Ci sono tavolini intarsiati, appendiabiti e divani d’epoca. Qualche sedia dal design primo novecentesco. E’ la “Music Room” (Stanza della Musica) dell’artista tunisina di nascita ma tedesca d’adozione, Nevin Aladag.
Potrebbe sembrare inappropriato come titolo, non fosse che ogni mobile suona alla perfezione.
Nella maggior parte dei casi, gli arredi si sono trasformati in elementi a corda ma ci sono anche delle pentole che hanno assunto la funzione di tamburi e uno stendibiancheria a cui sono state applicate delle campanelle. Una vera e propria orchestra, che Nevin Aladag ha creato con l’aiuto di artigiani specializzati, nella costruzione e il restauro di strumenti musicali.
Tutto è rimasto uguale a se stesso ma non ha più la funzione che aveva prima. E chi è intorno a queste sculture, deve regolarsi di conseguenza: per suonare bisogna cambiare la postura, rapportarsi in modo diverso agli altri musicisti e allo spazio. Anche il suono esce fuori in un altro modo.
“Music Room” è un’installazione dotata di una buona dose di verve e ironia.
Nevin Aladag ama usare la musica nelle sue installazioni, per parlare dei temi che le sono cari: immigrazione, senso di identità, cambiamento. Secondo lei la musica è un elemento duttile delle nostre vite. Qualcosa che si può spostare e portare con se. Qualcosa che supera le barriere culturali.
“In questo modo Aladag introduce la nozione di confine che si intreccia con l'identità e la natura effimera dei segni che rappresentano le identità- scrive il critico Dirk Snauwaert sulla biografia che la galleria Wentrup dedica all’artista tunisino-tedesca- in un fluire che da’ al suo lavoro il proprio posto nel dibattito sulle questioni di cultura e globalizzazione.”