Conosciuto per la caparbia dedizione al lavoro, l’essere abitudinario ai limiti del maniacale e per la laboriosità della sua opera, il pittore britannico Frank Auerbach, è mancato lunedì scorso. Aveva 93 anni, insieme a Francis Bacon e a Lucian Freud (nipote di Sigmund), era uno dei maggiori rappresentanti della Scuola di Londra.
Nel 2001 in occasione della mostra alla Royal Accademy, Frank Auerbach andò ad aspettare il giornalista John O'Mahony che doveva intervistarlo alla fermata della metropolitana e lo accompagnò fino al suo studio. Una camminata di soli cinque minuti per il quartiere di Camden Town nella zona nord di Londra ma il Signor O'Mahony scrisse: “Una volta reggiunta la scalinata del suo studio con il cancelletto rappresentato in modo esaustivo nei suoi dipinti To The Studios, questo breve viaggio sembra averci portato attraverso l'intera lunghezza e larghezza del piccolo universo di Auerbach”. Quello studio, che pare fosse angusto e freddo, il Signor Auerbach, lo aveva rilevato dal suo amico e collega Leon Kossoff nel ’54. Da allora vi si recava tutti i giorni, sette giorni su sette, per dipingere, a parte un giorno all’anno in cui prendeva il treno per Bringhton sulla costa meriodinale dell’Inghilterra (a circa un’ora e mezza da Londra) per respirare un po’ d’aria di mare e poi ritornare in fretta e furia. Nello studio, da quando era tornato con la moglie, la pittrice Julia Wolstenholme (da cui ha avuto il figlio Jake che adesso fa il regista), dopo la tumultuosa e appassionata relazione con Estella Olive West, lui dormiva anche cinque notti a settimana (nel weekend andava dalla moglie). Non guardava mai la televisione che riteneva “un’invenzione abominevole” e la mattina, prima delle sette per non trovare traffico, dipingeva i parchi, le strade e gli edifici lì intorno. Tuttavia erano i ritratti quelli a cui dedicava più tempo, impegno e dedizione.
Si parla di immagini stilizzate ma dinamiche che emergono dalla pittura densa e grumosa spesso al limite dell’immaginabile in cui raramente si riconosce il soggetto. Comunque il Signor Auerbach ritraeva un ristrettissimo gruppo di persone, sempre le stesse (in genere amici e famigliari, tra cui la moglie, l’amata West e la modella Juliet Yardley Mills). Uno dei motivi era che posare per lui doveva essere una vera e propria prova di sopportazione: due ore a settimana per un tempo indefinito che poteva protrarsi facilmente per un anno o due e niente ritardi altrimenti lui si innervosiva. Un modello ha riferito a The Guardian: “Era come andare dal dentista”. Un altro ha invece spiegato: “Parla da solo tutto il tempo, dicendo 'spazzatura, non è abbastanza buono, spazzatura completa'. Ma ti rendi conto che improvvisamente a un certo punto in questo atto di creazione è un po' più contento. Di punto in bianco entra in uno stato di meditazione e tocca la tela con grande delicatezza, e pensi che forse è finalmente soddisfatto".
Era un disegnatore geniale e un pittore, perennemente insoddisfatto (anche molti anni dopo ricomprava le opere che non lo convincevano per distruggerle) ma enorme, con la mente sempre rivolta ai grandi maestri (tra loro Picasso ma anche Tiziano, Rembrandt e Rubens). All’inizio della sua carriera sovrapponeva strati su strati di pigmento, talvolta raschiando via zone gli sembravano sbagliate, per poi applicarne ancora e ancora. Si trattava di volumi di colore incredibilmente tattili e talmente consistenti che nel ’55 quando vennero esposti per la prima volta (opere oggi celebrate come Head Of EOW del 1954-55 che aveva richiesto 300 sedute e due anni di lavoro e l'EOW Nude del 1953-54) ci vollero due o tre persone per reggerli talmente erano diventati pesanti, e, alla fine, si decise di appoggiarli sul pavimento per paura che la vernice si staccasse e cadesse a terra. Qualche anno dopo però cambiò tecnica e cominciò a dipingere per poi raschiare via l’intero risultato, poi ridipingeva poi raschiava di nuovo e così via per un infinito numero di volte. Secondo una stima fatta dallo stesso artista pare che il 95 per cento del colore da lui utilizzato finisse nell’immondizia.
Era nato a Berlino il 29 aprile del 1931 da una famiglia ebrea colta e benestante. Il padre Max era un avvocato specializzato in brevetti, mentre la madre Charlotte Borchardt aveva ricevuto una formazione artistica. Ma poi la situazione politica tedesca si complicò troppo e i genitori decisero di mandare il piccolo Frank Helmut Auerbach in Inghilterra attraverso un programma per bambini rifugiati. Poco tempo dopo loro furono internati in un campo di concentramento ed uccisi ma il figlio si salvò ed ebbe l’opportunità di studiare oltre Manica. Fin da piccolo sognava di fare l’artista e frequentò prima il Bunce Court School a Otterden, nel Kent, poi il Hampstead Garden Suburb Institute e la St. Martin's School of Art di Londra. Recuperò infine un semestre al Borough Polytechnic Institute (ora London South Bank University), dove studiò con il pittore vorticista David Bomberg (che lui ricordò per tutti gli anni a venire). Era dotato per l’arte ma lo era anche per il teatro e una volta finì a recitare in una produzione dell’opera di Peter Ustinov, "House of Regrets", lì incontrò la signora Estella Olive West. Lui aveva 17 anni lei 32, sarebbero stati insieme per 25 anni.
La tragica fine della sua famiglia e le difficoltà che porta intraprendere la carriera artistica, lo misero nella condizione di avere costanti problemi economici. Tanto che per sopravvivere insegnò, trovò lavoro presso la panetteria della famiglia Kossoff nell'East London, fece il corniciaio e vendette persino gelati a Wimbledon Common. Ne avrebbe risentito per molti anni anche la sua pittura: per risparmiare comperava soltanto pigmenti scuri che costavano meno. Man mano che la sua situazione finanziaria migliorava (ci vollero molti anni perché si sistemasse definitivamente) aggiungeva colori dalle tinte sempre più accese che emergevano irrequieti in mezzo alla biacca incrostata. La sua affermazione venne ritardata da vari movimenti come l’Arte Concettuale e il Minimalismo ma nell’86 rappresentò la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia e si aggiudicò il Leone d’Oro insieme al tedesco Sigmar Polke. Ora le sue opere superano molto spesso il milione.
Nel 2011 quando morì Lucian Freud una parte della sua vasta collezione di Aurbach fu donata al governo inglese al posto della tassa di successione di 16 milioni di sterline (al cambio attuale oltre 19 milioni di euro).