L’artista francese Juliette Clovis (di cui ho già parlato qui e qui) ha appena terminato la sua ultima serie di lavori. Ancora una volta uova in porcellana di Limoges riccamente decorate.
Ci sono serpenti tracciati in punta di pennello e poi decine e decine di piccole sculture di uccelli e farfalle che posate sul corpo principale delle opere le ricoprono quasi per intero.
“Come in una scena ispirata a Hitchcock- è scritto sul sito della Clovis- possiamo quasi sentire il rumore della giungla: il battito delle ali di un uccello, lo scivolare di un serpente strisciante o il gracidare di una rana. Affascinata dalla bellezza selvaggia della natura, scoperta durante i suoi diversi viaggi, l'artista trae ispirazione da essa per creare le sue giungle (…)”.
Si tratta di lavori grandi (alti oltre 30 centimetri e mezzo) che secondo la Clovis evocano “scene della giungla” e si riferiscono al “ciclo della vita”. Ma lo fanno in modo metaforico, senza essere crudi. Più attenti a una grazia avida che al declino.
Le porcellane di Juliette Clovis a loro modo ci parlano di biodiversità e tradizione. Entrambe, inutile dirlo, minacciate dal pesante incedere del progresso.
Ci sono gli animaletti che si assiepano sulle sue sculture dopo essere stati rapiti alla Storia dell’Arte e aver fatto una pausa nella fotografia di moda e nella scenografia cinematografica, ma c’è anche la lavorazione della porcellana dura per cui la città di Limoges è diventata famosa e l’uso di un soggetto classico come l’uovo. Insomma una manciata di elementi di antica memoria che suonano come riscoperte e reinvenzioni.