. Di quel periodo (1974) anche la collaborazione con la compagnia petrolifera italiana Agip (per cui farà le fotografie di un calendario promozionale).

Nel ‘94 tornerà a Londra dove vive ancora oggi. Al Masi di Lugano è in corso la mostra “James Barnor: Accra/London – A Retrospective”, ideata e organizzata proprio oltremanica da Serpentine Galleries (a cura di Lizzie Carey-Thomas, capo curatrice Serpentine e dell'assistente curatrice Awa Konaté di Culture Art Society). L’esposizione, che presenta 200 lavori, continuerà fino al 31 luglio a Palazzo Reali, per spostarsi nella primavera 2023 al Detroit Institute of Arts. Imperdibile, anche perchè l’opera di James Barnor, nonostante il grande influsso sui fotografi di tutto il mondo, è stata riscoperta solo da pochi anni.

James Barnor, Medway College, Rochester, c.1960-1963 Gelatin silver print © James Barnor. Courtesy Galerie Clémentine de la Féronnière

James Barnor Sick-Hagemeyer shop assistant with bottles, taken as a colour guide, Accra, 1971 C-Type print © James Barnor/Autograph ABP, London

James Barnor Mike Eghan at Piccadilly Circus, London, 1967 Modern Silver Gelatin Print © James Barnor/Autograph ABP, London

James Barnor Marie Allowi, Drum cover girl, Rochester, Kent, 1966 Modern Silver Gelatin Print © James Barnor/Autograph ABP, London

James Barnor Photoshoot of musician, Salaga Market, Accra, c.1974-1976 Modern Silver Gelatin Print © James Barnor courtesy galerie Clémentine de la Féronnière, Paris

James Barnor AGIP Calendar Model, 1974 Lamda Print © James Barnor/October Gallery, London

James Barnor Kwame Nkrumah in his PG (Prison Graduate) cap, kicking a football before the start of an international match at Owusu Memorial Park in Fadama, Accra, 1952 Modern Silver Gelatin Print © James Barnor courtesy galerie Clémentine de la Féronnière, Paris

James Barnor Untitled, Studio X23, Accra, c.1975 Modern Silver Gelatin Print © James Barnor/Autograph ABP, London

James Barnor Baby on All Fours, Eric Nii Addoquaye Ankhra, Ever Young Studio, Accra, c. 1952 Modern Silver Gelatin Print © James Barnor. Courtesy galerie Clémentine de la Féronnière, Paris

James Barnor Evelyn Abbew, Ever Young Studio, Accra, c.1955-1956 Modern Silver Gelatin Print © James Barnor/Autograph ABP, London

James Barnor Roy Ankrah during road work, Accra, 1951 Modern Silver Gelatin Print © James Barnor courtesy galerie Clémentine de la Féronnière, Paris

I ritratti poetici ed emotivi dei disabili di Christian Tasso nella serie di fotografie “QuindiciPercento”

all  images by Christian Tasso. Chennai, India, 2017 “Mi piace correre nei campi e giocare a nascondino con gli amici. A volte la mamma dice che sono troppo vivace, ma non credo che sia vero.” 150 x 150 cm

all images by Christian Tasso. Chennai, India, 2017 “Mi piace correre nei campi e giocare a nascondino con gli amici. A volte la mamma dice che sono troppo vivace, ma non credo che sia vero.” 150 x 150 cm

Nella serie “QuindiciPerCento” (“FifteenPercent”) il fotografo e cineasta italiano, Christian Tasso (originario di Macerata), fa coincidere le ragioni della documentazione fotogiornalistica con quelle dell’interpretazione artistica. Le forme e gli stratagemmi stilistici sono quelli del ritratto classico (bianco e nero, persone consapevoli e per lo più statiche di fronte alla macchina fotografica, in qualche caso fondi ecc.), ma i soggetti no. Non solo perchè sono disabili ma anche per i contesti da cui provengono che rcordano a chi guarda le loro condizioni di vita.

Tasso li ritrae con delicatezza, lasciando emergere un tratto della loro personalità. Sia esso l’allegria, la pensosità, la nostalgia, la stoica compostezza o la determinazione. L’autore c’è, è umanamente partecipe. E vuole che sia così anche per l’osservatore, come sottolinea la decisione di esporre (o pubblicare) le foto insieme a una frase detta dal soggetto ritratto.

Autodidatta, Christian Tasso, attualmente vive tra Italia e Svizzera, dove collabora con musei, gallerie d'arte e organizzazioni internazionali, comprese le agenzie delle Nazioni Unite per accrescere la consapevolezza dei diritti umani. Al centro del suo lavoro il legame tra comunità e territorio, folclore e tradizioni. Il progetto “QuindiciPerCento” (“FifteenPercent”), che documenta la vita dei disabili in tutto il mondo, è stato esposto anche al Palais des Nations (sede delle Nazioni Unite di Ginevra).

La serie è attualmente è al centro della mostra "NESSUNO ESCLUSO" (a cura di Adelina von Fürstenberg, prodotta da ART for The World) alla Fabbrica del Vapore di Milano.

"L’artista- spiegano gli organizzatori- presenta una serie di lavori fotografici di grande e medio formato - esclusivamente in pellicola sviluppata manualmente in camera oscura - che celebrano la diversità come risorsa per l’intera umanità."

La mostra "NESSUNO ESCLUSO" di Christian Tasso alla Fabbrica del Vapore di Milano si potrà visitare fino al 28 maggiio. E’ gratuita ma è necessario prenotarsi online. Per vedere altre fotografie, oltre a quele della serie sulle disabilità “QuindiciPerCento”, si può sbirciare sul sito internet di Tasso suo sul suo account instagram.

Tarau, Ecuador, 2015 “Mi sveglio ogni giorno e lavoro nei campi con mia sorella. Gestiamo anche una piccola farmacia nel nostro villaggio, per gli abitanti è l’unico modo di ottenere medicine qui, in alta montagna.” 40 x 40 cm

Tarau, Ecuador, 2015 “Mi sveglio ogni giorno e lavoro nei campi con mia sorella. Gestiamo anche una piccola farmacia nel nostro villaggio, per gli abitanti è l’unico modo di ottenere medicine qui, in alta montagna.” 40 x 40 cm

Kampong Cham, Cambogia, 2016 “Mio figlio crescerà a casa sua, nella sua comunità.” 150 x 150 cm

Kampong Cham, Cambogia, 2016 “Mio figlio crescerà a casa sua, nella sua comunità.” 150 x 150 cm

Provincia del Dundgov’, Mongolia, 2017 “Sono diventato sciamano in giovane età. Non sapevo che lo sarei diventato, ma poi lo spirito mi ha scelto e mi sono ritrovato a scoprire nuovi aspetti sorprendenti e appassionanti di me, degli altri e della re…

Provincia del Dundgov’, Mongolia, 2017 “Sono diventato sciamano in giovane età. Non sapevo che lo sarei diventato, ma poi lo spirito mi ha scelto e mi sono ritrovato a scoprire nuovi aspetti sorprendenti e appassionanti di me, degli altri e della realtà che ci circonda. Mi piace il mio ruolo, sento di essere utile a molti e so di essere importante per la mia comunità.” 150 x 150 cm

Narok, Kenya, 2017 “Siamo una grande famiglia, e da noi c’è spazio per tutti. Certo, la vita nella savana è difficile, tanti cambiamenti degli ultimi tempi ci spingono a modificare radicalmente il nostro stile di vita. Ma insieme ce la faremo.” 150 …

Narok, Kenya, 2017 “Siamo una grande famiglia, e da noi c’è spazio per tutti. Certo, la vita nella savana è difficile, tanti cambiamenti degli ultimi tempi ci spingono a modificare radicalmente il nostro stile di vita. Ma insieme ce la faremo.” 150 x 150 cm

Kathmandu, Nepal, 2015 “Siamo unite e ci supportiamo a vicenda; l’amicizia è questo per noi.” 40 x 40 cm

Kathmandu, Nepal, 2015 “Siamo unite e ci supportiamo a vicenda; l’amicizia è questo per noi.” 40 x 40 cm

Pokhara, Nepal, 2015 “So bene che per promuovere meglio i nostri diritti abbiamo bisogno di sapere quale sia la realtà. Così vado in montagna per raccogliere informazioni sulle persone con disabilità che vivono nei villaggi remoti.” 40 x 40 cm

Pokhara, Nepal, 2015 “So bene che per promuovere meglio i nostri diritti abbiamo bisogno di sapere quale sia la realtà. Così vado in montagna per raccogliere informazioni sulle persone con disabilità che vivono nei villaggi remoti.” 40 x 40 cm

Capodarco, Fermo, 2018 “Amo lavorare il legno e lo faccio con passione e dedizione.”40 x 40 cm

Capodarco, Fermo, 2018 “Amo lavorare il legno e lo faccio con passione e dedizione.”40 x 40 cm

Monti Niligiri, India, 2017 “Mio fratello è l’ultimo raccoglitore di miele della zona. È un lavoro pericoloso e io lo aiuto ogni giorno occupandomi del resto delle attività.” 40 x 40 cm

Monti Niligiri, India, 2017 “Mio fratello è l’ultimo raccoglitore di miele della zona. È un lavoro pericoloso e io lo aiuto ogni giorno occupandomi del resto delle attività.” 40 x 40 cm