Fabio Strinati fotografa alberi. Talvolta molto antichi, altre meno. I suoi scatti però non hanno niente a che vedere con la documentazione botanica ma sono vere e proprie trasfigurazioni pittoriche fatte con la macchina fotografica. Niente colore. A volte sembrano gouache, altre disegni.
Ma a lasciare stupiti è la curiosa tecnica che si è inventato per catturare questi silenziosi giganti, a metà tra il rituale e il metodo scientifico. Usa una reflex senza cavalletto, che tiene lontana dall’occhio rigorosamente 10 centimetri e scatta una sola fotografia per ogni soggetto. “Pensiero asciutto” dice lui, fatto stà che gli alberi non ne escono inariditi ma sembrano anzi rivestiti da una patina di magia come se da un momento all’altro fate e altre creature fiabesche potessero fare capolino.
“Con la fotografia ho un rapporto particolare- spiega- perché ho sviluppato nel corso del tempo ( attraverso un procedimento se vogliamo ‘sciamanico’ ), un modo di fotografare molto asciutto e privo di riverberi. Un approccio molto personale, fatto su una ricerca attenta, interiore e spirituale.”
Fabio Strinati vive nel grazioso borgo Esanatoglia, nelle Marche, oltre a lavorare con la fotografia è artista visivo e compositore. Ma soprattutto poeta, e i suoi scatti ne risentono.
La serie di fotografie pubblicata in questo post e dedicata ad alberi secolari e scorci di bosco è una riflessione sullo scorrere del tempo e sulla nostra incapacità di razionalizzarlo. Secondo Strinati vedere ci può aiutare a capire un concetto astratto che subiamo, senza prendere mai completamente coscienza della sua concretezza.
“Quando faccio fotografie ad alberi secolari sento il peso del tempo- continua Fabio Strinati- di un'età importante. Infatti, questa serie di fotografie/immagini, hanno come unico obiettivo, quello di immortalare il tempo per poterlo poi immagazzinare attraverso l’uso della vista.”
Fabio Strinati non è l’unico ad aver reinventato l’interpretazione pittorica del paesaggio con la fotografia. Ma il suo lavoro non rievoca tanto i dipinti quanto le illustrazioni che completano i racconti dei libri d’epoca. Magari quelli di fiabe.