Biennale di Venezia| Il piccolo ma entusiasmante Padiglione Senegal di Alioune Diagne
Per la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia il Senegal si è accontentato di un piccolo padiglione. La grande stanza all’Arsenale è in condivisione, certo, ma la posizione è eccellente (appena dopo la mostra principale “Stranieri Ovunque- Foreigners Everywhere”). E poi il trentottenne, Alioune Diagne, (insieme al curatore Massamba Mbaye) è stato capace di ritagliato un angolo intimo capace di beneficiare della luce naturale che, a momenti, lambisce la barca capovolta e male in arnese che l’artista ha ricoperto di tessuti tradizionali decorati da lui stesso.
Su Instagram riguardo a questa piccola imbarcazione in legno ha scritto: “Le piroghe sono un simbolo importante e sono diffuse in tutto il mio Paese. È un tipo di imbarcazione utilizzata sia dai pescatori che dai migranti che cercano un futuro migliore in Europa. Anche il nome Senegal, deriva dalle parole wolof « Sunu » (nostro) e « gal » (piroga): la nostra piroga. Il Senegal è come una nave che condividiamo. Qui è rotto perché le nostre opportunità di viaggiare sono ostacolate. Le traversate verso l’Europa per la migrazione sono mortali e nascono dalla paura del futuro avvertita dai giovani del mio Paese. La piroga spezzata rappresenta anche i legami recisi tra le persone a causa del razzismo, dell'egoismo, dell'avidità... Attraverso il tessuto ricoperto di segni che avvolge la piroga, cerco simbolicamente di decifrare e riannodare i legami. I segni appartengono ad un linguaggio che sarebbe universale e permetterebbe a tutti di capirsi implicitamente”.
Dietro la barca spezzata però c’è il pezzo forte del Padiglione Senegal per la 60esima Esposizione internazionale d’Arte La Biennale di Venezia 2024: un monumentale dipinto figurativo di quattro metri per dodici, composto da tele di diverse dimensioni, accostate l’una all’altra come tessere di un puzzle. Diagne, nelle opere ha privilegiato scene di disastri contemporanei che coinvolgono la sua gente e contrastano con il titolo del padiglione, “Bokk – Bounds” (in lingua wolof, Bokk significa ‘ciò che è condiviso’, ‘tenuto in comune’, così come i legami familiari), che sembrerebbe invece evocare riunioni gioiose o momenti d’intimità compartecipata. Ma soprattutto ha usato il suo stile in bilico tra libertà e tenacia.
Nato e cresciuto in Senegal, Alioune Diagne, da qualche anno vive tra la Francia e la sua patria. Ed è proprio nel Paese di Molière che Diagne ha elaborato un modo di dipingere peculiare. Prima di tutto sceglie una scena (di cronaca o fotografata da lui stesso durante la vita quotidiana) e poi, dopo aver fatto degli schizzi ed aver abbozzato sulla tela il disegno, applica migliaia di minuscoli “segni inconsci”. Cioè simboli grafici di fantasia quasi sempre diversi tra loro, che da lontano diventano masse di colore omogenee con tanto di sfumature e chiaro-scuri. Per qualche ragione il risultato ricorda il Divisionismo manipolato geneticamente con le fantasie dei tessuti africani. E poi, nei dipinti di Diagne, gli spazi lasciati bianchi sulla tela tendono a liberarsi tutti insieme, quando l’osservatore raggiunge una certa distanza dall’immagine. L’effetto ottico è simile a quello di un velo candido o di una vernice in aggetto rispetto alle zone colorate, o ancora di una nebbia che sta prendendo possesso della scena proprio in quel momento, colta mentre è in procinto di erodere i confini delle immagini. I colori, infine, cambiano da un lavoro all’altro e a Venezia richiamano i toni vivi del Rinascimento e dell’antica pittura italiana, mentre le masse di corpi in movimento non possono non far volgere per un momento il pensiero a Delacroix. Il resto è talento e contemporaneità in cui l’artista spera di imprimere un segno.
In un’intervista rilasciata in Francia, a proposito della sua partecipazione alla Biennale ha detto: “Provo orgoglio. Vivevo in un villaggio molto remoto del Senegal. Non avevo mai messo piede in una galleria, né in un museo, prima dei 25 anni, né avevo incontrato nessuno che si definisse pittore o designer. Nel mio angolo, fin da piccolo, disegnavo. Ho combattuto da solo senza sapere cosa stavo facendo. Oggi rappresenterò il Senegal alla Biennale di Venezia. Questo è un viaggio per me! Faccio fatica a trovare le parole... È immenso, un grande onore, un motivo di orgoglio. E poi rappresento il Senegal, che partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia. Per me è anche un modo per aprire le porte ai giovani artisti senegalesi affinché anche loro possano avere la possibilità di partecipare a questi grandi eventi. Lo Stato senegalese deve inserire questo evento nella sua agenda culturale”.